Rinnovabili • riparazione abiti

Primark: contro la fast fashion, nuove iniziative su durata e riparazione abiti

Dall'adesione a Texitels 2030 per stabilire uno standard di durabilità dei capi ad una rete di laboratori di riparazione degli abiti in tutta Europa: gli impegni dell'azienda irlandese per una moda più sostenibile

riparazione abiti
Foto di J Williams su Unsplash

Le iniziative Primark su riparazione e durata degli abiti

(Rinnovabili.it) – Il percorso verso la moda sostenibile arriva tra gli scaffali di Primark, che ha lanciato una serie di iniziative e collaborazioni dedicate alla riparazione e all’estensione della durata degli abiti. “Crediamo fermamente – ha commentato Lynne Walker, direttrice di Primark Cares – che una moda più sostenibile debba essere accessibile a tutti e, qualunque sia il tuo budget, dovresti essere in grado di credere che i vestiti che stai acquistando soddisfino un certo standard e possano andare lontano. Questo non è mai stato così importante per i nostri clienti”.

Tra i progetti c’è l’adesione del marchio irlandese a Texitels 2030, iniziativa lanciata dalla ong WRAP per individuare uno standard di durata per il settore dell’abbigliamento. Ma Primark sta lavorando anche con Hubbub e l’Università di Leeds, con le quali conduce una ricerca accademica sul rapporto tra prezzo e durata dei capi in relazione alle abitudini dei consumatori. L’obiettivo immediato è il lancio di una serie di laboratori di riparazione degli abiti gratuiti in tutte le sedi europee della catena, insieme a una piattaforma digitale sulla riparazione: in particolare per questa iniziativa il pilota di 12 mesi è stato registrato da Primark come un grande successo. 

Trovare uno standard di durata per il settore dell’abbigliamento

Il primo obiettivo della nuova strategie per la moda sostenibile di Primark è contribuire a individuare uno standard – al momento non esiste – ufficiale e riconosciuto per la durata dei capi, uno strumento di tutela dei consumatori volto a garantire una durata minima di quanto acquistato, a prescindere dai costi finali. Il marchio, per parte sua, si è impegnato ad allungare la durata delle proprie linee di abbigliamento entro il 2025, anche grazie alla collaborazione con WRAP e la firma dell’iniziativa Textiles 2030, un accordo tra imprese tessili per  la creazione di uno standard uniforme. 

Dopo la firma dell’accordo, grazie al protocollo WRAP sulla longevità dell’abbigliamento, la catena ha sviluppato un nuovo standard di lavaggio a lunga durata e iniziato una sperimentazione sul proprio denim che, nel 60% dei casi, ha superato il protocollo. La fase pilota, al momento, è stata estesa a calze e jersey per tutte le linee di abbigliamento. 

leggi anche Riciclo abiti usati: Electrolux e Rave Review creano una collezione dagli scarti

Quali comportamenti dei consumatori incidono sulla durata degli abiti? 

Un altro fronte di impegno è quello della collaborazione con gli esperti di cambiamento ambientale e comportamentale di Hubbub, con i quali Primark ha commissionato all’Università Leeds School of Design una serie di ricerche indipendenti per verificare la resistenza fisica di diversi capi di abbigliamento di diverse fasce di prezzo. Il percorso di Hubbub sarà dedicato anche a effettuare ricerche sulle abitudini di consumo e lavaggio per comprendere cosa incide sui comportamenti dei consumatori. 

La vera innovazione, però, sulla quale il marchio vuole concentrarsi è dare strumenti per la riparazione degli abiti. Nel corso del 2022 Primark ha lanciato un pilota con 43 officine distribuite tra Regno Unito e Repubblica d’Irlanda e adesso è intenzionato a estendere la sperimentazione sul tutto il mercato europeo. Il progetto prevede una vera e propria formazione alla riparazione degli abiti, con sessioni condotte da Lorraine Mitchell, designer e docente di moda, e Janina Gruber. 

leggi anche Contro l’usa e getta Patagonia e Makers Unite aprono un centro di riparazione vestiti

La formazione è estesa a tutti i follower del marchio attraverso un centro servizi online dove sono disponibili in archivio video tutorial sulla riparazione degli abiti, i cui contenuti saranno diffusi sui social network di Primark. “Vogliamo vedere l’introduzione di uno standard di durata in tutto il settore della moda – ha dichiarato Catherine David – e vogliamo capire di più sui comportamenti e gli atteggiamenti che hanno un impatto come tutti noi indossare e la cura per i nostri vestiti. Sappiamo che molti abiti che vengono scartati possono ancora avere un sacco di utilizzo ed è per questo che vogliamo aiutare le persone a imparare nuove abilità di riparazione per essere in grado di cucire, fissare un bottone o anche personalizzare un capo di abbigliamento e dargli una nuova prospettiva di vita”.

About Author / La Redazione

Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.