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Il Gruppo Lunelli e la sostenibilità, filosofia e visione di imprenditori illuminati

Per il Gruppo Lunelli la sostenibilità non è un concetto astratto. Il rispetto dell’ambiente coincide con il rispetto delle persone e con un forte legame con il territorio. Dietro la produzione di Trento Doc c’è un’azienda innovativa che ha saputo ampliare i propri orizzonti mantenendo ben saldi i valori che l’accompagnano da oltre un secolo

Il Gruppo Lunelli e la sostenibilità, filosofia e visione di imprenditori illuminati
Foto Ferrari Trento

Bello, buono e ben fatto: una storia imprenditoriale che racconta il Made in Italy

Chi non conosce il Gruppo Lunelli e il suo prodotto di punta? Abbiamo tutti brindato almeno una volta con lo spumante Ferrari. Ma dietro queste bollicine c’è molto di più. C’è la storia di un’impresa familiare che dopo 122 anni continua a guardare avanti rimanendo fedele ai suoi principi.

Diceva Oscar Wilde che la tradizione è un’innovazione ben riuscita. Marcello Lunelli ci parla di un’azienda fra tradizione e innovazione che nella sua rivoluzione sostenibile mette al centro le persone e l’ambiente.

Gruppo Lunelli, un punto fermo per il consumatore

Il Made in Italy è uno stile di vita, un saper fare eccellenza che unisce il buono al bello. Tra immagine e contenuti, essere un’azienda italiana vi dà un valore particolare?

Buono, bello e ben fatto. Anche il ben fatto è importante: l’artigianalità, il saper fare del Made in Italy è qualcosa che ci invidiano nel mondo.

La nostra azienda è sempre stata coerente, a questa filosofia e a questi valori aggiunti, all’inizio magari senza saperloè. Il bello fa parte del territorio, forse anche un modo di porsi nei confronti dei nostri clienti e di essere partner di eventi che portano nel mondo il Made in Italy.

Il buono, perché pensiamo che una delle nostre mission aziendali sia fare prodotti di alta qualità, e questo sicuramente aiuta ad arricchire di contenuti il claim del Made in Italy.

Il ben fatto è soprattutto nel tempo, cioè nel dare continuità a un progetto che per noi è la produzione di Trento Doc, ovvero di bollicine metodo classico.

È dare tutti gli anni una sicurezza al consumatore, essere un punto fermo nel proporre un modo di vivere la convivialità, la gioia. Abbiamo lavorato da tanto tempo per essere il brindisi degli italiani, e penso che ci siamo abbastanza riusciti.

Con le nostre bollicine vogliamo celebrare l’arte di vivere italiana che il mondo ci invidia, quindi la cucina, il bello della nostra Italia, ma anche un approccio conviviale legato alla nostra natura, che forse altri popoli non hanno.

Anche il clima ci ha aiutato parecchio rispetto, per esempio, ai paesi del nord Europa che non hanno così tante occasioni per stare insieme sotto un bellissimo sole o davanti a un tramonto meraviglioso.

Come dalla tradizione può nascere l’innovazione

La vostra azienda ha 122 anni, quindi una lunga tradizione che oggi non si può separare dall’innovazione. La storia vi ha portato dove siete oggi e indica anche il punto che si vuole raggiungere nel futuro. Come si bilanciano tradizione e innovazione nella filosofia del Gruppo?

In genere si dice che la tradizione è un’innovazione condivisa, nel senso che una tradizione era partita come un’innovazione che nel tempo ha trovato una condivisione di valori e anche un utilizzo nella pratica di tutti i giorni.

Penso che la bravura sia avere sempre ben chiaro cosa si deve fare, ed eventualmente utilizzare la tecnologia e l’innovazione non tanto per cambiare quello che si è, ma per migliorare quello che si è.

Da questo punto di vista, negli ultimi 122 anni, nulla è cambiato per quanto riguarda alcuni pilastri della nostra azienda.

Ad esempio, la nostra azienda si basa sull’utilizzo dello chardonnay e tutto converge e ruota intorno a questa varietà meravigliosa.

La nostra azienda si è specializzata nella produzione di bollicine metodo classico, non ci sono distrazioni: in Ferrari si creano solo bollicine metodo classico senza avere altri richiami di prodotti che potrebbero distrarre i nostri collaboratori.

