Un nuovo allarme sul fronte dei biocarburanti ‘verdi’: il sospetto uso illecito di residui di palma mascherati nei biofuel immessi sul mercato europeo

Negli ultimi anni, l’Europa ha fatto passi avanti nel ridurre l’uso di olio di palma convenzionale nei biocarburanti, responsabile di deforestazione e altri gravi impatti ambientali nei paesi produttori. Ma un residuo industriale del processo di estrazione dell’olio di palma — noto come POME (Palm Oil Mill Effluent) — starebbe rientrando nel mercato europeo sotto forma di biofuel avanzato. E in quantità che sembrano superare la disponibilità reale globale del materiale.
Come spiegare questa anomalia, rilevata da un dossier di Transport & Environment (T&E) (pdf del dossier in fondo all’articolo)? Il timore dell’ong è che nasconda pratiche fraudolente lungo la filiera.
Cos’è il POME e perché è controverso
Il POME è un liquido di scarto ad alta carica organica prodotto nei frantoi che lavorano il frutto della palma da olio. Se non trattato, può generare emissioni di metano, un potente gas serra. Tuttavia, una parte di questo residuo contiene una frazione oleosa che può essere recuperata e trasformata in biodiesel o HVO (Hydrotreated Vegetable Oil), una forma di gasolio “rinnovabile”.
In base alla Direttiva sulle Energie Rinnovabili (RED) dell’UE, il POME è classificato come biocarburante avanzato (advanced biofuel). Consente di accedere a incentivi economici e permette il conteggio doppio ai fini degli obiettivi sulle rinnovabili.
Ma la domanda crescente ne sta alterando il mercato. Nel 2024, i prezzi del POME hanno raggiunto quasi il 90% di quelli dell’olio di palma raffinato. Con una differenza sempre più sottile tra residuo e sottoprodotto si mette in discussione la classificazione ambientale di questo materiale.
Biocarburanti, i numeri che non tornano
Secondo T&E, nel 2023 nell’UE e nel Regno Unito sono stati utilizzati circa 2 milioni di tonnellate (Mt) di POME per produrre biofuel. Ma la potenzialità globale stimata per il POME è di appena 1 Mt. Forse anche meno, considerando che molti frantoi non recuperano affatto questa sostanza o la usano per produrre biogas, nota l’ong.
In particolare, l’Indonesia, il principale paese esportatore, ha riferito che le esportazioni superano la capacità di produzione, alimentando il sospetto che oli vergini vengano mascherati da residui.
L’Italia e l’affaire biofuel: 2° in Europa per consumo di POME
L’Italia è tra i protagonisti di questa dinamica. Nel 2023, ha coperto quasi il 20% del proprio consumo di biocarburanti con il POME. È il 2° paese in Europa per utilizzo dopo la Spagna. A livello europeo, Spagna, Italia e Germania rappresentano il 75% del consumo totale di POME per biofuel.
Questa forte dipendenza ha implicazioni sia ambientali che economiche. In Italia, l’uso del POME è spinto dalla domanda di HVO — carburanti rinnovabili compatibili con i motori diesel convenzionali — promossi da grandi operatori come Eni (con HVOlution).
Ma se il POME utilizzato non è realmente un residuo, le emissioni risparmiate potrebbero essere inferiori al dichiarato. Con un danno per la sostenibilità complessiva del sistema.
Un sistema di certificazione che fa acqua
Il dossier di T&E sottolinea come l’intero sistema di certificazione su cui si basa l’autenticazione dei biocarburanti sia basato principalmente su dichiarazioni cartacee. Spesso si tratta di mere auto-dichiarazioni. E le ispezioni fisiche sono limitate.
Anche gli schemi di certificazione volontari, come l’ISCC, pur avendo introdotto requisiti più rigidi dal 2022, continuano a validare volumi di POME superiori alla capacità produttiva mondiale. Un altro segnale di allarme.
Verso una revisione del sistema europeo sui biocarburanti
In risposta a queste criticità, diversi stati membri — tra cui Germania, Irlanda, Belgio e Paesi Bassi — hanno chiesto formalmente alla Commissione UE un’indagine sulle frodi legate al POME e una revisione dei criteri per i biocarburanti avanzati. Alcuni, come l’Irlanda, hanno già annunciato la fine degli incentivi per il POME.
Esistono “serie preoccupazioni sul fatto che questo diesel rinnovabile o HVO sia davvero così ecologico come affermano le major petrolifere”, nota Cian Delaney di T&E. “Dobbiamo eliminare gli incentivi politici che consentono a materie prime per biocarburanti poco affidabili di entrare in Europa come carburanti presumibilmente sostenibili”.
Scarica il pdf del dossier sul biofuel di Transport & Environment