Innovazione tecnologica e agricoltura sono due facce della stessa medaglia: sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica. Insieme possono affrontare un futuro complesso, soprattutto a causa degli effetti del cambiamento climatico
Perché l’agricoltura non può fare a meno dell’innovazione tecnologica
Se innovazione tecnologica e agricoltura sono ormai diventate inseparabili compagne di viaggio, il percorso verso un futuro sostenibile non potrà prescindere dall’intelligenza artificiale. Le sue grandi potenzialità forniscono un’altra chiave all’innovazione in agricoltura.
Cosa significa innovazione tecnologica in agricoltura?
Sgombriamo subito il campo da un equivoco di base: non si deve identificare l’innovazione in agricoltura con gli OGM.
Le nuove tecnologie impiegate in agricoltura non sono solo numerose ma sono utilizzate da un numero crescente di imprese agricole, e soprattutto sono amiche dell’ambiente. Internet of Things (IoT), droni, robotica, agricoltura verticale, biotecnologia, agricoltura di precisione, monitoraggio satellitare delle colture.
I più tradizionalisti pensano con nostalgia alla “buona agricoltura di una volta”. Ma era davvero così buona? Le condizioni di vita degli agricoltori del passato erano segnate da incertezza e fatica. Oggi l’innovazione permette ritmi di lavoro molto meno stressanti e raccolti migliori. Pensiamo solo all’evoluzione degli strumenti agricoli e a quanto hanno impattato sullo stile di vita degli agricoltori.
Anche dal punto di vista ambientale l’innovazione tecnologica ha un valore strategico: consente di risparmiare acqua, fertilizzanti e pesticidi e di combattere le patologie che colpiscono le piante.
Potremmo definire Internet of Farming l’insieme di tecnologie innovative in grado di ottimizzare la resa delle coltivazioni con un impatto ambientale minore.
Internet of Things (IoT) per l’agricoltura di precisione
L’uso dell’IoT sta cambiando il volto dell’agricoltura. Una delle sue applicazioni più diffuse è l’agricoltura di precisione con cui si può ottimizzare la resa dei terreni in termini di qualità e quantità e contemporaneamente ridurre gli sprechi.
Con i trattori a guida autonoma si automatizzano le operazioni agricole, grazie ai droni si semplificano le lavorazioni agricole e si risparmiano tempi e costi. Esistono droni pilotabili con un radiocomando e droni autonomi, ovvero programmati da un computer interno o con un controllo da remoto.
I droni, dotati di fotocamere e sensori termici, raccolgono immagini ad alta risoluzione e dati sullo stato della coltivazione. Le informazioni raccolte vengono poi inviate a un software che le elabora e fornisce all’agricoltore in tempo reale i dati utili agli interventi da effettuare.
In pratica, i droni possono:
- monitorare a distanzal’umidità del terreno, la temperatura, la crescita e la salute delle colture;
- ottimizzare l’uso degli input (acqua, fertilizzanti, pesticidi);
- individuare precocemente eventuali patologie delle piante e intervenire tempestivamente, stimare la resa in campo.
Ma soprattutto, con questa precisione millimetrica, si fanno i trattamenti solo dove serve, con un risparmio per l’agricoltore e un beneficio per l’ambiente.
A questo proposito, è interessante la creazione di gemelli digitali dei campi per prevedere come si comporteranno i campi e quindi individuare eventuali problemi e soluzioni appropriate e sostenibili.
Blockchain, l’agricoltura intelligente nel mercato globale
L’innovazione tecnologica non riguarda solo l’agricoltura in senso stretto ma si estende dal campo alla tavola con la tracciabilità dei prodotti alimentari, un processo che interessa sia i produttori che i consumatori.
Cosa si intende per tracciabilità dei prodotti alimentari?
Il Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 contiene “Principi e requisiti generali della legislazione alimentare, istituzione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare e indicazione di procedure nel campo della sicurezza alimentare”.
Secondo tale Regolamento, la tracciabilità è «la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione».
Nelle filiere agroalimentari lunghe è complicato conoscere l’origine dei cibi e monitorare la loro sicurezza: per questo la tracciabilità ha bisogno di soluzioni innovative e soprattutto affidabili.