Siamo Trento Doc perché siamo convinti della validità e dell’unicità di un territorio che ti rende unico, come un’impronta digitale. Per questo, nel bene e nel male, tutto ruota attorno al nostro territorio.

Infine, siamo e vogliamo rimanere finché sarà possibile un’azienda familiare, ovvero un’azienda che si può permettere anche dei progetti generazionali senza avere l’ansia della trimestrale di un’azienda quotata in borsa.

Molte scelte sono apparentemente poco comprensibili nel breve periodo ma sono molto condivisibili nell’ottica di un’azienda familiare in cui gli azionisti sono consapevoli di essere i detentori di una storia che deve proiettarsi nel futuro.

Marcello Lunellli (Foto Ferrari Trento)

Cosa significa essere un’azienda familiare

Qualcuno trova criticabile il fatto che in Italia ci siano molte aziende di dimensione familiare.

Non è negativo. È chiaro che ci sono anche dei limiti dimensionali nel nostro settore, però penso che sia importante tenere fede a un progetto.

Se sei un’azienda familiare ti puoi e ti devi comportare in un certo modo, se sei una cooperativa hai altre mission aziendali, se sei una multinazionale sei rispettabilissimo e devi essere coerente con quello che una multinazionale può o non può fare.

Noi siamo forse una piccola multinazionale tascabile. Stiamo cercando di coagulare attorno all’azienda principale, che è Ferrari, altre aziende che producono prodotti diversi ma che hanno obiettivi comuni e un denominatore comune ovvero il territorio, la specializzazione, l’obiettivo di clienti comuni.

Conoscendo bene anche l’obiettivo commerciale, bisogna limitare un po’ il raggio d’azione. Penso che questo ci aiuti a trasmettere un messaggio coerente con quello che abbiamo detto, e ritengo che il nostro consumatore apprezzi questo modo di portare avanti un’azienda.

Il nostro è un progetto anche di territorio, perché il territorio è la base dove tutto è nato.

I Gondolieri, primo prosecco a 10 gradi

Con I Gondolieri lanciate un prosecco superiore con soli 10 gradi per andare incontro alle esigenze di consumatori che vogliono bere bene con un tasso alcolico inferiore. Pensa che questa fascia di mercato sia destinata a crescere? O avranno la prevalenza i vini dealcolati?

In Italia i vini dealcolati pesano meno dell’1%, mentre in America soprattutto le nuove generazioni apprezzano molto questo tipo di prodotti.

Dobbiamo guardare a tutto quello che ruota attorno al nostro mondo. A livello tecnico, produrre un prosecco a 10 gradi che non era mai stato pensato è una sfida, dall’altra parte dobbiamo pensare ai consumatori futuri e avere anche un approccio graduale a questi argomenti.

Le dinamiche anche sociali che portano al successo o all’insuccesso di determinati prodotti hanno bisogno di tempo e soprattutto di messaggi che non sviliscano gli altri prodotti dell’azienda.

Ad esempio, se ci si concentra solo sui vini a bassa gradazione alcolica, si rischia di non essere coerenti con quello che si è fatto negli ultimi 30 anni, nel nostro caso con i prosecchi tradizionali.

È un gioco di equilibrismo per capire dove sta andando la società, sicuramente verso un consumo più moderato e consapevole.

Il grado alcolico è importante, ma bisogna sempre stare attenti alla qualità. Il Gruppo Lunelli ha come limite di azione anche il fatto di offrire sul mercato dei prodotti buoni, secondo il nostro insindacabile giudizio. Per noi la bontà è una discriminante decisiva e questo ci fa andare con i piedi di piombo.

In questo senso, I Gondolieri è un buon inizio.

Foto Ferrari Trento

La Policy sul bere responsabile

Nel 2021 anni avete definito una Policy sul bere responsabile: in cosa si traduce concretamente? Avete partecipato anche al progetto per le scuole “Io non me la bevo” sul tema delle dipendenze.

Quello che abbiamo cercato di fare è stato andare a parlare nelle scuole superiori con esperti e professionisti per rendere più consapevoli gli studenti sul tema delle dipendenze.

L’alcool è stato la scintilla. Volevamo che i ragazzi avessero più chiaro il significato di dipendenza in senso generale: droga, gioco, famiglia, amici, passioni.

Era più un percorso di introspezione per far venire fuori nei ragazzi la consapevolezza che essere dipendenti da qualcosa non ti rende libero, non ti lascia quella libera capacità di giudizio che è un buon viatico nella vita.

