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Solare batte nucleare: meno ritardi, meno costi, più affidabilità

Una ricerca condotta dal Boston University Institute for Global Sustainability confronta costi e ritardi di costruzione nei progetti energetici globali: il fotovoltaico supera nucleare, idrogeno e CCS per affidabilità economica e temporale.

Solare batte nucleare: meno ritardi, meno costi, più affidabilità
via depositphotos.com

di Alessandro Petrone

Entro il 2050, si prevede che oltre 100mila miliardi di dollari saranno investiti nella realizzazione di infrastrutture energetiche a emissioni zero. Tuttavia, un nuovo studio pubblicato su Energy Research & Social Science evidenzia come una quota significativa di questi progetti sia soggetta a consistenti sforamenti nei costi e nei tempi di costruzione. Condotta dal Boston University Institute for Global Sustainability (IGS), la ricerca ha esaminato 662 progetti realizzati tra il 1936 e il 2024 in 83 Paesi, per un valore complessivo di 1.358 miliardi di dollari.

Nucleare e idrogeno: costi e tempi fuori controllo

L’analisi comparativa rivela che, in media, un progetto energetico globale costa il 40% in più del previsto e richiede quasi due anni aggiuntivi rispetto alle stime iniziali. Le infrastrutture energetiche nucleari risultano le più soggette a deviazioni: gli impianti analizzati hanno registrato un aumento medio dei costi del 102,5%, pari a 1,56 miliardi di dollari, con ritardi estremi nella consegna.

Questo, mentre il dibattito in Italia sulla possibile costruzione di nuovi impianti nucleari sul territorio nazionale non si ferma. Intervenuto a margine del Festival delle Regioni di Venezia, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha però escluso ipotesi immediate di nuovi grandi impianti: “È un discorso che in questo momento non ha alcun senso. Stiamo lavorando per fornire all’Italia un quadro giuridico: quando saranno disponibili i mini-reattori. Chi dovrà decidere sarà nelle condizioni di fare valutazioni su sicurezza, emissioni e convenienza economica. Io non vedo più grandi centrali”.

Anche tecnologie emergenti – come idrogeno e cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) – evidenziano alti livelli di rischio, con performance analoghe alle centrali termoelettriche a gas. “Questi risultati sollevano un legittimo allarme sulla reale possibilità di costruire in tempi utili un’economia dell’idrogeno”, afferma Benjamin Sovacool, direttore dell’IGS e primo autore dello studio.

Infrastrutture energetiche modulari: meno rischio, più efficienza

Lo studio suggerisce che la scala progettuale giochi un ruolo cruciale. Le infrastrutture energetiche con capacità superiore a 1.561 MW mostrano un rischio significativamente maggiore di sforamento. “Le diseconomie di scala sono emerse come fattore determinante nella perdita di controllo dei costi”, spiega Hanee Ryu, coautrice dello studio. Questo porta a una rivalutazione dei progetti modulari, di scala inferiore, come potenzialmente più efficaci per garantire sostenibilità economica e maggiore affidabilità.

Solare ed eolico guidano la transizione con minori incognite

A fronte delle criticità riscontrate nelle tecnologie complesse e nei grandi impianti, il fotovoltaico e i progetti per le reti di trasmissione ad alta tensione si distinguono per una migliore tenuta economica e gestionale. In molti casi, vengono completati in anticipo o con costi inferiori alle previsioni. Anche l’eolico registra buoni risultati nella valutazione del rischio. “Oltre ai benefici ambientali e alla sicurezza energetica, queste fonti offrono vantaggi economici significativi, con minore esposizione a ritardi e sorprese di budget”, sottolinea Sovacool.

A questo link è possibile consultare i dettagli dello studio.

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