Partendo dall’urina umana, l'Università di Stoccarda è riuscita a produrre biocalcestruzzo ad alta resistenza paragonabile al cls tradizionale


Se non cambiamo passo, le emissioni derivate dalla produzione del cemento potranno solo crescere nei prossimi decenni, portando quello oggi è considerato il 4° inquinatore mondiale,
a superare le emissioni complessive di tutto il trasporto globale su strada.
La strada verso la decarbonizzazione del comparto edilizio passa inevitabilmente dalla produzione di cementi sempre più green e biocalcestruzzi a ridotto impatto ambientale.
Si inserisce in questo contesto l’ultima ricerca dell’Università di Stoccarda che è riuscita a produrre un particolare calcestruzzo sostenibile utilizzando i processi microbici dell’urina.
Abbattere le emissioni del cemento con alternative ecosostenibili
Ogni anno circa 4 tonnellate di cemento vengono trasformate ed utilizzate a livello globale per produrre calcestruzzo. Il processo di cottura ad oltre 1.450°C è la componente più energivora ed emissiva della produzione. Ma un team composto da tre differenti istituti di ricerca dell’Università di Stoccarda è riuscito ad eliminare questo passaggio ottenendo a tutti gli effetti un biocalcestruzzo a basse emissioni.
L’ingrediente di base necessario a questa trasformazione è certamente uno degli elementi più comuni e sottovalutati esistenti: l’urina umana.
Grazie ad un finanziamento da parte del Ministero della Scienza, della Ricerca e delle Arti del Baden-Württemberg, i ricercatori hanno testato con successo il loro metodo in uno studio di fattibilità che ha dimostrato una elevata resistenza alla compressione del biocalcestruzzo, ponendosi come valido sostituto delle tradizionale arenaria e, in alcuni casi, del calcestruzzo cementizio.
Come produrre biocalcestruzzo dall’urina
“Il bio-calcestruzzo viene prodotto attraverso la biomineralizzazione. Si tratta di un processo biotecnologico in cui gli organismi viventi producono materiale inorganico attraverso reazioni chimiche”, spiega Maiia Smirnova, ricercatrice associata presso ILEK (Istituto di Strutture Leggere e Progettazione Concettuale).
Il processo di produzione del biocalcestruzzo con urina prevede di mescolare una polvere contenente batteri con la sabbia. La miscela viene quindi messa in stampi e successivamente irrorata per tre giorni con urina arricchita di calcio.
La scomposizione dell’urea da parte dei batteri, combinata con l’aggiunta di calcio all’urina, provoca la crescita di cristalli di carbonato di calcio. Questo solidifica la miscela di sabbia in bio-calcestruzzo. Al termine del processo, si produce un solido chimicamente simile all’arenaria calcarea naturale. A seconda dello stampo, gli elementi possono essere creati in varie forme e dimensioni, con una profondità massima attuale di 15 centimetri.
Resistenza a compressione simile ai cls tradizionali
I primi campioni di biocalestruzzo prodotto, hanno mostrato ottime prestazioni in termini di resistenza a compressione a seconda della tipologia di urina utilizzata.
Sfruttando “urea tecnica” prodotta in laboratorio, il team ha raggiunto una resistenza alla compressione di oltre 50 megapascal, superiore alla resistenza dei materiali da costruzione precedentemente disponibili prodotti tramite biomineralizzazione.
Sfruttando invece urea prodotta a partire da urina artificiale, è stata raggiunta una resistenza alla compressione di 20 megapascal. Infine, utilizzando urina umana reale, il valore è risultato di 5 megapascal, un valore inferiore dovuto alla perdita di attività dei batteri nel corso del periodo di biomineralizzazione di tre giorni.
Secondo il team di ricerca, il bio calcestruzzo ha il potenziale per essere migliorato fino a raggiungere una resistenza da 30 a 40 megapascal, sufficiente per costruire edifici da due a tre piani.
Verso un’edilizia circolare che ricicla i rifiuti
Lo studio condotto dall’Università di Stoccarda è inoltre parte integrante di “SimBioZe” finanziato dal Ministero della Scienza, della Ricerca e delle Arti del Baden-Württemberg. Questo progetto prevede il riutilizzo dei prodotti di scarto o rifiuti per la produzione di materiali edilizi ecocompatibili o componenti per l’agricoltura. Lo studio ha testato la possibilità di recuperare l’urea dalle acque reflue di luoghi ad alto flusso di persone, come aeroporti o stazioni, per utilizzarla come materia prima per la produzione di bio-calcestruzzo. Allo stesso tempo, questo processo potrebbe recuperare sostanze secondarie preziose dalle acque reflue per produrre fertilizzanti per l’agricoltura. “Producendo due prodotti contemporaneamente, aumentiamo i benefici ambientali”, afferma Smirnova.
Lo studio “High strength bio-concrete for the production of building components” è stato pubblicato sulla rivista npj Materials Sustainability .