Un nuovo modello predittivo della possibilità di spillover di malattie zoonotiche – che si possono trasmettere dagli animali all’uomo, come il Covid – stabilisce che la deforestazione e la frammentazione degli ecosistemi forestali sono il miglior indicatore per prevedere i prossimi focolai di Ebola

Dove scoppierà il prossimo focolaio di Ebola? Lo possiamo prevedere osservando il tasso di deforestazione. Distruzione, degrado e frammentazione delle foreste sono i migliori indicatori per determinare la probabilità che si verifichi un’epidemia del virus. Che si trasmette facilmente dagli animali all’uomo e ha tassi di mortalità – a seconda della variante – tra il 25 e il 90%.
Deforestazione ed Ebola: il nuovo studio del CDC
A stabilirlo è uno studio condotto dai Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC), che ci sono diventati più familiari durante la pandemia di Covid. La loro ricerca, pubblicata sulla rivista Emerging Infectious Diseases, ha individuato la deforestazione come uno dei principali indicatori della probabilità di scoppio di epidemie di Ebola.
Per farlo ha utilizzato modelli di apprendimento automatico e circa 20 anni di dati satellitari, necessari per analizzare il ruolo della perdita di foreste e della frammentazione degli ecosistemi nella trasmissione del virus dagli animali agli esseri umani.
Il legame tra disboscamento ed epidemie
Lo studio ha analizzato 22 casi indipendenti di Ebola virus disease (EVD) registrati tra il 2001 e il 2021, nei quali il virus è passato per la prima volta a un ospite umano senza essere stato trasmesso da un altro individuo (ovvero, si è focalizzato sul momento del salto di specie).
Utilizzando dati ad alta risoluzione sulla copertura forestale, le precipitazioni, l’altitudine e la densità della popolazione umana, i ricercatori hanno costruito un modello predittivo della probabilità di spillover. Il modello ha poi dimostrato la sua efficacia predittiva analizzando due eventi di spillover verificatisi nel 2022, con un’accuratezza del 90% nell’identificare le aree a rischio.
Uno dei risultati più sorprendenti dello studio è che il rischio di spillover non aumenta in maniera lineare con la perdita di foreste. Al contrario, il modello ha rivelato un comportamento a soglia: il rischio rimane basso fino al raggiungimento di un punto critico nella degradazione forestale, dopo il quale aumenta drasticamente. Questo suggerisce che alcune trasformazioni paesaggistiche innescano le condizioni favorevoli al passaggio del virus dagli animali all’uomo, piuttosto che aumentare gradualmente il pericolo.
Cosa fa aumentare il rischio di spillover?
I ricercatori evidenziano che la deforestazione può contribuire alla diffusione del virus Ebola in diversi modi:
- Modifica degli habitat e aumento del contatto uomo-fauna selvatica: la perdita di foreste costringe molte specie animali, inclusi i pipistrelli e altri serbatoi naturali del virus, a spostarsi in nuove aree, aumentando il contatto con le comunità umane.
- Espansione delle attività umane in aree remote: la deforestazione facilita la caccia, l’agricoltura e la raccolta di legname in zone precedentemente inaccessibili, creando nuove opportunità di interazione tra esseri umani e fauna selvatica.
- Stress ecologico e maggiore diffusione del virus tra gli animali: come osservato in studi su altri virus zoonotici, la distruzione degli habitat può aumentare lo stress negli animali selvatici, inducendoli a eliminare una maggiore quantità di virus nell’ambiente.
Oltre alla deforestazione, lo studio ha identificato altri elementi che contribuiscono alla probabilità di spillover del virus Ebola, tra cui:
- Densità della popolazione umana: maggiore è la popolazione in una zona a rischio, maggiori sono le probabilità che un eventuale spillover dia origine a un’epidemia.
- Precipitazioni e altitudine: le condizioni climatiche e geografiche influenzano la presenza degli ospiti naturali del virus e le loro interazioni con l’ambiente umano.
Dallo studio emerge che, geograficamente, il rischio di spillover non è distribuito in modo uniforme. Circa l’80% delle aree classificate nel percentile più alto di rischio si trova nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), con altre zone critiche individuate in Camerun, Gabon e Repubblica del Congo. Tra il 2021 e il 2022, il rischio di spillover è aumentato nel 25% in quelle aree, principalmente a causa della continua degradazione forestale e della crescita demografica.