L’imposizione dei dazi da parte degli Stati Uniti sta mettendo in crisi le economie mondiali. Il mondo dell’agroalimentare esprime grande preoccupazione ed è alla ricerca di soluzioni possibili. Tutti, però, sono concordi nella necessità di una risposta comune per tutelare le impreseLa guerra dei dazi è solo all’inizio

L’imposizione dei dazi mette in crisi le economie
Dove porteranno i dazi imposti dal presidente degli Stati Uniti? Fare previsioni è impossibile quando le affermazioni si contraddicono quotidianamente.
Per ora crollano le Borse a cominciare da quella USA e gli investitori sono in crisi – in un giorno si sono bruciati oltre 422 miliardi di euro – ma Donald Trump li ritiene solo shock temporanei in vista di una nuova età dell’oro per gli USA e ostenta ottimismo: «Arriveranno seimila o settemila miliardi nel nostro Paese. Ci sarà un boom dei mercati e un boom del Paese».
Però storia ed economia insegnano che le cose non sono sempre così semplici, tanto più se i mercati sono globalizzati.
I timori dei produttori per i dazi USA
Nel mondo dell’agroalimentare il livello di timore è alto. Gli operatori sono spiazzati da un compagno di squadra che improvvisamente preferisce giocare nel campo avversario.
Il Parmigiano Reggiano è uno dei prodotti di punta del nostro export negli USA. Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, sottolinea che «il Reggiano rappresenta il 7% del mercato dei parmesan e il 22,5% del nostro export totale verso gli USA.
La differenza di prezzo (e, ovviamente di qualità) è alta. Il parmesan costa 8 dollari per libbra, il Parmigiano 24 dollari. Con i dazi arriverà a circa 30 dollari.
Con quali conseguenze? Con il dollaro debole e un’economia in rallentamento diminuirà il potere di acquisto delle famiglie.
Quindi i dazi non proteggono i produttori statunitensi, ma alzeranno il prezzo del prodotto al consumo per chi se lo può permettere».
La vera preoccupazione dovrebbe essere un’altra, cioè la produzione di latte senza allevamenti: «Il latte prodotto da fermentazione cellulare, su cui stanno investendo le multinazionali anche negli USA, potrebbe mettere in crisi la zootecnia».
Contrazione dell’export
Nel 2024 gli Stati Uniti hanno rappresentato il terzo mercato per il Grana Padano DOP. I dazi al 20% mettono a rischio il consolidamento di questo mercato e le prospettive future dell’export negli Stati Uniti.
Stefano Berni, direttore generale del Consorzio Grana Padano, fa una precisazione importante: «Almeno per noi, è un’inesattezza colossale che il dazio aggiuntivo sia la metà del dazio addebitato ai formaggi USA perché a noi oggi entrare negli USA costa il triplo rispetto a quello che i formaggi USA pagano per entrare da noi».
Il timore è anche che l’aumento dei prezzi al consumo per i cittadini statunitensi provocherebbe una inevitabile contrazione del nostro export.
Serve una risposta unitaria
«Come Italia usciamo sicuramente penalizzati dall’introduzione dei dazi, in particolar modo per quanto riguarda i prodotti di fascia media: penso ad alcuni vini, all’olio d’oliva, alla pasta e ai sughi pronti», ha affermato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura.
«La risposta non può che essere unitaria, europea, convinta. Fondamentali le misure previste da Bruxelles per sostenere i settori più colpiti.
Non dimentichiamo, infatti, che rischiamo anche un massiccio riversamento di prodotti da altri Paesi che subiranno le tariffe americane, per esempio la Cina».
Province vulnerabili e crescita dell’Italian Sounding
CIA-Agricoltori Italiani ha elaborato uno studio sulle province più vulnerabili all’imposizione dei dazi, e il quadro che ne emerge è francamente preoccupante.
Tra l’altro, evidenzia il presidente nazionale Cristiano Fini, «sono tante le province piccole e rurali per le quali l’impatto sull’economia locale sarebbe maggiore rispetto ai territori più ricchi, che riescono a diversificare i loro sbocchi commerciali».
Coldiretti ritiene che i dazi faranno aumentare il fenomeno dell’Italian Sounding, che già costa all’Italia 40 miliardi di euro solo negli Stati Uniti.
I dazi comportano una somma di problemi
A guardare l’agroalimentare nel suo complesso, i dazi comportano una somma di problemi.
Prima di tutto un eccesso di offerta che non ha sbocchi in altri mercati, poi l’aumento dei costi di stoccaggio (che aumenterebbero ulteriormente per i prodotti più deperibili) e la perdita di importanti quote di mercato.
Non dimentichiamo che nel 2024 l’export agroalimentare italiano negli USA ha raggiunto 7,8 miliardi di euro (+17% sul 2023).
L’Europa intende rispondere con decisione ai dazi di Trump, l’Italia ha scelto una posizione più cauta per non spezzare l’asse USA-UE.
Le aziende agroalimentari sono concordi nel ritenere che sia indispensabile un’azione europea comune, tempestiva e coesa. Solo con una voce unica possiamo sperare di tutelare le nostre imprese.
Agire insieme usando il buonsenso
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti sottolinea anche la «necessità di rilanciare i settori produttivi, di sburocratizzare il settore, di investire in digitalizzazione, innovazione e internazionalizzazione, di diventare più competitivi abbassando i costi delle imprese».
Per il presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino, «è difficile stimare l’effetto dei dazi su tutto l’export alimentare. Prevediamo una perdita del 10% di fatturato, cioè circa 700 milioni di euro suddivisi in modo diverso sulle diverse merceologie».
«Applicare dazi alle esportazioni è un danno gravissimo per il nostro settore e un attacco diretto al libero mercato», afferma la presidente di Federvini, Micaela Pallini.
Una situazione che può avere ripercussioni potenzialmente gravissime su tutta la filiera vitivinicola. «Serve ora più che mai compattezza e determinazione da parte delle nostre istituzioni per contenere gli effetti devastanti di queste misure inutilmente protezionistiche e antistoriche».
L’esortazione generale sembra quindi a usare il buonsenso per scongiurare una guerra commerciale che farebbe del male a tutti, mentre la Cina pensa a come prendere in Europa (e non solo) il posto degli eterni competitor statunitensi.