Sbloccare le concessioni idroelettriche e modernizzare gli impianti può generare 16.500 posti di lavoro e 3,2 miliardi l’anno di ricadute economiche.

Per far crescere l’idroelettrico in Italia bisogna sbloccare le concessioni
L’idroelettrico in Italia resta un pilastro della transizione energetica, ma servono politiche mirate per rilanciarne gli investimenti e scongiurare un calo produttivo del 30% entro il 2040. È quanto ha affermato l’economista Alessandro Marangoni, ceo di Althesys (Teha Group), Aquawatt 2025, la mostra-convegno sull’energia idroelettrica in corso a Piacenza Expo.
Marangoni ha ricordato che la modernizzazione del parco impianti potrebbe valere 15 miliardi di euro in dieci anni, con ricadute economiche annuali da 3,2 miliardi e la creazione di 16.500 posti di lavoro. Ma tutto dipende dal superamento dell’attuale blocco delle concessioni, che rallenta nuovi progetti e manutenzioni.
Un patrimonio da 50 miliardi da tutelare e rinnovare
Secondo lo studio “Energia dall’acqua, forza e sicurezza del Paese”, presentato dal Gruppo Teha lo scorso settembre, il valore complessivo del parco idroelettrico nazionale è stimato tra 35 e 50 miliardi di euro. Oggi in Italia sono attivi 4.907 impianti, con una potenza efficiente lorda di 19,6 GW.
Nel 2024 il comparto ha fornito il 19% della capacità elettrica totale e circa il 40% della produzione rinnovabile. Tuttavia, l’età media degli impianti supera gli 80 anni e oltre la metà delle centrali risale a prima del 1960. Senza interventi di rinnovamento, la producibilità rischia di ridursi ulteriormente: da 3.200 ore di produzione annue nel 2000 si è scesi a 2.000-2.500 ore.
Il nodo delle concessioni: l’86% delle grandi derivazioni è in scadenza
Il vero ostacolo al rilancio del settore resta la gestione delle concessioni idroelettriche. L’86% delle grandi derivazioni è già scaduto o scadrà entro il 2029, creando incertezza tra gli operatori e ritardi negli investimenti. Marangoni parla di una “anomalia tutta italiana” rispetto al resto d’Europa, dove manca reciprocità nella regolazione e nelle gare di rinnovo. “Sbloccare le concessioni significa garantire il rientro degli investimenti già realizzati e allineare la durata delle nuove autorizzazioni ai tempi tecnici dei progetti”, ha sottolineato l’economista. Una revisione normativa del Decreto Legislativo 79/1999 appare oggi imprescindibile per dare certezza agli operatori.
L’idroelettrico in Italia oggi garantisce la stabilità della rete
Oltre al suo peso economico, l’idroelettrico in Italia rappresenta un pilastro della sicurezza energetica nazionale. Gli impianti di accumulo e pompaggio contribuiscono alla stabilità della rete, favorendo l’integrazione delle altre fonti rinnovabili. In teoria, la produzione idrica consente un risparmio fino a 3 miliardi di euro rispetto al gas, riducendo la dipendenza dalle importazioni. Secondo Althesys, investire nella rigenerazione del parco impianti permetterebbe un aumento medio di producibilità tra il 10% e il 20%, rafforzando l’autonomia energetica del Paese e il raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNIEC e dalla Direttiva RED III.
Investimenti nel settore idroelettrico per preservare l’ambiente
Gli investimenti nel settore idroelettrico non riguardano solo l’efficienza, ma anche la sostenibilità ambientale. Negli ultimi vent’anni la capacità di invaso dei bacini è diminuita a causa dell’interrimento, della concorrenza con l’agricoltura e delle restrizioni sugli interventi di dragaggio. Per Marangoni, serve “una visione di lungo periodo capace di conciliare la tutela ambientale con il valore energetico e sociale dell’acqua”. Il rapporto Teha suggerisce di promuovere un piano nazionale di ammodernamento in sinergia con le autorità di bacino, per recuperare capacità utile e migliorare la gestione idrica in vista dei cambiamenti climatici.
L’Italia rischia di perdere il 30% di una risorsa strategica per la transizione
L’idroelettrico in Italia resta la spina dorsale del sistema rinnovabile, un asset da valorizzare con riforme stabili e incentivi mirati. Il settore può contribuire in modo decisivo alla produzione di energia rinnovabile, sostenendo la decarbonizzazione e la competitività industriale. Lo scenario “no-action” delineato da Althesys – con un calo del 30% della produzione entro il 2040 – mostra la posta in gioco: o si interviene ora, o il Paese rischia di perdere una delle sue risorse più preziose.