Grazie alle tecnologie digitali è possibile la raccolta e la condivisione dei dati che costituiscono la “storia” di un alimento.
Come funziona e perché è affidabile la tecnologia blockchain?
La prima blockchain fu introdotta nel 2008 da Satoshi Nakamoto (pseudonimo di un autore di cui non si conosce la reale identità) per i bitcoin, ma oggi si applica in vari ambiti tra cui l’agroalimentare.
La blockchain è un insieme di blocchi di dati collegati tra loro e resi sicuri dalla crittografia: a questa catena si possono aggiungere blocchi, ma quelli presenti non si possono modificare né eliminare.
È una specie di libro mastro inalterabile e immutabile che memorizza tutti i passaggi e permette la condivisione trasparente delle informazioni all’interno di una rete.
Se la tracciabilità con la tecnologia blockchain permette ai consumatori di conoscere i dettagli di filiera dei prodotti che acquistano, è altrettanto preziosa per i produttori per la gestione delle scorte, per la riduzione degli sprechi, per incrementare le vendite e migliorare i processi di certificazione.
Il cambiamento climatico stravolge i ritmi della natura
Il cambiamento climatico è l’espressione di una natura stanca che con sempre maggiore violenza si ribella. Pertanto, si impone anche agli agricoltori un cambio di passo davanti a ripercussioni non solo ambientali, ma anche sociali ed economiche.
L’agricoltura è a un bivio: la popolazione mondiale aumenta e ha bisogno di aumentare la produzione di cibo, ma nello stesso tempo non può forzare ulteriormente gli ecosistemi con pratiche intensive.
Esiste una soluzione possibile per conciliare la sicurezza alimentare e salute del Pianeta? La soluzione è l’innovazione tecnologica.
Quali sono i suoi vantaggi principali? Sicuramente l’efficienza, in termini ambientali, economici e di tempo. La tecnologia in agricoltura è economicamente conveniente? La risposta è affermativa: a fronte di un investimento iniziale, le spese sono ripagate dalla riduzione dei costi operativi e da un incremento delle entrate.
Oggi l’innovazione tecnologica propone soluzioni perfino per difendersi dagli insetti o dalla grandine, temutissima dagli agricoltori perché può compromettere un intero raccolto: si tratta di sistemi di copertura completamente automatizzati alimentati con pannelli solari e gestibili a distanza.
C’è poi un ulteriore vantaggio. Applicare la tecnologia in agricoltura fa aumentare le produzioni in modo sostenibile: il principio di produrre di più consumando meno è l’unica strada percorribile per fornire cibo sano alle persone senza distruggere gli ecosistemi.
Come vedremo, l’agricoltura verticale è l’applicazione concreta di questo principio.
L’agricoltura verticale porta in tavola l’innovazione tecnologica
Uno degli aspetti affascinanti dell’innovazione tecnologica in agricoltura riguarda l’agricoltura verticale, una rivoluzione sostenibile della produzione di cibo.
Un esempio tutto italiano di agricoltura verticale è Planet Farms. La coltivazione idroponica avviene fuori dal suolo, quindi senza terra; le piante crescono su un substrato, come l’argilla, grazie all’acqua addizionata di sostanze nutritive. L’illuminazione a led ricrea la luce solare.
Perché è un nuovo modo di concepire l’agricoltura? I motivi sono diversi: minore consumo di suolo (fino a -90%), la coltivazione in ambiente controllato non ha bisogno di pesticidi, produzione a chilometro zero, risparmio idrico (fino a -98% di acqua), buone condizioni di lavoro per gli addetti, blockchain che garantisce la tracciabilità della produzione.
L’agricoltura verticale non intende sostituirsi a quella tradizionale in pieno campo ma vuole integrare la produzione per rendere disponibile cibo anche dove non sarebbe possibile e in condizioni climatiche avverse.
Nel caso di Planet Farms anche il packaging è sostenibile e completamente riciclabile nella carta.