Le iniziative di sostenibilità del Gruppo Lunelli

Il Gruppo Lunelli fa parte del Protocollo Climate Partner, ha la certificazione Carbon Neutrality e Biodiversity Friend, di cui fa parte il progetto Terra-Aria-Acqua del Biodistretto di Trento. Quali sono le principali iniziative di sostenibilità che state portando avanti e con quali risultati?

Per quanto riguarda la carbon neutrality volevamo dare un aggancio internazionale a una certificazione e abbiamo scelto il Protocollo Climate Partner.

L’importante è portare avanti un approccio scientifico secondo normative condivise a livello internazionale. Siamo Carbon Neutrality per gli obiettivi Scope 1, Scope 2 e in parte per Scope 3. Questo perché lo Scope 3 prevede anche un approfondimento sui fornitori esterni che stiamo attuando, ma è un lavoro molto impegnativo, non solo per noi.

Infatti obbliga il tuo fornitore a produrre dei dati esatti, provenienti da calcoli secondo determinati protocolli.

Ci siamo avvicinati a questo protocollo nel 2015.

Tutto questo è nato non solo da noi, siamo stati i promotori del Biodistretto di Trento e di quello della Valle dei Laghi che da Trento arriva a Lago di Garda.

Siamo convinti che più si è, meno paura si ha e si può incidere sempre di più in maniera positiva e propositiva su progetti di alto respiro.

Il legame con la comunità

Quali sono i progetti più significativi del Gruppo Lunelli nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa?

C’è una serie di iniziative che ci legano alla comunità locale. Ad esempio, le cooperative sociali ci portano l’uva e noi restituiamo loro delle bottiglie di Ferrari che vengono vendute a scopo benefico nei negozi delle cooperative.

Assumiamo persone con difficoltà per dare un senso al lavoro manuale, che è molto utile in questi casi.

All’interno del nostro Gruppo abbiamo istituito la giornata del volontariato: l’azienda regala una giornata a ogni dipendente, e i nostri collaboratori possono scegliere le associazioni o le iniziative sul territorio a cui dedicare un giorno di volontariato.

Da noi il volontariato è una pratica abbastanza diffusa. L’anno scorso Trento è stata la capitale europea del volontariato, un trentino su due è coinvolto in una iniziativa di volontariato, e questo sicuramente ci ha facilitato.

Nei 4 anni di Formula 1, in ogni Gran Premio c’erano delle bottiglie che venivano firmate dai piloti e poi messe all’asta: il ricavato veniva poi donato ad associazioni legate al mondo della Formula 1. Con queste iniziative abbiamo raccolto alcune centinaia di migliaia di euro.

Infine, il welfare aziendale è sempre presente per tutti i nostri dipendenti.

Un Protocollo per la sostenibilità aziendale

Oggi la terza generazione è al timone dell’azienda. Com’è cambiato il Gruppo Lunelli in tanti anni e quali valori sono rimasti immutati? E come sono cambiate le richieste dei consumatori, sempre più attenti alla sostenibilità aziendale?

Per quanto riguarda la sostenibilità aziendale, da molto tempo prepariamo ogni anno un Protocollo, Il Vigneto Ferrari, che contiene all’interno tutte le buone pratiche che decidiamo in Ferrari e che devono essere seguite dai nostri conferenti affinché possano portarci l’uva.

Una su tutte è l’utilizzo veramente minimo di prodotti chimici di sintesi, sono consigliate – direi quasi obbligate – delle modalità di coltivazione che prevedono il sovescio, quindi non l’utilizzo di concimi chimici.

La lotta alle malattie è fatta solo con rame e zolfo: questo non solo per avere un impatto positivo sull’ambiente, ma anche perché abbiamo puntato sulla salute dei nostri agricoltori.

Spesso dimentichiamo questo aspetto. Tutti siamo molto sensibili all’ambiente, al terreno, all’acqua, all’aria ma nessuno parla dei nostri agricoltori, le persone che tutte le mattine si alzano e vanno a lavorare nei nostri vigneti.

Quindici anni fa tutta la viticoltura era orientata a produrre uva in maniera buona e con un’alta produttività, ma non si guardava molto a quello che si utilizzava. In passato erano suggeriti anche da noi prodotti che avevano controindicazioni gravi per la salute.

