Rinnovabili •

Target rinnovabili 2030 ed efficienza: Strasburgo ha deciso

L’Europarlamento approva le direttive su Fer, efficienza energetica e Governance dell’Energy Union. Per accontentare tutti si alleggerisce il percorso graduale verso l’obiettivo 2030 del 35% di rinnovabili

Target rinnovabili 2030

 

 

(Rinnovabili.it) – L’Europa alleggerisce l’ambizione dei target rinnovabili 2030. L’aula di Strasburgo ha votato oggi tre delle principali direttive del Pacchetto Energia pulita per tutti (ossia Governance, rinnovabili ed efficienza energetica), ma i testi su cui si sono pronunciati gli eurodeputati sono, per alcuni versi, una versione annacquata rispetto alla proposta originale della Commissione europea. I riflettori sono puntati soprattutto sulla Direttiva sulla Governance dell’Energy Union. Si tratta del progetto di legge che, assieme alla Direttiva REDii, aggiorna e continua il lavoro svolto dalla attuale Direttiva RES, quella che, per intenderci, ha stabilito un obiettivo del 20% di fonti rinnovabili nei consumi europei al 2020.

 

Il nuovo provvedimento comunitario dovrebbe traghettare l’UE attraverso i prossimi dieci anni, definendo i target rinnovabili 2030 e tappe intermedie. Ma da subito è stata evidente una profonda spaccatura non solo tra Stati membri e Parlamento europeo, i (primi più cauti, i secondi più ambiziosi), ma anche all’interno della stessa aula parlamentare. L’obiettivo del 35% di fonti rinnovabili nei consumi finali 2030, – sostenuto dalla Commissione Industria e da quella Ambiente – al posto del 27% della proposta originale ha spaventato non pochi politici europei.

 

Direttiva sulla Governance, cosa cambia nei target rinnovabili 2030?

Per esser sicuri di raggiungere un voto positivo sulle nuove direttive, i gruppi dell’Europarlamento hanno cercato un accordo che potesse soddisfare tutti. E l’accordo è arrivato, ieri sera, quando i leader di gruppo del Partito popolare europeo di centro-destra (PPE), la più grande fazione politica del Parlamento UE, hanno appoggiato una versione rivista e corretta del provvedimento, redatta dai legislatori verdi Claude Turmes e Michèle Rivasi.

 

 

“Abbiamo raggiunto un compromesso con il PPE per introdurre maggiore flessibilità nelle traiettorie lineari dello sviluppo rinnovabile fino al 2030. Quindi ora abbiamo il loro per il voto in plenaria, è una buona notizia”, ​​ha commentato Turmes a Euractiv. Quella che viene chiama “flessibilità” non è altro che un regalo ai Paesi che dovessero trovarsi più indietro rispetto al target rinnovabili 2030.

 

Nel dettaglio i negoziatori di Starsburgo hanno concordato di avere tre traguardi intermedi per il prossimo decennio: il primo nel 2022, quando dovrebbe essere raggiunto il 20% dell’obiettivo finale, un secondo nel 2025 (che prevedeva originariamente il 50%) e un terzo nel 2027 (70%). “L’obiettivo intermedio è quello in cui abbiamo introdotto la flessibilità. A quel punto, gli Stati membri avranno la possibilità di raggiungere anche solo il 45% del target finale, che è leggermente inferiore al 50% richiesto in un approccio strettamente lineare”.

 

La Direttiva REDii e l’aggiornamento delle norme sull’efficienza energetica

In compenso il voto di oggi in plenaria ha approvato il 35% come percentuale di rinnovabili nei consumi finali, anche se si prospetta una dura lotta con il Consiglio UE che da sempre cerca di abbassare l’ambizione a un semplice 27%. Nel provvedimento sulle rinnovabili sono state inserite due grandi novità per i biocarburanti: l’eliminazione dell’olio di palma come materia prima e il tetto del 7% per i biofuel di prima generazione (in competizione con il settore alimentare) per il calcolo del target “trasporti puliti”.

 

Gli europarlamentari hanno inoltre concordato un obiettivo vincolante per l’efficienza energetica comunitaria del 35% dopo il 2021, 5 punti percentuali in più rispetto al target “volontario” dagli Stati membri l’anno scorso.

 

Articolo aggiornato alle 15.00 del 17 gennaio 2018

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.