I robot in agricoltura
In agricoltura una rivoluzione tira l’altra, e tutte hanno il medesimo obiettivo: produrre cibi sani e di qualità inquinando sempre meno e rendere meno faticoso il lavoro degli agricoltori. Ma gli agricoltori sono pronti alla sfida tecnologica dei robot? Vediamo di seguito alcuni usi interessanti dei robot in agricoltura. Ad esempio:
- si impiegano per l’applicazione di agrofarmaci evitando all’agricoltore il contatto con sostanze potenzialmente nocive;
- con telecamere e sistemi di riconoscimento delle immagini sanno individuare con precisione le piante malate e intervenire;
- sono in grado di effettuare la raccolta risparmiando manodopera;
- si possono automatizzare le operazioni di precisione e accedere a zone in forte pendenza;
- sono molto usati nei vigneti, sia per i trattamenti che per la raccolta;
- i robot controllati autonomamente da remoto sostituiscono i trattori;
- gestiti dall’intelligenza artificiale, effettuano le potature.
Il settore, tuttavia, è in costante evoluzione e sono allo studio nuovi modelli sempre più innovativi.
L’innovazione tecnologica in agricoltura conviene?
Senza dubbio sì, se vogliamo rendere la produzione agricola più sostenibile.
Le pratiche agricole tradizionali non sono in grado di soddisfare le richieste crescenti di cibo: dobbiamo ripensare la produzione alimentare con un approccio innovativo che possa fornire nuove soluzioni a nuovi problemi.
Il cambiamento climatico è uno dei fattori più critici per la produzione agricola. Le previsioni meteo tradizionali sono diventate superate ai fini delle coltivazioni, mentre le tecnologie attuali forniscono monitoraggi satellitari e previsioni meteo in tempo reale. Perché sono importanti?
Il monitoraggio satellitare delle colture sta sostituendo i controlli tradizionali; i dati raccolti vengono poi trattati in modo automatizzato e sono costantemente aggiornati. Ormai l’agricoltore passa dall’approccio rurale a quello digitale.
In condizioni di generalizzata instabilità climatica, la tecnologia fornisce un servizio di previsioni dedicate espressamente all’agricoltura, che indicano le probabilità di piogge o grandine, le temperature anomale rispetto alle medie del periodo, il rischio di gelate notturne. Il servizio avverte anche della durata e dell’intensità dei fenomeni.
Cosa significa in concreto?
- possibilità di programmare le attività agricole, dalle semine ai raccolti;
- pianificazione, maggiore efficienza e minori danni alle colture;
- ottimizzazione delle risorse;
- possibilità di interventi mirati ed efficaci;
- vantaggio economico.
Inoltre, il monitoraggio del territorio produce immagini ad alta risoluzione che integrano la cartografia catastale. Il sistema è utile anche in caso di verifica e controllo delle coltivazioni per le quali è stato richiesto un contributo comunitario.
Tra i contributi comunitari destinati all’agricoltura, il più rilevante è sicuramente la PAC (Politica Agricola Comune): con circa 37 miliardi di euro in cinque anni, finanzia pagamenti diretti agli agricoltori nonché misure di sostegno allo sviluppo rurale e ai mercati agricoli.
Perché è indispensabile l’accessibilità della digitalizzazione
Confagricoltura ha creato Hubfarm, una piattaforma digitale che aggrega le imprese agricole con sviluppatori, mondo della ricerca, agroindustria avanzata, partner tecnologici e player del settore. Hubfarm si occupa di facilitare i processi amministrativi e di certificazione, nonché di favorire la produttività e la competitività delle aziende agricole nel mercato globale.
La digitalizzazione può essere un problema? Sì, se non è accessibile a tutti. In tal caso produce un divario digitale tra chi ha accesso alle nuove tecnologie e chi no.
Ad esempio, l’accesso alla rete 5G è alleato delle aziende agricole e permette lo sviluppo delle piccole e medie imprese; ma se non è per tutti, qualcuno inevitabilmente rimarrà indietro.
Per questo è essenziale che le istituzioni e i fornitori di tecnologie siano alleati per promuovere l’adozione delle nuove tecnologie; ma non basta, sarà necessario fornire formazione e incentivi.
