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Il lavoro al tempo della crisi climatica

Il caldo estremo, l’aumento degli infortuni e la perdita di produttività stanno trasformando il mondo del lavoro. In Italia crescono i protocolli di tutela, ma manca ancora una soglia legale nazionale

Impatto cambiamento climatico sul lavoro: rischi e risposte
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Il cambiamento climatico è ormai riconosciuto come una delle principali minacce per la salute pubblica, l’economia e l’equilibrio degli ecosistemi. Ma i suoi effetti si manifestano anche in un ambito spesso trascurato: quello del lavoro. Prendiamo solo un dato: a livello globale, circa 2,4 miliardi di lavoratori sono potenzialmente esposti a temperature estreme durante almeno una parte della loro giornata lavorativa, secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO). In Europa e in Italia, l’aumento delle ondate di calore, degli eventi meteo estremi e dell’inquinamento atmosferico sta modificando profondamente le condizioni nei luoghi di lavoro, incidendo su salute, sicurezza, produttività e qualità dell’impiego. Vediamo qual è l’impatto del cambiamento climatico sul lavoro, chi è più esposto, quali sono le conseguenze che si avvertono già in Europa e in Italia, e cosa possiamo fare per adattarci e mitigare i rischi.

Chi rischia di più: settori vulnerabili e lavoratori esposti

L’impatto del cambiamento climatico sul lavoro è tutt’altro che uniforme. I lavoratori outdoor, cioè coloro che operano all’aperto, sono i più colpiti. In particolare, i settori dell’agricoltura, dell’edilizia, della logistica, del turismo e dei servizi di emergenza sono altamente vulnerabili.

Secondo Eurofound, la fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, questi comparti non solo sono esposti a stress termico, ma impiegano una quota elevata di lavoratori stagionali, migranti o autonomi. Spesso senza adeguate tutele contrattuali o rappresentanza sindacale.

Il rischio di infortuni da calore cresce con l’intensità fisica del lavoro, l’uso di dispositivi di protezione individuale e la mancanza di pause o zone ombreggiate. Non si tratta solo di colpi di calore: la scarsa concentrazione causata dallo stress termico aumenta il rischio di incidenti, errori e decisioni pericolose. Ancora: i cambiamenti climatici intensificano i pericoli già presenti nei luoghi di lavoro, amplificano le disuguaglianze e creano nuove forme di precarietà.

L’impatto del cambiamento climatico sul lavoro in Italia: infortuni in aumento e produttività in calo

In Italia, l’impatto del cambiamento climatico sul lavoro è già misurabile. Secondo uno studio del gruppo Worklimate (INAIL e CNR), tra il 2014 e il 2019 si sono verificati oltre 25.600 infortuni lavorativi attribuibili al caldo, con un costo assicurativo complessivo stimato in 292 milioni di euro. L’aumento delle temperature estreme comporta una riduzione della produttività fino al 6,5% per ogni grado in più tra i 19,6 °C e i 31,8 °C, soprattutto nelle attività a elevato sforzo fisico.

I settori agricolo ed edile risultano particolarmente colpiti: già oggi, in Italia, questi comparti registrano picchi di giornate perse a causa dello stress termico. Il CNEL evidenzia come il caldo eccessivo debba essere considerato a tutti gli effetti un fenomeno con implicazioni dirette sulla sicurezza e l’efficienza lavorativa, al pari di altri eventi estremi.

D’altro canto, la definizione di soglie di temperatura per sospendere le attività e l’evoluzione della normativa nazionale vanno in questa direzione, come vedremo in seguito.

Lavorare peggio: il degrado della qualità del lavoro

Oltre ai rischi per la salute e la sicurezza, il cambiamento climatico incide negativamente sulla qualità del lavoro. Secondo Eurofound, i lavoratori esposti al clima estremo affrontano maggiori carichi fisici, minori margini di autonomia, meno accesso alla formazione e spesso condizioni contrattuali più deboli. A tutto ciò si aggiungono i rischi psicosociali: ansia, stress, senso di impotenza, precarietà occupazionale.

