Una nuova tecnica per batterie allo zinco-iodio consente di ottenere catodi con prestazioni superiori a quelle delle batterie agli ioni di litio

Sono intrinsecamente sicure, economiche da produrre e rispettose dell’ambiente. Sulla carta, le batterie zinco-iodio possiedono tutte le caratteristiche per essere il candidato perfetto all’accumulo di nuova generazione.
L’altro lato della medaglia? Per gli elettrodi di queste ricaricabili manca ancora oggi un metodo di fabbricazione scalabile e stabile.
In aiuto arriva oggi un nuovo studio dell‘Università di Adelaide, in Australia. Qui un gruppo di ingegneri chimici, in collaborazione con alcuni colleghi della Kent State University (USA), ha sviluppato un nuovo elettrodo a secco per batterie acquose dalle elevate prestazioni. Così elevate da poter garantire una capacità areale di 15,8 mAh/cm². E da poterla mantenere all’88,6% del valore iniziale dopo 750 cicli di carica e scarica.
Come funzionano le batterie zinco-iodio
Le batterie zinco-iodio sono batterie ricaricabili in cui lo iodio (I2) funge da fonte delle specie attive. Le celle funzionano in base alla reazione di conversione chimica dello iodio al catodo e alla reazione di deposizione/stripping all’anodo di zinco (Zn). Nello specifico, durante il processo di scarica, l’I2 riceve elettroni e si riduce a I−, mentre lo Zn perde elettroni e si ossida a Zn2+.
Questa tecnologia offre diversi vantaggi al settore dell’accumulo, a partire dall’abbondanza dello zinco e dalla non infiammabilità dell’elettrolita. Il punto forte è ovviamente l’elevata capacità teorica (ossia 820 mAh/g – 5.855 mAh/cm3), unitamente al basso potenziale di elettrodo (−0,76 V rispetto all’elettrodo a idrogeno standard) e alla stabilità all’aria dello zinco.
Tutte queste caratteristiche, negli ultimi anni, hanno portato a un vistoso aumento delle ricerche di settore. Peccato che sia molto difficile trovare il giusto catodo per le batterie zinco-iodio.
Il problema non è solo nel materiale, ma anche nella tecnica di lavorazione. Il tradizionale processo a umido porta, infatti, a sublimazione dello iodio, basso carico di materiale attivo, scarsa densità di compattazione degli elettrodi e significativi effetti shuttle di poliioduro. Tutti fattori che limitano la densità energetica e la praticità di questi sistemi.
Nuovo approccio alla produzione degli elettrodi
“Abbiamo sviluppato una nuova tecnica per gli elettrodi per batterie allo zinco-iodio che evita la tradizionale miscelazione a umido dello iodio“, ha affermato il professor Shizhang Qiao dell’Università di Adelaide, che ha guidato il team. “Abbiamo miscelato i materiali attivi come polveri secche e li abbiamo arrotolati in elettrodi spessi e autoportanti. Allo stesso tempo, abbiamo aggiunto all’elettrolita una piccola quantità di una sostanza chimica semplice, chiamata 1,3,5-triossano, che si trasforma in una pellicola protettiva flessibile sulla superficie dello zinco durante la carica”.
Questo film risulta essenziale per il risultato finale. Il suo compito è infatti quello di impedire allo zinco di formare dendriti (strutture aghiformi ramificate) sulla superficie dell’anodo durante il processo di carica e scarica. L’approccio ha permesso di realizzare catodi in iodio ad alto carico di massa, ossia 100 mg di materiale attivo per cm2. Gli effetti sulle prestazioni sono stati immediatamente evidenti, raggiungendo una capacità di 15,8 mAh/cm2.
“Dopo aver caricato le celle a sacchetto che utilizzavano i nuovi elettrodi, queste hanno mantenuto l’88,6% della loro capacità dopo 750 cicli, mentre le celle a bottone hanno mantenuto quasi il 99,8% della capacità dopo 500 cicli”, ha affermato Han Wu, ricercatore associato presso la Facoltà di Ingegneria Chimica dell’Università di Adelaide.
I risultati appaiono sulla rivista Joule.