Dove ci sono problemi di connettività l’adozione delle nuove tecnologie è di fatto impedita. È quello che accade nelle aree interne e di montagna, che senza la banda ultralarga sono condannate allo spopolamento, come non si stanca di ripetere Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani).
Questo vale sia per gli agricoltori che per gli imprenditori: com’è possibile l’e-commerce senza connessione? Ce lo ha confermato in un’intervista anche Alessandra Atorino, una giovane imprenditrice agricola con l’azienda in provincia di Frosinone: «L’inadeguatezza, se non addirittura l’assenza, delle infrastrutture è un ostacolo limitante per qualsiasi attività imprenditoriale».
Il tessuto agricolo italiano è fatto per la quasi totalità di piccole imprese agricole, spesso a carattere familiare. I giovani agricoltori che subentrano nelle aziende di famiglia hanno cominciato a sperimentare l’agricoltura multifunzionale: agriturismi, fattorie didattiche, vendita di propri prodotti. Uno scenario positivo, che senza connettività rimane un libro dei sogni.
Agrivoltaico, l’agricoltura produce energia
L’agrivoltaico è una tessera del grande mosaico della transizione verso l’energia pulita. In questo senso, è utile per mitigare gli effetti della crisi climatica, per contribuire all’autonomia energetica nazionale, per coinvolgere gli agricoltori in modo attivo.
La parola stessa spiega che il terreno si può utilizzare per produrre energia fotovoltaica (con l’installazione di pannelli solari), ma è utile anche nelle attività agricole e nell’allevamento. In pratica, con l’agrivoltaico convivono la generazione di energia solare e le pratiche agricole in un percorso sostenibile: si produce energia senza emissioni di gas climalteranti.
I primi studi sull’agrivoltaico si devono a Adolf Goetzberger nel 1982. Circa venti anni dopo, in Italia si realizza il primo impianto in Puglia.
Un impiego insolito è quello dell’allevamento di api inserito in un parco fotovoltaico: alveari intelligenti che funzionano con tecnologie innovative che permettono di controllare a distanza la produzione di miele e la salute delle api. In più, grazie ai localizzatori Gps, gli alveari sono sempre rintracciabili in caso di eventuali furti.
Un ulteriore passo avanti della ricerca sull’agrivoltaico ha prodotto materiali fotovoltaici semitrasparenti che generano energia solare e nello stesso tempo permettono la crescita delle colture, anzi addirittura ne migliorano la fotosintesi.
L’agrivoltaico è anche una soluzione per recuperare terreni abbandonati e può convivere con attività agricole, fugando così i timori per il consumo di suolo che è del tutto marginale.
Entro il 2030 dovremmo produrre almeno +57 GW da fotovoltaico. Per raggiungere gli obiettivi del PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) per il fotovoltaico a terra servirebbero circa 405 Km2, ovvero circa un terzo della superficie del Comune di Roma. Per dare un’idea, 1 GW fornisce energia a 550mila famiglie.
Le biotecnologie al servizio dell’agricoltura
L’agricoltura deve soddisfare le richieste crescenti di cibo sano e sostenibile da un lato, ma dall’altro è costantemente esposta agli effetti del cambiamento climatico, all’insorgenza di nuove patologie e all’aggressione di insetti nocivi, spesso alieni (davanti ai quali siamo totalmente impreparati).
Tra le soluzioni proposte dagli scienziati e valutate positivamente da molti agricoltori ci sono tecniche biotecnologiche di ultima generazione, come le TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita), da non confondere con gli OGM classici (che contengono geni di diversa origine ricombinati tra loro in vitro).
Come spiegano gli scienziati del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), queste tecniche consentono di correggere il DNA delle piante senza inserire elementi estranei.
Con il genome editing si entra in una cellula e si induce una mutazione in un punto del genoma: introduce modifiche genetiche in modo controllato e in punti precisi del genoma modificando un solo carattere. In pratica, induce nelle piante una mutazione equivalente a quella che può avvenire per cause naturali.
Ad esempio, con il genome editing si può intervenire per rendere un organismo resistente a un parassita o più resiliente a un cambiamento climatico, o magari più nutriente.
