La Corte ha lodato l'attenzione rivolta alla prevenzione ma ha sottolineato che alla fine il denaro speso non riesce davvero a fare la differenza.

di Ermina Voccia
La cattiva gestione dei fondi europei da parte degli Stati rende meno efficiente la lotta agli incendi boschivi in Europa. I Paesi europei hanno amministrato male i finanziamenti, distribuendoli talvolta con troppa fretta, è quanto emerge da una relazione speciale della Corte dei conti europea. I revisori dei conti Ue hanno riscontrato inefficienze nella selezione dei progetti. Inoltre, gli interventi non sono in grado di garantire la sostenibilità a lungo termine.
La lotta agli incendi boschivi in Europa
Ogni anno gli incendi boschivi in Europa sono più di mille e ogni anno causano la distruzione in media di più di 350mila ettari di foreste. Gli Stati Membri dell’Unione hanno utilizzato in maniera crescente i fondi per finanziare azioni preventive, come la creazione di fasce tagliafuoco per evitare il propagarsi delle fiamme. La Corte ha lodato l’attenzione rivolta alla prevenzione ma ha sottolineato che alla fine il denaro speso non riesce davvero a fare la differenza. Gli incendi boschivi sono solo un tipo di disastro naturale e agli Stati non viene chiesto di rendicontare alla Commissione le spese singole per ciascuna categoria di disastro. Di conseguenza, la Commissione Ue non ha un’esatta conoscenza dei risultati ottenuti da tali finanziamenti.
L’Unione mette a disposizione degli Stati i fondi per lo sviluppo rurale e per le politiche di coesione per contribuire alla lotta gli incendi boschivi in Europa. I progetti presentati dagli Stati risultano coerenti agli obiettivi. Tali progetti tuttavia falliscono perché i finanziamenti non vengono impiegati dove sarebbe più necessario. I finanziamenti europei sono aumentati grazie al dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF) da 650 miliardi di euro. Purtroppo, però, la Corte ha riscontrato che le decisioni su come allocare i fondi RRF vengono prese in maniera troppo frettolosa e senza consultare prima le autorità competenti.
I casi di Portogallo, Spagna e Grecia
In Portogallo, per esempio, La Corte ha evidenziato un incremento della spesa a favore della prevenzione, passata dal 20% del 2017 al 61% del 2022. Allo stesso modo, in Spagna, nella regione verde della Galizia, è almeno dal 2018 che la porzione maggiore di fondi va alle azioni di prevenzione. Sono segnali incoraggianti, spiega la Corte, perché prevenire è sempre meglio che curare.
In Spagna, però, il budget è stato distribuito tra tutte le province, senza tenere in considerazione le necessità e i fattori di rischio specifici, dando priorità alla copertura geografica e non alla qualità dei progetti. Non solo, la distribuzione dei fondi si basava su dati troppo vecchi. In Grecia nel 2023 le aree colpite da incendi sono state almeno tre volte più estese alla media annuale del periodo compreso tra il 2006 e il 2022. Eppure, le autorità greche non aggiornano la lista delle aree più esposte al rischio di roghi da 45 anni. Ancora in Portogallo una zona parzialmente alluvionata è stata inclusa tra le aree di interesse prioritario perché la mappa dei rischi non era stata rivista e ignorava la costruzione di una diga avvenuta diversi anni prima.
Nonostante Il dispositivo per la ripresa e la resilienza abbia fornito anche fondi eccezionali (470milioni alla Grecia per interventi di prevenzione e 390 milioni al Portogallo), né i finanziamenti nazionali né quelli europei hanno favorito misure di prevenzione efficaci nel lungo periodo. Per tale ragione, la Corte ritiene poco efficaci gli interventi a favore della lotta agli incendi boschivi in Europa e che l’azione preventiva sia limitata a un massimo di tre o quattro anni.
QUI la relazione della Corte dei conti europea