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Tassazione energetica in Italia: i sussidi fossili nascosti che frenano la transizione

In Italia l’elettricità paga fino a tre volte più oneri del gas. ECCO propone una riforma fiscale per allineare tasse ed emissioni e accelerare la decarbonizzazione.

Tassazione energetica in Italia, ECCO: stop ai sussidi fossili.
Tassazione energetica in Italia, ECCO: stop ai sussidi fossili – Immagine realizzata con IA

Il nostro sistema fiscale penalizza l’elettricità e rallenta la transizione

La tassazione energetica in Italia è oggi uno degli ostacoli principali alla transizione verso un’economia decarbonizzata. Secondo il nuovo studio pubblicato da ECCO – il think tank italiano per il clima – l’attuale sistema di imposte e oneri sull’energia non solo grava in misura sproporzionata sull’elettricità, ma costituisce anche un vero e proprio sussidio implicito ai combustibili fossili, che vale oltre 25 miliardi di euro all’anno.

L’analisi evidenzia come un utente domestico tipo paghi tre volte più tasse e oneri sull’elettricità che sul gas, mentre chi ricarica un’auto elettrica sostiene un peso fiscale e parafiscale fino al 75% superiore rispetto a chi fa rifornimento di diesel o benzina. Una disparità che frena la diffusione delle tecnologie pulite distorce i segnali di prezzo e ostacola la competitività industriale.

La tassazione energetica in Italia e i sussidi ai combustibili fossili

Lo studio di ECCO mostra che il carico complessivo tra imposte, accise, IVA e oneri di sistema incide in maniera sproporzionata sui consumatori elettrici. A livello domestico, ogni chilowattora di elettricità è gravato da 0,098 €/kWh di tasse e oneri, contro 0,029 €/kWh del gas. Anche nei settori industriale, agricolo e commerciale il divario resta elevato: 0,086 €/kWh sull’elettricità contro 0,0127 €/kWh sul gas.

Queste differenze creano un sussidio ambientalmente dannoso implicito che, secondo ECCO, vale oltre 25 miliardi di euro, di cui 6,8 miliardi derivanti da oneri parafiscali più leggeri sul gas domestico e 15 miliardi nel comparto industriale. Si tratta di cifre molto superiori ai 24 miliardi di sussidi dannosi dichiarati ufficialmente dal catalogo del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE).

Il risultato è un sistema che penalizza le famiglie e le imprese che scelgono tecnologie pulite. L’elettricità, che oggi è il vettore energetico più decarbonizzato, resta fiscalmente più costosa dei combustibili fossili, in aperto contrasto con il principio “chi inquina paga”.

L’elettricità paga il prezzo della decarbonizzazione

La causa principale di questo squilibrio risiede nella struttura stessa della fiscalità energetica italiana. Gli oneri di sistema, introdotti per finanziare le politiche ambientali, sociali e industriali, gravano quasi esclusivamente sull’elettricità. L’82% di tali oneri serve a coprire gli incentivi pubblici alle rinnovabili, con il risultato che l’intero costo della transizione è sostenuto dal vettore elettrico, mentre gas e carburanti restano relativamente esenti.

Secondo ECCO, si tratta di un’errata applicazione del principio cost-reflective, che avrebbe dovuto ripartire i costi pubblici tra tutti i vettori energetici. “Gli investimenti nelle fonti rinnovabili non migliorano solo il sistema elettrico, ma l’intero sistema energetico nazionale”, si legge nello studio. Per questo motivo, i costi dovrebbero essere distribuiti su tutti i vettori o trasferiti alla fiscalità generale.

La situazione è aggravata dal funzionamento del mercato elettrico, in cui il prezzo all’ingrosso è determinato ancora dal gas naturale, con il risultato che anche l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili risente del prezzo del combustibile fossile.

La riforma della tassazione energetica in Italia secondo ECCO

Il think tank propone una riforma fiscale energetica articolata su più livelli.

Primo: allineare la tassazione dei vettori al loro contenuto energetico e alle emissioni di CO₂, come previsto dalla proposta di revisione della Direttiva europea 2003/96/CE. In pratica, aumentare gradualmente le accise sul gas e ridurre quelle sull’elettricità, compensando la perdita di gettito con nuove entrate legate al carbon pricing.

Secondo: ridistribuire gli oneri di sistema tra tutti i vettori, o in alternativa trasferirli alla fiscalità generale. Questa misura renderebbe più convenienti tecnologie elettriche come pompe di calore e veicoli elettrici, oggi penalizzate da un costo energetico troppo elevato.

Terzo: riformare i sussidi ai combustibili fossili (SAD e FFS), eliminando progressivamente i vantaggi fiscali regressivi che incoraggiano l’uso di diesel e gas. Una parte delle risorse liberate dovrebbe finanziare misure di sostegno alle famiglie vulnerabili e investimenti in efficienza energetica.

ETS2 e Fondo Sociale Clima: un’occasione per riequilibrare i costi

Dal 2027, con l’entrata in vigore del nuovo sistema europeo ETS2 per edifici, trasporti e PMI, anche il gas e i carburanti fossili saranno soggetti a un prezzo del carbonio. ECCO calcola che il meccanismo potrà generare tra 28 e 62 miliardi di euro di entrate per l’Italia nel periodo 2027-2032, da destinare a efficienza, rinnovabili e inclusione sociale attraverso il Fondo Sociale per il Clima (Regolamento UE 2023/955).

Se inserito in una riforma complessiva della fiscalità energetica, l’ETS2 può ridurre il divario di tassazione tra elettricità e combustibili fossili, trasformandosi in un volano per la decarbonizzazione. “L’obiettivo – sottolinea ECCO – è garantire che i proventi del carbon pricing siano reinvestiti per abbassare le bollette e accompagnare cittadini e imprese nella transizione”.

Una strategia per la stabilità delle entrate

ECCO avverte che, senza una riforma strutturale, l’Italia rischia anche una perdita progressiva di gettito. Con l’elettrificazione dei consumi e la riduzione della domanda di gas e carburanti, le entrate fiscali legate ai combustibili fossili potrebbero diminuire di oltre 5 miliardi di euro entro il 2040. Al tempo stesso, l’elevata tassazione sull’elettricità riduce il beneficio economico per i consumatori, rendendo la transizione più lenta e costosa.

Per evitare questo scenario, il think tank propone di affiancare alla revisione delle accise nuovi strumenti fiscali stabili, come imposte basate sul possesso dei veicoli o sulla distanza percorsa, in modo da garantire entrate prevedibili e sostenere la transizione giusta.

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About Author / Alessandro Petrone

Giornalista da oltre 20 anni, nel corso della sua carriera si è occupato di politica, economia, attualità e costume. È stato Caporedattore e Direttore Responsabile per una Casa Editrice che pubblica magazine generalisti in Italia, Germania, USA e Cina. Ha scritto e collaborato con aziende e media che si occupano di automotive, con particolare attenzione ai temi della mobilità sostenibile. Si è avvicinato al mondo dell’energia lavorando come ufficio stampa per multinazionali del settore. Da allora, si occupa assiduamente di temi legati alla transizione energetica, soprattutto nel settore automotive, e alle energie rinnovabili, scrivendo per La Repubblica, AdnKronos, 9 Colonne, The Post International. È altresì appassionato di tecnologia, informatica, fotografia e cucina con un passato da attivista LGBTQIA+.