Superbonus, finito i fondi: c’è il rischio di doverli restituire?

Lo spazio fiscale delle banche è esaurito e il Superbonus ha finito i fondi a disposizione trovandosi già in debito di 400 mln. Il rischio peggiore è di dover restituire al Fisco i soldi incassati per lavori mai terminati.

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La prima a chiudere ai crediti è Intesa, che tornerà operativa solo se cambia il contesto normativo

(Rinnovabili.it) – Quello che si temeva alla fine è successo. Secondo l’Ufficio parlamentare di Bilancio il Superbonus ha finito i fondi. Dei 33,3 mld stanziati fino al 2027, sono già stati “prenotati” 33,7, come si legge dai report Enea. E se si aggiungono le risorse stanziate dagli altri bonus la cifra sale di 6 mld.

Recuperare il gap potrebbe voler dire aumentare la tassazione o ricorrere alla scostamento di bilancio. “Non posso pensare a un aumento di altre forme di tassazione”, commenta il Ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, in occasione dell’assemblea di Confcommercio le cui parole riporta il Corriere. “Con i provvedimenti presi finora siamo riusciti a non intaccare il bilancio, ma guardando avanti bisogna pensare a razionalizzare la spesa: i bonus hanno svolto un ruolo meritorio ma meriterebbero una razionalizzazione”.

E le banche tornano a bloccare l’acquisto di crediti

Il fatto è che c’è ancora tempo per avviare nuovi lavori. Ma se il Superbonus ha finito i fondi già ora, il rischio è che coloro che non riusciranno a terminare i lavori, ma hanno già incassato una parte dell’incentivo, si trovino alla fine nella condizione di doverlo restituire al Fisco, con tanto di sanzioni.

Purtroppo l’allarme scattato in questi giorni ha fatto tirare i remi in barca a molti istituti bancari, che hanno iniziato ad avvisare i proprio clienti che non avrebbero più accettato sconti in fattura dei lavori connessi al Superbonus. La prima ad annunciare il blocco dell’acquisto di crediti è stata Banca Intesa, “l’elevato flusso delle richieste pervenute, ha purtroppo comportato l’esaurimento della nostra possibilità di compensare tali crediti”. Questo perchè la norma di legge impone a tutti gli operatori del mercato un “vincolo di compensazione” che li obbliga a non superare con i crediti fiscali, il livello di imposte e contributi versati dalla banca stessa”.

Questa situazione ricalca quella di pochi mesi fa quando a chiudere il “rubinetto” degli acquisti di crediti erano state anche Unicredit e Poste Italiane.

Se il Superbonus ha finito i fondi il rischio è doppio

Ora cosa accadrà ai cantieri? La risposta è duplice. Se nel contratto con l’impresa è stata inserita la clausola che vincola l’inizio del cantiere all’acquisto da parte della banca dei crediti, il problema è minore. Il cantiere non partirà proprio non avendo l’ok della banca. Ma se questa clausola non compare nel contratto e i lavori vengono avviati comunque, trovandosi poi senza la disponibilità della banca, il rischio è ben più alto. Parliamo di cantieri interrotti a metà riversando tutte le spese non saldate sulle spalle dei cittadini e condòmini.

E’ di pochi giorni fa l’allarme lanciato da CNA sul rischio fallimento di oltre 30mila imprese a causa di cassetti fiscali pieni di sconti in fattura, ma ancora non liquidati.

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La richiesta degli istituti finanziari e di molti operatori del settore, tra i quali i general contractor, è quella di rifinanziare il superbonus. Tra le proposte più discusse c’è senza dubbio quella di un periodo transitorio, ipotizzato a dicembre 2022, in cui le banche possano acquistare crediti con la possibilità di compensarli però nei successivi 10 anni o convertirli in Buoni del Tesoro poliennali.

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