Giappone: i soldi per il Clima finiscono nel carbone indonesiano

La Banca nipponica per la cooperazione internazionale ha stanziato un miliardo di dollari per la creazione di tre nuovi impianti termoelettrici in Indonesia

Giappone: i soldi per il Clima finiscono nel carbone indonesiano

 

(Rinnovabili.it) – Lo chiamano Fondo per il Clima ma spesso e volentieri ciò che viene finanziato è a tutti gli effetti un colpo di scure per l’equilibrio climatico del Pianeta. La riprova, solo l’ultima in ordine cronologico, arriva in questi giorni dal Giappone che, per contrastare il riscaldamento globale, ha deciso di stanziare circa un miliardo di dollari a favore… del carbone. Un controsenso ai più evidente, ma decisamente meno chiaro alla Banca nipponica per la cooperazione internazionale (JCIB) che con tali fondi sosterrà la creazione di tre nuovi impianti termoelettrici in Indonesia. A quanti possano storcere il naso, l’istituto finanziario si appresta a ricordare che i progetti sono “perfettamente legali” dal momento che a tutt’oggi non esistono linee guida o norme in materia di ciò che costituisce effettivamente i Finanziamenti per il Clima.

 

La notizia è iniziata a circolare in occasione del vertice Onu sui cambiamenti climatici, e i leader delle Nazioni Unite, così come le associazioni ambientaliste e della società civile hanno mostrato di non apprezzare affatto quest’uso indiscriminato del Climate Fund. La nazione del Sol Levante sostiene che, in quanto nuovi impianti e quindi più efficienti delle vecchie centrali a carbone, i tre progetti indonesiani contribuiranno agli sforzi per ridurre le emissioni di CO2.

 

Ma la cosa non può che preoccupare, soprattutto se si guarda al futuro: attualmente il Giappone è un dei principali contribuenti ai fondi per il clima (con quasi 15 miliardi di dollari dei 30 promessi dai paesi ricchi) ma l’analisi dei primi 300 progetti finanziati attraverso questo meccanismo dimostra come sia anche l’unico paese a finanziare impianti a carbone. Le Nazioni Unite hanno riportato circa una dozzina di piccole centrali a carbone in India, Indonesia tutte a carico di Tokyo, che dal canto suo mette subito le mani avanti. “Ci sono paesi […] che non possono permettersi di avere altri metodi di produzione energetica rispetto al carbone”, ha commentato la portavoce del ministero degli Esteri giapponese Takako Ito. “A questi paesi, vorremmo fornire il metodo migliore per ridurre l’anidride carbonica”.  E le energie rinnovabili sono già un ricordo lontano.

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1 commento

  1. A volte si critica ciò che NON si conosce, magari spacciandolo come “buonsenso” e condivisione dei più!

    Infatti, come si dice nella parte terminale dell’articolo, nei Paesi poveri ed in via di sviluppo, non sono molte le fonti a cui ragionevolmente poter accedere per consentire ai nostri simili che vivono in tali Paesi di finalmente accedere all’elettricità e farlo con moderni impianti costruiti secondo le ultime tecnologie disponibili è il modo migliore per:

    – ridurre il consumo di combustibili;
    – ridurre le emissioni nocive in atmosfera (S0x, Nox, Particolato fine);
    – ridurre parallelamente anche le emissioni di CO2.

    Di quanto?

    Beh, se si considerano i vecchi impianti che avevano/hanno un’efficienza di conversione del 20-25% e si considerano le efficienze dei nuovi moderni impianti (45%) sarà facile per tutti rendersene facilmente conto. Un risparmio (ed una riduzione delle emissioni), a parità di elettricità prodotta, che va ben oltre il 50%. Nel caso dei veri contamnanti ancora di più perchè i vecchi impianti non erano dotati di tali tecnologie utili a prevenire le emissioni nocive in atmosfera.

    Se si smettesse di rincorrere le “bufale” e le speculazioni, forse ci si renderebbe conto che altre solo le azioni necessarie a venire incontro ai bisogni di evoluzione, benessere e sviluppo a cui molti nostri simili aspirano. E’ un’obbligo anche etico e morale a cui davvero sarebbe difficile sottrarsi, se non per appunto becere speculazioni !

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