Nelle grandi dighe, il fango ci ruberà un volume d’acqua grande come 1,2 milioni di Colossei

Uno studio dell’Institute for Water, Environment and Health dell’Università dell’Onu calcola l’impatto dell’accumulo di sedimenti nei grandi bacini artificiali sulla sicurezza idrica. L’Europa è messa peggio della media globale. In Italia abbiamo già perso 1/5 della capacità di stoccaggio totale

Grandi dighe: entro il 2050 perderanno il 26% della capacità di stoccaggio
Foto di Dan Meyers su Unsplash

In Italia fra 30 anni perderemo il 30% dello stoccaggio nelle grandi dighe

(Rinnovabili.it) – Immaginate di riempire il Colosseo di acqua fino in cima e trasformarlo in un’enorme piscina. Ripetete la stessa operazione altre 1.250.000 volte. Se fossero messi uno di fianco all’altro, tutti questi Colossei occuperebbero una superficie grande come Piemonte e Liguria insieme. Ebbene, è un’immensa massa d’acqua di queste proporzioni quella che rischiamo di perdere entro metà secolo. Non perché pioverà di meno ma per colpa di fango e sedimenti. Che si accumulano nelle grandi dighe e ne riducono drasticamente la capacità di stoccaggio.

Fango nelle grandi dighe

Parliamo di 1650 miliardi di metri cubi di acqua che le grandi dighe non saranno più in grado di trattenere, lasciandoli così fluire a valle fino a disperdere in mare l’acqua dolce. Ovvero il 26% della capacità globale attuale di stoccaggio di acqua. Tanta quanta ne consumano in un anno Cina, India, Indonesia, Francia e Canada.

“Lo stoccaggio globale di acqua diminuirà – sta diminuendo già adesso – e questo deve essere preso seriamente in considerazione”, dichiara Vladimir Smakhtin, direttore dell’Institute for Water, Environment and Health dell’Università dell’Onu che pubblica oggi uno studio sull’argomento. Già oggi, infatti, l’accumulo di sedimenti sul fondo dei bacini artificiali ha ridotto la loro capienza del 16%. E dai circa 6300 mld m3 originari si rischia di scendere a 4650 mld m3 nel 2050.

Chi ci rimette?

Con quali conseguenze? La più ovvia è meno acqua dolce a disposizione sia per il consumo umano che per l’agricoltura e altre attività umane, soprattutto l’industria. A sua volta, questo implica un deterioramento della sicurezza idrica. E poi c’è l’aspetto della sicurezza energetica. Meno acqua nelle grandi dighe significa minore generazione di elettricità dall’idroelettrico, fonte preziosa perché rinnovabile e programmabile.

Secondo lo studio dell’Onu, i paesi che ci rimetteranno più capacità di stoccaggio idrico sono la Gran Bretagna e l’Irlanda in Europa, e poi Panama, Giappone e Seychelles. Per loro la perdita prevista oscilla tra il 30 e il 50% dello storage teorico disponibile. I paesi meno colpiti, con perdite inferiori al 15%, sono Bhutan, Cambogia, Etiopia, Guinea e Niger.

L’Europa per certi versi è messa peggio della media globale. Ha già perso una capacità di stoccaggio pari al 19%, che potrebbe salire al 21% nel 2030 e al 28% per metà secolo. Più di tre paesi su quattro perderanno più di un quarto della loro capacità, il più delle volte per via di infrastrutture datate. L’Irlanda guida la classifica con il 39% della capacità a rischio. L’Italia -quest’anno colpita dalla peggiore siccità da 60 anni– ha già perso oltre il 20% dello storage nelle grandi dighe, salirà al 23% nel 2030 e supererà il 30% nel 2050.

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