L’agricoltura rigenerativa riuscirà a rispondere alla più grande sfida che l’alimentazione deve affrontare? Ovvero sarà in grado di produrre di più per sfamare un maggior numero di persone con meno risorse senza avere un impatto devastante sulla salute del Pianeta?

Ambiente e sicurezza alimentare
L’agricoltura rigenerativa riuscirà a rispondere alla più grande sfida che l’alimentazione deve affrontare? Ovvero sarà in grado di produrre di più per sfamare un maggior numero di persone con meno risorse senza avere un impatto devastante sulla salute del Pianeta?
Un dettagliato studio della European Alliance for Regenerative Agriculture (EARA), Farmer-led Research on Europe’s Full Productivity – The Realities of Producing More and Better with Less – Place-based Innovation for the Good of All, fa il punto sull’agricoltura rigenerativa e sulle sue concrete possibilità di rendere la produzione agricola più produttiva e più sostenibile.
Agricoltura rigenerativa, un nuovo modello da adottare
Il modello di agricoltura a cui siamo stati abituati fino ad oggi è arrivato al capolinea? Sicuramente si trova ad affrontare contemporaneamente una serie di problemi tra loro interconnessi che partono dalla crisi climatica per arrivare all’erosione dei suoli, all’aumento dei costi dell’energia e dei prodotti per la coltivazione.
Su questo scenario globale, già molto complesso, incombe anche una crisi geopolitica di cui non si intravede la fine.
I sistemi agricoli ad alta intensità di input chimici sono progettati per ottenere rendimenti a breve termine: una condizione che espone l’Europa a vulnerabilità strategiche.
Se anche l’agricoltura tradizionale fosse arrivata al capolinea, il dato incontrovertibile è che la popolazione mondiale sta aumentando in tutto il mondo e le persone hanno diritto e bisogno di nutrirsi.
Le previsioni della Commissione Europea
Basti pensare che la Commissione Europea prospetta per la redditività agricola perdite di circa 60 miliardi di euro nel 2025, che arriveranno a 90 miliardi entro il 2050. È indispensabile, pertanto, individuare soluzioni realisticamente percorribili.
Lo studio dell’EARA – che raccoglie esperti e istituzioni intersettoriali – ha condotto un programma pilota pluriennale in 14 Paesi per capire se i modelli di agricoltura rigenerativa possano superare quelli convenzionali e, nello stesso tempo, migliorare gli ecosistemi.
L’Indice di Produttività Rigenerativa (IPR), inserito nello studio, è un indice di performance multidimensionale sviluppato da agricoltori, ricercatori, agronomi per determinare i risultati economici, agronomici ed ecologici sul territorio.
L’IPR integra misurazioni a livello di campo, dati generati dagli agricoltori e immagini satellitari con analisi comparative a livello locale, nazionale ed europeo.
Gli obiettivi dello studio
Lo studio dell’EARA ha 3 obiettivi principali:
- documentare i risultati che gli agricoltori europei stanno ottenendo per la sicurezza e la sovranità alimentare, per la salute delle persone e della natura;
- dimostrare la differenza tra agricoltura tradizionale e agricoltura rigenerativa che applica un approccio innovativo e orientato al futuro;
- convalidare i risultati raggiunti per dimostrare che gli indicatori di performance rilevati sono in linea con la trasformazione agricola proposta dalla PAC (Politica Agricola Comune).
Inoltre, questi indicatori di performance sono utili per misurare i progressi verso una migliore conservazione del suolo, dell’acqua e della biodiversità, come pure verso la produzione di alimenti e il reddito degli agricoltori.
«Lo studio EARA dimostra che l’agricoltura rigenerativa, correttamente attuata, non è una moda bensì un percorso verso un’agricoltura che può realizzare le tre dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica e sociale. Affermazioni che qui sono verificabili in modo trasparente», afferma Theodor Friedrich, già ambasciatore della FAO e revisore indipendente dello studio.
I risultati a livello nazionale ed europeo
Nello studio non manca un prospetto con i risultati ottenuti a livello nazionale, letti anche nella più ampia prospettiva europea.
Emerge in modo evidente che gli agricoltori che praticano forme di agricoltura rigenerativa:
- producono circa il 2% in meno di rese a fronte di redditi simili
- producono oltre il 25% in più di servizi ecosistemici e biodiversità
- utilizzano il 61% in meno di fertilizzanti azotati sintetici
- utilizzano il 76% in meno di pesticidi
- utilizzano l’88% in meno di mangimi importati rispetto ai loro omologhi tradizionali.
Cosa cambia con l’agricoltura rigenerativa
Lo studio indica i risultati principali ottenibili con l’agricoltura rigenerativa:
produttività più elevata → (in media +32%);
vantaggio agroecologico → rispetto ai campi vicini, le aziende agricole rigenerative hanno ottenuto una fotosintesi superiore del 24%, 23% in più di copertura del suolo e 17% in più di diversità vegetale (in sintesi, più biodiversità e migliore salute del suolo);
parità di resa con un’importante riduzione degli input → – 2% in meno di resa utilizzando il 61% in meno di fertilizzanti azotati sintetici e il 76% in meno di pesticidi per ettaro;
sovranità alimentare regionale → mediamente le aziende agricole dell’UE importano oltre il 30% di mangimi per il bestiame da paesi terzi; gli agricoltori rigenerativi hanno ottenuto rendimenti simili utilizzando esclusivamente mangimi provenienti dalle loro bioregioni.
Utopia o realtà?
Questi risultati smentiscono l’ipotesi che la sicurezza alimentare dell’Europa dipenda dall’agricoltura ad alta intensità chimica.
Al contrario, affermano che i sistemi rigenerativi non sono solo praticabili, ma già praticati con successo nella maggior parte dei contesti.
Inoltre, la progressiva riduzione, e l’eventuale eliminazione, degli input chimici non è solo fattibile, ma anche vantaggiosa dal punto di vista economico e ambientale.