La cisgenesi, invece trasferisce un gene tra due varietà della stessa specie, ovvero riproduce quello che, in tempi più lunghi, avviene naturalmente con gli incroci (che in agricoltura si sono sempre fatti). Anche in questo caso, la varietà diventa più resistente alle malattie ma le sue caratteristiche restano inalterate.
La sete dell’agricoltura
L’agricoltura italiana ha un’impronta idrica troppo alta e il cambiamento climatico causa crisi significative. Negli ultimi quattro anni, segnala Legambiente, i maggiori danni all’agricoltura sono stati causati da grandine (58%), siccità (27%) e allagamenti (10%).
Quanta acqua consuma l’agricoltura? In Italia, in media 17 miliardi di metri cubi all’anno; l’utilizzo di acque reflue depurate per l’irrigazione è una minima percentuale, appena il 4,6%.
Inoltre, quando si parla di acqua e agricoltura non si può tralasciare l’inquinamento delle falde, dovuto in gran parte all’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi. Gli ultimi studi dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) parlano di 183 sostanze inquinanti nel 55,1% dei punti di monitoraggio in acque superficiali e nel 23,3% di quelli in acque sotterranee, per la maggior parte erbicidi.
Esiste una via d’uscita? Secondo Legambiente va ricercata nel potenziale offerto dall’agroecologia, dall’agricoltura 4.0, da interventi di economia circolare, dal recupero delle acque piovane (un tema molto battuto, e non da oggi, dalle associazioni di categoria, Confagricoltura e Coldiretti in testa).
Bisogna quindi «cambiare il modello agricolo e passare da quello intensivo basato sulla chimica e la monocultura a quello agroecologico che riduce l’utilizzo della risorsa idrica attraverso piante meno idroesigenti, aumento della sostanza organica nei suoli e buone pratiche colturali».
L’agricoltura ha un ruolo strategico nel buon uso di una risorsa vitale come l’acqua. Ma da sola non basta, serve anche la volontà politica di colmare i ritardi normativi in materia di uso e accumulo dell’acqua.
Agricoltura sostenibile e Obiettivi dell’Agenda 2030
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite è un programma di azione globale che si articola in 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, tra loro strettamente interconnessi.
Gli Obiettivi più direttamente legati all’agricoltura sono: 2 (Sconfiggere la fame), 12 (consumo e produzione responsabili), 15 (vita sulla Terra). Ma in realtà tutti i 17 Obiettivi sono tra loro collegati.
Qual è l’obiettivo dell’agricoltura sostenibile? Garantire la sicurezza alimentare delle persone nel rispetto della natura. Per raggiungere questo obiettivo l’innovazione tecnologica ha un ruolo determinante in un settore produttivo tra i più legati alla tradizione.
La FAO ha definito 5 punti cardine dell’agricoltura sostenibile:
- aumentare la produttività;
- proteggere le risorse naturali;
- migliorare i mezzi di sussistenza;
- aumentare la resilienza riducendo l’impatto dei cambiamenti climatici;
- definire una nuova governance in cui l’equilibrio tra pubblico e privato garantisca equità e trasparenza.
La sostenibilità è un’opportunità
Come si posiziona l’Italia in questo scenario? Molto bene, stando ai dati del Rapporto GreenItaly, curato da Fondazione Symbola e Unioncamere.
L’agricoltura italiana è la più green d’Europa: tutela la biodiversità, valorizza i sottoprodotti e gli scarti nell’ottica dell’economia circolare ed è favorevole all’innovazione tecnologica.
Pochi sanno che siamo leader europei nell’economia circolare (che riguarda anche l’agricoltura), con un tasso di riciclo che supera di oltre 30 punti la media UE. Gli ultimi dati disponibili (2022) sull’avvio a riciclo sulla totalità dei rifiuti sono lusinghieri per il nostro Paese:
- Media UE 52,6%
- Italia 83,4%
- Francia 64,4%
- Germania 70%
- Spagna 59,8%
Possiamo quindi affermare che la sostenibilità non è un costo ma un’opportunità per competere e innovare, per creare coesione territoriale e benessere diffuso. L’innovazione tecnologica in agricoltura ha tutta l’intenzione di essere protagonista del cambiamento.