Il clima flagella le colture, le salverà la ricerca? Entro il 2050-2060 le colture vivranno in condizioni molto diverse da quelle attuali a causa dell’instabilità climatica. Ma la ricerca, anche grazie alle tecniche di miglioramento genetico, accende un barlume di speranza per la resilienza delle piante

Come saranno le colture di domani?
Il futuro delle colture sembra sempre più incerto a causa del clima instabile. Non si tratta solo di mantenere i livelli di sicurezza alimentare attuali (da cui purtroppo molti sono ancora lontani), bisogna considerare che la popolazione aumenta e la necessità di cibo è destinata a crescere.
Gli effetti globali del cambiamento climatico sull’agricoltura
Per mantenere la resa delle colture, gli agricoltori sono quotidianamente sfidati da fattori diversi: l’instabilità geopolitica e dei mercati, i prezzi dell’energia, politiche non sempre lungimiranti.
Ma la parte del leone la gioca il cambiamento climatico, che colpisce tutti gli agricoltori in ogni parte del mondo.
Le temperature aumentano e con loro aumentano i periodi di siccità che si alternano a precipitazioni alluvionali in successioni sempre più violente e ravvicinate; i livelli di CO2 nell’atmosfera incidono sulla crescita e sulla salute delle colture.
Nei prossimi anni cambieranno le condizioni climatiche
Stephen Long, docente di Scienze agrarie e Biologia vegetale nell’Università dell’Illinois (USA) ha dedicato anni allo studio della crescita delle colture e al processo di fotosintesi.
Oggi lancia un grido di allarme ma fortunatamente lascia anche un barlume di speranza in un articolo pubblicato in “Philosophical Transactions of the Royal Society B”, Needs and opportunities to future-proof crops and the use of crop systems to mitigate atmospheric change.
Entro il 2050-2060 le colture vivranno in condizioni molto diverse da quelle attuali, spiega Long. In epoca preindustriale il livello di CO2 era di circa 200 parti per milione; nel 2024 erano 427 e prevede che entro il 2050 saranno 600.
Come hanno sottolineato numerosi studi, l’instabilità del clima non influisce solo sulla resa delle colture: se diminuisce la disponibilità di cibo aumentano la fame, i disordini politici e le migrazioni di massa.
Colture e cambiamento climatico
La speranza di cui si parlava è nella capacità di modificare le colture affinché diventino più resilienti: un lavoro complesso, che la ricerca ha iniziato da anni.
Si studia la tolleranza al caldo, alla siccità e alle inondazioni di diverse varietà di colture. Grazie a tecniche di miglioramento genetico, gli scienziati saranno in grado di sviluppare colture in grado di resistere anche a condizioni estreme.
Ad esempio, i ricercatori hanno scoperto alcune varietà di riso che riescono a sopravvivere fino a due settimane nei periodi di inondazioni intense, altre varietà sono invece più resistenti al calore.
La vita difficile delle piante
Per le piante la sfida è veramente dura: con il rialzo delle temperature aumenta la capacità di essiccazione dell’atmosfera che estrae l’umidità dalle loro foglie attraverso gli stomi (i loro minuscoli pori).
Spiega Long: «Una pianta può chiudere parzialmente gli stomi per trattenere l’umidità, ma ciò può interferire con la sua capacità di assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera, un passaggio fondamentale nella fotosintesi».
Un elevato livello di CO₂ altera la fisiologia delle piante, a volte in modo benefico stimolando la fotosintesi, a volte in modo dannoso alterando il controllo metabolico delle piante.
Non si investe abbastanza sul miglioramento delle colture
Alcuni esperimenti hanno individuato come migliorare del 15% l’uso efficiente dell’acqua a livello fogliare nel tabacco – usato spesso come pianta test – coltivato in pieno campo e un risparmio idrico del 30% a livello dell’intera pianta, senza interferire con la fotosintesi.
In un altro esperimento, i ricercatori hanno ridotto la densità degli stomi sulle foglie di riso e grano, migliorando l’efficienza nell’uso dell’acqua del 15-20% senza diminuire la resa.
Long sottolinea che la ricerca sul mais ha fatto progressi enormi: tra il 1980 e il 2024, le rese del mais negli Stati Uniti sono raddoppiate, mentre quelle del sorgo sono migliorate solo del 12%.
Il successo del mais è il risultato di ingenti investimenti da parte di grandi multinazionali, visto che quasi l’80% si utilizza per produrre etanolo e per nutrire gli animali, non gli esseri umani.
Long si chiede se esista realisticamente la possibilità di investimenti altrettanto ingenti nella ricerca per potenziare la produzione alimentare. Ma francamente ce lo chiediamo anche noi.