Prevenzione e adattamento: le risposte possibili

Per fronteggiare l’impatto dei cambiamenti climatici sul lavoro, servono misure di prevenzione e strategie di adattamento mirate. Le più efficaci, segnalate dalla letteratura scientifica sul tema e da studi istituzionali, includono:

  • la riorganizzazione degli orari per evitare le ore più calde,
  • l’accesso costante ad acqua potabile,
  • l’uso di indumenti protettivi leggeri e traspiranti,
  • la disponibilità di aree ombreggiate o climatizzate.

Interventi relativamente semplici ma fondamentali per tutelare la salute e la produttività dei lavoratori.

Come sta rispondendo l’Italia all’impatto del cambiamento climatico sul lavoro?

Negli ultimi anni, in Italia si è iniziato a discutere seriamente dell’introduzione di soglie di temperatura massima oltre le quali dovrebbe essere sospesa o limitata l’attività lavorativa, soprattutto nei settori outdoor. Dibattito che si è intensificato a seguito delle ondate di calore record degli ultimi anni e del crescente numero di infortuni sul lavoro legati allo stress termico.

Il principio è quello di considerare il caldo estremo come un fattore di “maltempo” al pari della pioggia intensa o del gelo, che già giustificano l’interruzione delle attività in molti comparti.

A livello normativo, non esiste ancora in Italia un limite legale vincolante di temperatura per la sospensione del lavoro, ma alcune regioni e settori (in particolare l’edilizia) iniziano a fare riferimento a linee guida o soglie operative, come quella di 35 °C percepiti (indice Humidex o Wet Bulb Globe Temperature – WBGT), già adottata in altri paesi europei.

L’INAIL e alcune associazioni datoriali e sindacali hanno promosso l’adozione di protocolli volontari che prevedono la modifica degli orari, l’obbligo di pause, e l’accesso a zone ombreggiate durante le ore più calde.

Vediamo a che punto è l’Italia nel rispondere all’impatto del cambiamento climatico sul lavoro, quali sono le iniziative in cantiere e già attuate, e dove sta andando il dibattito.

Ordinanze regionali per la protezione dei lavoratori

Durante l’estate del 2024, 15 regioni italiane hanno emanato ordinanze che vietano le attività lavorative all’aperto nelle ore più calde della giornata, specificamente dalle 12:30 alle 16:00, nei settori agricolo, florovivaistico ed edile. Queste misure sono state adottate in risposta alle ondate di calore estremo e si basano sulle mappe di rischio fornite dal gruppo di ricerca Worklimate, realizzato in collaborazione tra INAIL e CNR.

Linee guida nazionali e strumenti di valutazione

A livello nazionale, l’INAIL ha sviluppato strumenti tecnici per la valutazione del rischio da stress termico, come l’indice WBGT (Wet Bulb Globe Temperature), in conformità con la norma UNI EN ISO 7243:2017. Questi strumenti aiutano i datori di lavoro a identificare le condizioni di rischio e a implementare misure preventive adeguate.  

Cassa integrazione per temperature estreme

Tra 2022 e 2023 l’INPS ha chiarito che, in caso di temperature superiori ai 35°C o percepite come tali, le aziende possono richiedere la cassa integrazione ordinaria per eventi meteo. Questa misura consente la sospensione temporanea delle attività lavorative per proteggere la salute dei lavoratori esposti al caldo estremo.  

Ruolo delle parti sociali e della contrattazione collettiva

Le organizzazioni sindacali stanno svolgendo un ruolo importante nel promuovere la consapevolezza sui rischi legati al caldo estremo e nel negoziare accordi per migliorare le condizioni di lavoro. Ad esempio, a Genova, è stato siglato un accordo tra le parti sociali per la prevenzione e protezione dai rischi legati alle condizioni microclimatiche nei luoghi di lavoro, con particolare attenzione ai lavoratori del porto.  

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About Author / Lorenzo Marinone

Scrive per Rinnovabili dal 2016 ed è responsabile della sezione Clima & Ambiente. Si occupa in particolare di politiche per la transizione ecologica a livello nazionale, europeo e internazionale e di scienza del clima. Segue anche i temi legati allo sviluppo della mobilità sostenibile. In precedenza si è occupato di questi temi anche per altri siti online e riviste italiane.