L'Energy release? Bene tutto quello che spinge le fonti pulite ma i PPA sono meglio. Intervista alla responsabile Energia del Partito democratico.

“Trasparenza per contrastare le speculazioni e anche per capire come difendere cittadini e imprese dalle speculazioni, poi sicuramente accelerare sulla decarbonizzazione, anche con la proposta sui PPA. Trasparenza e rinnovabili, e rinnovabili subito, perché aspettare il nucleare che peraltro costa di più?”. Annalisa Corrado, europarlamentare del Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo, responsabile Energia del Partito democratico, sintetizza così le prime due ricette per affrontare i problemi del sistema energetico italiano, stretto tra bollette troppo care che danneggiano la competitività e target europei e climatici da rispettare. Laurea in ingegneria meccanica, dottorato in energetica alla Sapienza di Roma, ambientalista e “una donna in corriera”, ironizza, visto che Rinnovabili la raggiunge mentre è sul bus che la porta verso Strasburgo, all’Europarlamento.
Dall’Ue è atteso ‘a giorni o a ore’, l’ok all’energy release, e nell’Ue l’Italia nel frattempo ha aderito all’Alleanza nucleare. Dall’Europa, qual è l’immagine del panorama energetico italiano?
“Fa un po’ ridere, siamo l’unico dei Paesi che non ha interessi diretti già attivati nel mondo dell’energia nucleare, e parliamo di cose che comunque inizieranno, inizierebbero, fra 15 anni a dare qualche frutto. Con le aziende alla canna del gas – è proprio il caso di dirlo – è abbastanza ridicolo, è fumo negli occhi. Le aziende hanno bisogno di salvezza domani, non fra 15 anni. Nel frattempo prendiamo schiaffi dalla Commissione che dice che siamo troppo indietro con il PNIEC e che le leggi fatte in seguito sono contradditorie”.
Quale è il principale problema del PNIEC?
“È stato oggetto della mia prima interrogazione parlamentare. Il PNIEC è già molto debole, non uno strumento strategico e concreto, come avrebbe dovuto essere. Ma poi le riforme che sono arrivate in seguito si sono rivelate contradditorie e non utili ai pur deboli obiettivi del piano. Le Aree idonee sono un pasticcio colossale, adesso lo dice anche il Tar, un pasticcio che ci ha fatto perdere anni. Poi il dl Agricoltura mette l’una contro l’altra delle istanze che invece dovrebbero essere conciliabili, come la produzione agricola di qualità ed energia pulita. Sul FER X, dopo un inaccettabile stallo, sono riusciti a partorire un ‘ topolino transitorio’ e non c’è nemmeno l’eolico offshore”.
Quali sono state le vostre posizioni?
“Noi abbiamo fatto richieste precise, anche nel decreto Bollette, ad esempio quella di ridare poteri ad AU almeno per i vulnerabili, avevano proposto che i contratti principali fossero con i PPA. Quella parte l’hanno tolta, mentre per noi è importante che ci sia, sia esplicitata e sia agevolata. In realtà, già alla fine del 2023, avevamo chiesto di non smantellare il mercato tutelato poiché quello libero in Italia e nei fatti un oligopolio privo di reale concorrenza. Ci hanno presi per pazzi, ma adesso ARERA stessa ammette che avevamo ragione.”.
Niente di buono insomma.
“Si sta sbagliando tutto, a partire dal livello di visione e strategia, puntando sempre su questo hub del gas, perché alla fine è sempre questo, e buttando la palla in tribuna con la faccenda del nucleare. Però gas e nucleare sono i due modi che abbiamo per produrre energia al costo più alto. Bisogna capire dove pensano di prendere i soldi, visto che nessun privato si metterebbe a costruire una centrale. Se li tolgono dal Ponte sullo Stretto sarei anche contenta, ma non mi pare ce ne siano. Mi pare davvero fumo negli occhi”.
Intanto però aspettiamo l’Energy release.
“Per me la Commissione fa bene a guardarci dentro. Innanzitutto poteva essere opportuno discuterlo prima, perché si dà sempre la colpa all’Europa ma a fare le cose bene prima si risparmia tempo. Poi, posto che ogni strumento preposto a promuovere la penetrazione delle rinnovabili è certamente positivo, resta il dubbio che stiamo irrigidendo dei prezzi che stanno scendendo. Il PPA puro abbassa le bollette per tutti e le abbassa velocemente per le imprese, per tutte le imprese, non solo per quelle che possono accedere all’energy release”.
E invece…
“Questo è l’ennesimo strumento che si applica alle energivore ma si paga sulle bollette delle PMI e dei cittadini. Bene più rinnovabili, non dirò certo di no, ma se non si aggrediscono le speculazioni e si continua a prendere soldi dagli oneri di sistema non va bene. Si deve fare attenzione agli strumenti, perché quando si va a restituire l’energia ci possono essere dei differenziali di prezzo importanti. Trattandosi di soldi pubblici si deve fare attenzione. Intanto il PUN è il triplo o quadruplo del TTF mentre in un Paese normale è il doppio”.
