Lo smaltimento dell’olio lubrificante usato

Una volta raccolto, il quantitativo di olio lubrificante usato può essere sottoposto a rigenerazione, combustione o termodistruzione: ecco come viene smaltito

Il ciclo dell’olio lubrificante usato 2: lo smaltimento.(Rinnovabili.it) – Dopo la raccolta, di cui abbiamo già parlato, il recupero e il riciclo di olio lubrificante usato passa anche attraverso il suo corretto smaltimento. Una volta raccolto e prima di essere avviato al riciclo, l’olio lubrificante usato viene analizzato per capirne le proprietà e individuare la sua giusta destinazione, secondo i criteri stabiliti per legge. La destinazione degli oli usati raccolti viene determinata proprio dalla normativa che regola il settore e che, sulla base della natura del materiale raccolto, stabilisce se l’olio debba essere rigenerato, bruciato o termodistrutto.

 

Secondo quanto stabilito dall’Articolo 236 del Decreto Legislativo 152 del 2006, infatti, gli oli usati raccolti devono essere smaltiti in via prioritaria tramite rigenerazione che, ove sia possibile, porta alla produzione di nuove basi lubrificanti; nel caso in cui la rigenerazione non sia possibile per motivi tecnici o economici, si può procedere alla combustione o al coincenerimento; se però la natura dell’olio raccolto non consente di optare per nessuna delle due alternative, allora, sempre secondo la legge, viene incenerito o stoccato in un deposito permanente. A stabilire il corretto processo di trattamento da seguire, insomma, è la presenza di inquinanti negli oli raccolti. Ma vediamo nel dettaglio come funzionano le 3 diverse destinazioni dell’olio lubrificante usato una volta raccolto. A occuparsene, sempre secondo quanto stabilito dalla legge, è il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati.

 

La rigenerazione

La rigenerazione è il procedimento con cui l’olio usato raccolto viene “trasformato” in una nuova base lubrificante dalle caratteristiche simili a quelle dell’olio prodotto direttamente dalla lavorazione del greggio. Secondo quanto riportato sul sito del Consorzio, il 25% delle basi lubrificanti in Italia è costituito da basi rigenerate: da 100 chilogrammi di olio usato, infatti, si riescono a ottenere circa 65 chilogrammi di olio base rigenerato e 20-25 chilogrammi di gasolio e bitume, dati che si traducono in significativi risparmi sulla bolletta energetica italiana.

 

La combustione

La parte di olio lubrificante usato raccolto che viene ritenuta non adatta alla rigenerazione, viene utilizzata come combustibile in impianti autorizzati, come ad esempio i cementifici. Le temperature raggiunte dalle lavorazioni di questa tipologia di impianti sono così alte da neutralizzare la parte inquinante presente negli oli usati (i fumi della combustione attraversano filtri speciali che garantiscono emissioni non dannose per l’ambiente). Il potere calorifico dell’olio usato è simile a quello del normale olio combustibile (pari a, riporta il sito del Consorzio, 9.500 kcal/kg). Anche in questo caso, ci troviamo davanti a un notevole risparmio di risorse primarie e a un impiego che di fatto garantisce una seconda vita all’olio lubrificante usato.

 

La termodistruzione

Se l’olio raccolto non è possibile né rigenerarlo né bruciarlo perché troppo inquinato, allora è necessario termodistruggerlo.  Si tratta di quella percentuale di olio usato che contiene concentrazioni piuttosto elevate di policlorobifenili e cloro e che comunque, assicura il COOU, rappresenta solo lo 0,2% del totale degli oli usati raccolti. Il recupero dell’olio che presenta queste caratteristiche è antieconomico, per questo si preferisce eliminare definitivamente le sostanze nocive, provando a salvaguardare l’ambiente. Il procedimento è comunque delicato e richiede un attento monitoraggio delle emissioni gassose che, oltre a essere sottoposte a un rigido controllo, sono regolate da norme specifiche che ne stabiliscono i limiti, riducendone gli impatti ambientali.

Articolo precedenteDai rifiuti ceramici il nuovo cemento ecologico riciclabile
Articolo successivoLa doppia faccia del Fracking