Tra il 22% e il 35% delle superfici agricole non irrigue, a livello globale, potrebbe ospitare sistemi agrivoltaici continuando a produrre cibo. Lo studio del Politecnico di Milano

Distribuzione globale delle aree coltivate e convertibili ad agrivoltaico nello scenario più conservativo (in alto) e meno conservativo (in basso) tra quelli analizzati nello studio (Immagine Politecnico di Milano)
Le applicazioni dell’agrivoltaico possono lavorare in sinergia con il mondo agricolo e ottenere grandi risultati. Sia per la generazione di energia pulita sia per la crescita delle colture. Una “convivenza pacifica” che, tra l’altro, può risolvere il conflitto per l’uso del suolo. A dimostrarlo è oggi una nuova ricerca tutta italiana da cui è nata una mappa delle possibili aree con colture pluviali convertibili all’agrivoltaico.
Agrivoltaico e agricoltura, compagni di viaggio
L’agricoltura è responsabile del 70% del consumo globale di acqua dolce: difficile pensare di aumentare le produzioni a queste condizioni.
Anche il settore energetico si trova in una situazione simile: normalmente l’installazione di impianti di energie rinnovabile trova un limite nei vincoli paesaggistici e ambientali e nella resistenza delle persone che vivono sul territorio.
Il punto di unione tra energia e agricoltura
La produzione di cibo e quella di energia rinnovabile sembrano seguire lo stesso trend crescente, con la conseguenza di aumentare la pressione sulle terre coltivabili.
Attualmente a livello globale, tra il 13% e il 16% degli impianti fotovoltaici a terra si trovano in suoli che erano agricoli. Terreni che hanno perso la loro destinazione primaria. Una competizione senza soluzione?
No, secondo uno studio del Politecnico di Milano (Global Land-Water Competition and Synergy Between Solar Energy and Agriculture, pubblicato nella rivista “Earth’s Future”). Gli scienziati hanno realizzato una superficie variabile tra il 22% e il 35% delle superfici agricole non irrigue, a livello globale, potrebbe ospitare sistemi agrivoltaici continuando a produrre cibo.
«L’agrivoltaico non è applicabile ovunque, però secondo i nostri risultati ci sono molte aree del mondo in cui sarebbe possibile combinare coltivazioni e produzione di energia senza significative perdite di resa», afferma Nikolas Galli, ricercatore del Glob3Science Lab co-autore dello studio.
Le applicazioni dell’agrivoltaico
Senza dubbio, «questa tecnologia potrebbe contribuire a ridurre la competizione per il suolo, migliorando al contempo la sostenibilità dei sistemi agricoli ed energetici», dichiara Maria Cristina Rulli, coordinatrice del Glo3Science Lab co-autrice dello studio.
L’agrivoltaico può trasformare la competizione in sinergia, motivo per cui sta guadagnando consenso nel dibattito politico. Numerosi studi ne confermano gli effetti postivi sulla produzione di energia e di cibo.
Lo studio del Politecnico ha impiegato un modello agro-idrologico spazializzato per simulare la risposta a diversi livelli di attenuazione delle radiazioni di 22 colture non irrigue nelle rispettive aree di raccolta in tutto il mondo.
«Utilizzare il suolo sia per coltivazioni sia per impianti fotovoltaici consente di aumentare la producibilità complessiva per superficie occupata riducendo i costi di produzione.
In aggiunta, l’installazione di colture sotto i pannelli fotovoltaici consente di ridurne la temperatura di funzionamento aumentandone l’efficienza», spiega Giampaolo Manzolini, docente nel Dipartimento di Energia e co-autore dello studio.