Qualcosa il governo ha provato a farla…
“Sì, ma con stop and go, interruzioni, scarsissimi risultati, ma soprattutto se non metti mano alle autorizzazioni e alle leggi che servono per diffondere le rinnovabili, in modo rapido e ordinato, si rischia l’ennesimo buco nell’acqua.. Un altro problema di Energy release e strumenti simili, è che quand’anche se qualcuno riuscisse a fare dei PPA a 40-45 euro a MWh, chi glielo fa fare a un’azienda di fare un PPA quando con l’Energy release è a 65 euro/MWh.
Bisogna capire nella complessità del sistema se una misura messa in campo per aiutare un singolo settore, che giustamente va aiutato, non rischia di affossare gli altri. Noi avevamo chiesto garanzie di stato per i PPA, perché c’è sempre un rischio. Un’azienda non se la sente di fare un contratto di 10 anni col take or pay, cosi come chi deve fare il business plan di un PPA se non ha un acquirente sicuro non lo fa. Se lo Stato fornisce garanzie garantendo a chi fa l’impianto rinnovabile che se l’energia non la compra un’azienda la compra il pubblico è un’altra storia. Con garanzie ambo i lati, il resto va da solo e i prezzi si abbassano”.
Oltre al tema della produzione di energia c’è anche quello del consumo. Il parco edilizio italiano è vecchio e sprecone, e gli italiani sono in larga parte, circa 8 su 10, proprietari. Su questa situazione arriva la direttiva EPBD per l’efficientamento energetico degli edifici. Si rischia un impatto su proprietari di case spesso non in grado di far fronte?
“Il problema abitativo è molto serio, gli stipendi sono fermi, il potere d’acquisto è sceso drammaticamente. Il problema della povertà è crescente e c’è anche un problema di povertà energetica. Le bollette sono impazzite e non si riesce a sbloccare la situazione, non si investe nell’efficientamento se non si hanno soldi per le bollette. Dunque si devono mettere in campo strumenti imparando la lezione del Superbonus, ora demonizzato ma non era una cattiva idea, è che non è stato applicato correttamente, dando priorità a chi non aveva mezzi per operare l’investimento da solo. È successo il contrario, ma quel tipo di strumento fondato sulla cessione del credito, la fiscalità e sul bonus se ben regolato funziona, non va buttato”.
Altro tema caro al governo italiano, in contrasto con le linee Ue, è quello dei motori endotermici e del ricorso ai biocarburanti anziché alla mobilità elettrica.
“Siamo sempre sull’ideologico spinto. Danno sempre a noi degli ideologici ma in realtà chi propone analisi ideologiche della realtà sono loro. Di conseguenza le soluzioni non possono che essere sbagliate. Intanto sta arrivando l’auto elettrica cinese da diecimila euro, dazi compresi, e a quel punto non c’è n’è più per nessuno. Nei fatti qui si racconta di una competizione tecnologica fra varie soluzioni, ma non è vero. La competizione è stata già vinta, quindi prima ne prendiamo atto e ci attrezziamo di conseguenza per affrontare la transizione con gli investimenti necessari e aiutando le industrie o stiamo raccontando frottole. Non è che le endotermiche si venderanno perché spostiamo i target, quelle che l’Europa pensava di vendere sui mercati esteri le ha vendute la Cina, che esporta al 70% auto endotermiche saturando mercati su cui puntavano le case europee”.
E allora, cosa ne sarà dell’auto europea?
“Se non andiamo sulla tecnologia che ha vinto la competizione internazionale e non ci inseriamo quel che è di alta tecnologia, intermodalità con altre filiere come gli accumuli, gli altri mezzi elettrici, anche e soprattutto quelli di trasporto collettivo, andiamo a finire male”.
E i biocombustibili?
“Non ho assolutamente nulla in contrario con i biocombustibili, sono un’ingegnera, le tecnologie si valutano tutte e tutte devono avere senso, va verificato il loro senso complessivo. Ecco, i numeri dei biocombustibili ci dicono che sono pochi e se andiamo a vedere le quantità potenziali sono basse, non sono sufficienti. Dunque, se li usi per settori che sono facilmente elettrificabili gli sprechi. Se invece guardiamo quelli non elettrificabili come aerei e navi, dove non c’è una soluzione più semplice, possono essere interessati dai biofuel. È lo stesso discorso dell’idrogeno: cose costose o limitate nei quantitativi che vanno destinate a settori per i quali non c’è una soluzione più semplice”.
Insomma, ci si dovrebbe concentrare…
“Non si possono tenere in piedi più filiere tecnologiche e più infrastrutture, se l’endotermico non ci sarà più è inutile tentare di tenerlo in piedi con i biocombustibili. È una questione di prospettive”.
Un approccio tecnologicamente neutrale, come quello che viene sostenuto dal governo.
“La neutralità tecnologica è un concetto molto importante ma si fa a inizio e non alla fine della partita. Se per la neutralità tecnologica fai tutto e il contrario di tutto, non aiuti le aziende che devono fare gli investimenti, perché questo crea incertezza sul futuro, e le aziende tutto vogliono tranne l’incertezza. Se abbiamo preso una strada ci vanno messi i soldi perché sia percorribile, non metterla in discussione”.