Ci siamo ribellati ed è partita l’ondata di biologico: essere in grado nelle nostre aziende di coltivare l’uva con metodi molto più rispettosi dell’ambiente e della salute dell’agricoltore ha convinto anche gli agricoltori molto più scettici.

All’inizio la risposta era “ma noi abbiamo sempre fatto così, che problemi ci sono”. Adesso con grande orgoglio con il Protocollo del Vigneto Ferrari per un’agricoltura di montagna sana, salubre e sostenibile non si suggerisce più l’utilizzo di prodotti pericolosi per la salute degli agricoltori.

La mattina un nostro agricoltore esce sapendo che al massimo dovrà utilizzare rame e zolfo, ma non prodotti impattanti per l’ambiente e per la sua salute.

Foto Ferrari Trento

Il Gruppo Lunelli verso il futuro

Qual è la visione del Gruppo Lunelli? Quali sono le sfide e gli obiettivi per i prossimi anni?

Gli obiettivi in Italia sono continuare a mantenere una presenza, una distribuzione, una percezione della marca alta senza scendere a compromessi con la qualità del prodotto o del servizio al cliente, anche a costo di sacrificare qualche volume di vendita ammesso che ci debba essere coerenza sia quando il momento è positivo sia quando è negativo.

Cerchiamo di andare incontro sempre di più ai nostri clienti con politiche commerciali mirate agli enotecari, alla grande distribuzione, ai catering, ai bar.

L’estero è un territorio da conquistare, perché le bollicine italiane all’estero devono ancora farsi conoscere. Quindi la sfida futura è essere concentrati sui tre mercati per noi importanti, cioè America, Germania e Giappone.

Un occhio di riguardo importante è per i paesi del nord Europa. Qui la sostenibilità è ancora di più un fattore discriminante, quindi cercheremo di valorizzare sempre di più questo aspetto.

Ferrari è anche Gruppo Lunelli, quindi deve andare sul mercato con coerenza anche con gli altri marchi del Gruppo.

L’acqua minerale Surgiva che è solo in vetro; la grappa Segnana, un superalcolico Made in Italy che ci rende unici in un panorama di distillati molto variegato; il prosecco che ha la sua storia, bisogna resistere affinché non diventi una commodity ma sappia sempre esprimere il valore di un territorio che è patrimonio Unesco; la cedrata Tassoni che dobbiamo consolidare e sviluppare in Italia e portare all’estero per farla diventare il luxury soft drink italiano e il drive per gli altri prodotti che sono nel portafoglio di Tassoni.

L’estero è tutto da conquistare, l’Italia è da consolidare. Vogliamo continuare a dare un messaggio coerente con la nostra storia senza farci ingolosire da occasioni che forse hanno un ottimo breve respiro ma non quella gittata generazionale che vogliamo tenere come azienda familiare.

Una visione di lungo periodo che ci fa anche sognare

Ci racconta un episodio significativo della sua carriera in Ferrari?

Abbiamo fatto un bellissimo investimento di svariati ettari in alta montagna sotto le Dolomiti di Brenta, a oltre 700m di altitudine, considerando il riscaldamento dovuto al cambiamento climatico.

Tre anni fa ero con mio padre, che aveva 87 anni, all’impianto del vigneto. Mi chiese “quando potremo assaggiare i prodotti di questo vigneto?”. Gli ho risposto “papà ci vorrà una ventina d’anni” e lui mi ha detto “ci sarò”.

Questo dà il senso di quello che abbiamo vissuto con la seconda generazione, con mio padre e gli zii. Un grande ottimismo, una grande voglia di visione, un tener fede ai nostri valori per darci la forza di fare investimenti che daranno risultati concreti sul mercato tra vent’anni.

Certe volte queste iniziative danno da pensare perché bisogna tenere duro e non farsi scoraggiare. Sentirmi dire da un uomo di 87 anni “ci sarò” mi ha dato grande soddisfazione e grande energia.

Lui e gli zii hanno vissuto la guerra e tante disavventure, non hanno avuto una vita agiata se non negli ultimi anni. Hanno sempre avuto grande amore e piacere per questo lavoro.

Pensare che possa valere la pena di vivere per avere il gusto essere davanti a un calice di Ferrari tra vent’anni. Anche noi ci stiamo instradando in questa visione di lungo periodo che ci fa anche sognare.

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About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.