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ZeroSprechi, il valore sociale dell’antispreco “porta a porta”

I cittadini sono i protagonisti della rivoluzione antispreco lanciata dall’app ZeroSprechi. Non solo lotta allo spreco alimentare e sostenibilità ambientale, ma anche creazione di una rete di scambio e di socialità tra cittadini. Le famiglie sprecano grandi quantità di cibo perché non sanno cosa fare delle eccedenze: il food sharing può chiudere il cerchio dello spreco

spreco alimentare
via depositphotos.com

di Isabella Ceccarini

L’app ZeroSprechi rivoluziona la lotta allo spreco alimentare mettendo in prima fila i cittadini creando un circolo virtuoso di scambio e di socialità. Grazie a ZeroSprechi ognuno può costituire una rete di contatti per condividere il cibo con i propri vicini e portarlo direttamente nelle case o in appositi punti di raccolta.

Un cambiamento culturale

Finora il recupero del cibo in eccedenza è avvenuto tra negozi di alimentari, ristoranti, grande distribuzione e le associazioni caritative (ad esempio Banco Alimentare, Acli, etc.) che si occupano di smistarlo nelle mense o nelle parrocchie. Realizzare questo progetto ha bisogno di tempo perché richiede un cambiamento culturale e la creazione di una comunità.

Perché è importante questa azione dal basso? Perché una gran parte dello spreco alimentare avviene nelle famiglie, che non sanno cosa fare delle eccedenze: pertanto questa forma di antispreco “porta a porta” ha sicuramente un valore sociale e grandi potenzialità di riduzione dei rifiuti a beneficio dell’ambiente.

ZeroSprechi è stato promosso dal Comune di Bergamo e sviluppato con NT Next – Evolving Communication. La cooperativa sociale Namasté, partner del progetto, affianca ZeroSprechi alla sua Dispensa Sociale (un servizio di recupero delle eccedenze alimentari che vengono redistribuite alle organizzazioni del territorio). EY Foundation Onlus, che promuove progetti di valore riconosciuto per promuovere il cambiamento sociale ed economico, ha donato a ZeroSprechi 14mila euro.

zHeroes, gli eroi dello spreco zero

L’idea è nata nel 2020, davanti alla crescita di nuove povertà dovute alla pandemia. La chiave strategica del progetto di ZeroSprechi è nel rovesciamento di prospettiva, nell’inversione delle parti: non si tratta di una donazione ma di una missione degli zHeroes, ovvero gli eroi dello spreco zero che intercettano un alimento non consumato per riutilizzarlo anziché buttarlo.

Diventare zHero è una proposta rivolta ai giovani, alla generazione Greta che sembra particolarmente sensibile ai temi ambientali e che ha dimestichezza con l’utilizzo delle nuove tecnologie che possono diventare abilitatori per migliorare il mondo. Il progetto di food sharing si può attuare anche nell’ambiente di lavoro, cosa che inizialmente può rendere più semplice lo scambio.

Il valore sociale del progetto

La condivisione del cibo spinge il tema della socialità attraverso una cultura nuova per cui il recupero è un gesto di responsabilità verso il Pianeta e il futuro. Dobbiamo ricordare che ogni anno circa un terzo del cibo che viene prodotto nel mondo finisce nella spazzatura perché viene perso o sprecato: secondo le stime della FAO si tratta di più di 1,3 miliardi di tonnellate.

Una cifra inaccettabile da un punto di vista sia etico – a fronte di circa 800 milioni di persone malnutrite e denutrite – che ambientale, dato che la filiera agroalimentare (dalla produzione al consumo) è responsabile di circa il 25% delle emissioni di gas serra.

ZeroSprechi allarga la platea e fa capire a tutti che certi alimenti se conservati bene sono ancora buoni da mangiare: quindi il progetto non solo salva cibo ancora commestibile, ma sensibilizza chi dona e chi riceve a superare il modello consumo basato sull’estetica. Chi riceve diventa un elemento di valore perché chiude il cerchio di un percorso di sostenibilità concreto.

ZeroSprechi è un’app semplice da usare

Come funziona ZeroSprechi? Bisogna scaricare l’app (sviluppata da DeepLab, come pure la piattaforma, è disponibile in tutti gli app store), registrarsi in modo semplice, caricare la foto del bene che si vuole donare con le sue specifiche (ad esempio informazioni sulla tipologia, la quantità o la scadenza). Il bene viene messo sul marketplace e si sceglie ciò di cui si ha bisogno.

A questo punto si stabilisce una relazione tra chi mette a disposizione il bene e chi lo riceve: le persone si incontrano, si scambiano i contatti, il bene è georeferenziato (ovvero l’app indica anche la strada migliore per andarlo a ritirare). La socialità è un secondo valore di ZeroSprechi.

La sostenibilità è un fatto di responsabilità personale: non è uno slogan né una medaglia che qualcuno ti attribuisce. Funziona se la vivi e la metti in pratica. ZeroSprechi è un ottimo punto di partenza: a Bergamo funziona, perché non lanciarla in altre città?

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.