Cinghiali, danni ambientali ed economici

La proliferazione dei cinghiali ha conseguenze pesantissime per l’agricoltura, danneggia gli allevamenti, mina la salute e l’incolumità sia di chi vive nelle zone rurali sia dei cittadini che fanno incontri spiacevoli nelle città. L’aumento generalizzato degli esemplari richiede l’adozione urgente di una strategia nazionale

Foto di Jonathan Kemper su Unsplash

(Rinnovabili.it9 – La proliferazione dei cinghiali è il tema del momento. La fauna selvatica non adeguatamente gestita ha conseguenze pesantissime per l’agricoltura, danneggia gli allevamenti, mina la salute e l’incolumità sia di chi vive nelle zone rurali sia dei cittadini che fanno incontri spiacevoli nelle città.

I cinghiali possono anche aggredire le persone con conseguenze gravi, se non letali. Il caso tipico è se vogliono difendere i cuccioli o se si trovano in presenza di un cane.

Danni ambientali…

Un numero esagerato di cinghiali e altri animali selvatici danneggia la flora locale, costringe le imprese agricole alla marginalizzazione e porta all’abbandono dei territori in particolare montani e collinari.

In campagna i cinghiali distruggono le colture, le recinzioni e le attrezzature, assediano le stalle e compromettono l’equilibrio ambientale di vaste zone di pregio naturalistico.

Nel corso di un convegno sul tema “Fauna selvatica e territori: conoscere per gestire”, organizzato a Viterbo da Confagricoltura ed Ente Produttori di Selvaggina (EPS), il presidente dell’associazione degli agricoltori Massimiliano Giansanti ha sottolineato che «in Italia è necessario un cambio di passo nella gestione di alcune specie di fauna selvatica.

Un nuovo modello che tenga insieme gli interessi delle imprese agricole e la tutela ambientale oggi è possibile».

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…ed economici

Le specie selvatiche diffondono malattie che hanno conseguenze anche sulle attività economiche del settore primario: ad esempio, il contagio di peste suina africana veicolata dai cinghiali ha costretto numerosi allevatori a sopprimere i maiali con un grave danno economico.

Grazie all’intervento del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, sono stati fatti alcuni passi avanti (come gli interventi presenti nella legge di Bilancio 2023).

Tuttavia Confagricoltura ritiene che per tutelare le aziende agricole siano necessari interventi mirati: migliore gestione del periodo di apertura della caccia, previsione di una maggiore selezione di alcune specie, più efficace sistema di risarcimento dei danni.

ISPRA: in Italia c’è un milione e mezzo di cinghiali

Nel convegno sono stati presentati i dati ISPRA relativi al periodo 2015-2021. In Italia c’è un milione e mezzo di cinghiali, anche a fronte dell’abbattimento di circa 300mila esemplari l’anno.

I danni all’agricoltura sono enormi: la media annuale è di 17 milioni di euro. La cifra complessiva raggiunge quasi i 120 milioni di euro per un totale di 105mila casi.

Abruzzo e Piemonte guidano la classifica dei danni subiti (circa 18 e 17 milioni di euro), seguiti da Toscana, Campania e Lazio (oltre 10 milioni l’anno).

Non se la passa bene nemmeno la Sardegna, con un cinghiale ogni 26 abitanti che sono diventati un vero e proprio problema sociale.

Causa di incidenti automobilistici

Se i cinghiali sono considerati un’emergenza dagli agricoltori, il problema riguarda anche gli automobilisti visto che la presenza di animali selvatici causa numerosi incidenti, anche mortali.

Secondo una stima di Coldiretti su dati Aci e Istat, negli ultimi dieci anni gli incidenti sulle strade provinciali sono cresciuti dell’81%.

Il gradimento verso i cinghiali è al minimo storico: la maggioranza degli italiani li ritiene troppo numerosi, ne ha paura e pensa che siano una minaccia all’equilibrio ambientale.

Normale avere paura di animali aggressivi, di notevoli dimensioni (gli esemplari adulti raggiungono i due quintali di peso), che si muovono in branchi e si spingono perfino nei pressi di scuole, case e parchi.

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Urgenza di una strategia nazionale

In mancanza di un sistema omogeneo di raccolta dei dati a scala nazionale si è reso necessario un armonizzare le informazioni trasmesse.

Dall’indagine di ISPRA emerge un aumento generalizzato degli esemplari che richiede l’adozione urgente di una strategia nazionale «che integri interventi di prevenzione dei danni e di contenimento delle popolazioni, e che assicuri prelievi selettivi e pianificati coerentemente con l’obiettivo prioritario di riduzione dei danni».

Come spiega ISPRA, «elemento chiave di una strategia di gestione del cinghiale è la creazione di un sistema omogeneo di raccolta dei dati a scala nazionale, che integri anche le informazioni relative agli interventi di prevenzione e agli incidenti stradali, e renda possibile monitorare l’andamento della gestione in tempo reale».

Un ripopolamento scriteriato

Nel secolo scorso i cinghiali erano quasi estinti in Italia. Negli anni Settanta-Ottanta, a beneficio dei cacciatori e con il benestare delle Regioni, furono introdotte razze più forti e aggressive provenienti dall’Europa dell’Est: animali che superano i due quintali (contro gli 80-100 chili del cinghiale italiano), con femmine che partoriscono due-tre volte l’anno una decina di cuccioli (la femmina di cinghiale italiano fa una cucciolata l’anno di due-tre esemplari).

Ovvio che la situazione sia sfuggita di mano. Si parla di abbattimenti selettivi, a cui gli animalisti sono contrari. La soluzione non è semplice, ma richiede flessibilità e collaborazione perché i danni sono ingenti.

Se si vuole cominciare con un primo passo non bisogna lasciare in giro tonnellate di spazzatura: finché i cinghiali troveranno nelle nostre strade una tavola riccamente imbandita non avranno motivo di allontanarsi.

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