Rinnovabili • via dei fori Imperiali (foto di www.sportincomune.it)

Pedonalizzazione dei Fori, una storia di tentativi e flop

Torniamo ancora una volta ad approfondire il progetto capitolino inerente la mega-pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali

via dei fori Imperiali (foto di www.sportincomune.it)L’iniziativa lanciata dal  neo sindaco di Roma Ignazio Marino, quella cioè di chiudere al traffico privato il tratto di Via dei Fori Imperiali che va da Via Cavour a Piazza del Colosseo, non è stata lanciata ex novo nella sua campagna elettorale. Quello di Marino era il sogno di alcuni sindaci che lo hanno preceduto: una riduzione del traffico-selvaggio di Via dei Fori e del Centro storico in generale, per riportare cittadini, ciclisti e pedoni in una Capitale a misura d’uomo, che restituisse la libertà di spostarsi in aree dal fascino e dal valore inestimabile.

 

Da dove nasce l’idea della pedonalizzazione?  «Una grande sfida, prima tappa di un progetto di pedonalizzazione più ampio in vista della creazione di un grande parco archeologico dei Fori, come immaginato da Ernesto Nathan, Antonio Cederna e Luigi Petroselli» si legge nel sito di Ignazio Marino. Il Progetto Fori viene da lontano, da quella che sarebbe stata la realizzazione dell’area archeologica più grande ed imponente -per dimensioni e impatto visivo- del mondo, da Piazza Venezia all’Appia antica, così come la sognava Antonio Cederna. Archeologo e giornalista, Cederna fece molto per diffondere e difendere una coscienza urbanistica in Italia, investendo nella tutela del paesaggio contro la speculazione edilizia e la distruzione dei centri storici.

 

Il Progetto Fori di Antonio Cederna Si era iniziato a parlare dell’eliminazione della grande arteria dei Fori –voluta da Mussolini– nel 1978. L’idea fu dell’urbanista e storico dell’architettura Leonardo Benevolo, ripresa dall’allora soprintendente archeologico Adriano La Regina, che nel dicembre 1978 lanciò un appello sul degrado dei monumenti antichi nel centro di Roma, causato dall’inquinamento delle automobili. Il Progetto Fori fu accolto dal sindaco Argan prima, e da Luigi Petroselli che nel 1979 lo sostituì. La maggioranza dei giornali della Capitale lo sostennero, insieme a 240 studiosi italiani che sottoscrissero un appello. Un primo –ed unico- passo fu quello di eliminare Via della Consolazione che divideva il Campidoglio dal Foro Repubblicano, e di unificare il Piazzale del Colosseo all’Arco di Costantino, pedonalizzandolo. Poi, nel 1981 Petroselli morì e il Progetto Fori si congelò. Nel 2001 arrivò il vincolo apposto dal Ministero dei Beni culturali sulla sistemazione di epoca fascista di Via dei Fori Imperiali, che ne vietava dunque qualsiasi intervento di modifica. Si continuò tuttavia a parlare di pedonalizzazione attraverso vari tentativi: Francesco Rutelli stabilì la prima chiusura al traffico domenicale dei Fori, mentre il Giubileo del 2000 avrebbe dovuto portare il blocco totale per le automobili, cosa che non avvenne. Anche Walter Veltroni tentò l’impresa della pedonalizzazione totale, ma circoscrivendola al periodo estivo. In una nota di pochi giorni fa l’Associazione Italia Nostra – che fra i vari fondatori vide anche Cederna- ha specificato che il noto archeologo non parlò esclusivamente di pedonalizzazione ma di uno smantellamento totale di Via dei Fori Imperiali per la creazione del più grande Parco Archeologico del mondo; sottolineando dunque la portata di questo progetto maestoso e bellissimo, che andava ben oltre la pedonalizzazione dei Fori. Cederna credeva infatti che la salvaguardia dei beni culturali, paesistici e  naturali fosse prioritaria, e che  tutto il resto venisse dopo.

 

Per una Roma verde La proposta di Marino, sebbene si tratti di una iniziale e parziale pedonalizzazione, sarebbe tuttavia un primo passo in favore della tutela del nostro patrimonio archeologico, trascurato in un modo oggi non più tollerabile, e un primo tentativo per cambiare un modello fallimentare, basato sulla motorizzazione privata. E’ arrivato il momento di mettere da parte la politica del rimandare perché “prima della pedonalizzazione dei Fori c’è dell’altro da fare, altre priorità”, come spesso si dice. D’altra parte Benevolo nella sua prefazione del 1975 al libro “Case città e traffico” (1965) dei due architetti inglesi Tetlow e Goss -che illustrava il modello di sviluppo della città e dei mezzi di trasporto inglesi, paragonandolo alle esperienze lì realizzate-, scriveva quanto fosse necessario cogliere lo spirito di quella discussione perché «essa dimostra che il rinnovamento delle città non è un’impresa impossibile o apocalittica, ma un compito concreto,  che dovrà certamente procedere per passaggi graduali».

I disagi e lo shock che il cambiamento inevitabilmente porterà –e con essi i timori, lo scetticismo di molti riguardo l’inefficienza di tale iniziativa- sono un ostacolo che i romani tutti devono saper superare insieme per evitare che cittadini e città continuino a restare impantanati nel caos in cui versa il nostro sistema di trasporto e nello scempio di un Colosseo che perde pezzi. Nel 2013 è arrivato il momento di contribuire al cambiamento, come hanno fatto tante città europee, tra difficoltà e soddisfazioni, con un impegno collettivo per far tornare a respirare la nostra Capitale. Per quanto la questione possa essere criticata e possa spaventare, deve tuttavia essere attuata ora, senza ulteriori rimandi. Partire dai Fori può essere un inizio: vogliamo il rinnovamento della nostra città, ci lamentiamo dell’inefficienza dei trasporti pubblici, del traffico, dello smog, dei turisti che talvolta si lamentano anche loro. Cominciamo da qui.

 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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