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Allevamenti e transizione verde, le soluzioni possibili

Allevamenti e inquinamento ambientale sono considerati le due facce di una stessa medaglia. Mentre si investe moltissimo per l’energia pulita, non altrettanto per i sistemi alimentari che pure sono un settore altrettanto cruciale per la transizione verde. Il settore zootecnico è decisamente sottofinanziato

Allevamenti e transizione verde, le soluzioni possibili
Immagine di Rinnovabili generata da AI

Allevamenti e inquinamento ambientale sono generalmente considerati le due facce di una stessa medaglia. Una volta appurato il livello di emissioni di gas a effetto serra degli allevamenti, l’unica strada da percorrere sembra quella di eliminarli e sostituire le proteine animali con quelle alternative: dagli insetti alla carne creata in laboratorio.

Grandi investimenti per l’energia…

Se ci riflettiamo, quanta più attenzione, ricerca e investimenti sono costantemente dedicati alla produzione di energia pulita?

Dai pannelli solari alle pale eoliche, dalle biomasse ai veicoli elettrici le proposte sono numerose e in alcuni casi hanno anche cominciato a raggiungere obiettivi efficaci.

Ad esempio, i dati dell’IEA (International Energy Agency) mostrano che nel 2022 gli investimenti globali in tecnologie per l’energia pulita – energie rinnovabili, infrastrutture di rete, stoccaggio ed elettrificazione – hanno superato 1,7 trilioni di dollari.

…pochi per i sistemi alimentari

Tra il 2018 e il 2022, questi settori hanno rappresentato il 94% del finanziamento totale per la mitigazione. I diversi progetti hanno avuto un forte sostegno politico accompagnato da tecnologie pronte per il mercato e chiare strategie industriali: una combinazione che ha ridotto i rischi e facilitato la realizzazione.

Il settore energetico, inoltre, attira attenzione e investimenti perché ha un obiettivo chiaro: la decarbonizzazione.

I sistemi alimentari sono un settore altrettanto cruciale per la transizione verde, ma decisamente sottofinanziato, a cominciare dal settore zootecnico di cui fanno parte attori diversi: dai piccoli agricoltori ai mercati locali, dalle aziende di trasformazione alle multinazionali.

Allevamenti e alta intensità di emissioni

Anche per il settore zootecnico esistono soluzioni naturalmente possibili ma non abbastanza esplorate. Tuttavia, un piano di transizione deve essere accompagnato da un quadro istituzionale e finanziario.

Gli allevamenti sono la parte dell’agricoltura a più alta intensità di emissioni: il metano della fermentazione enterica, il protossido di azoto della produzione di letame e mangimi, l’anidride carbonica del cambiamento di uso del suolo.

La destinazione di terreni agricoli all’allevamento e all’alimentazione animale vale circa il 9% delle emissioni antropiche totali.

Inoltre, l’allevamento di bestiame è la principale fonte di metano, che è 28 volte più potente dell’anidride carbonica per un periodo di 100 anni e 86 volte più potente per 20 anni.

Cresce la pressione sull’ambiente

Ci troviamo davanti a un irrisolvibile circolo vizioso che sta intensificando la pressione sull’ambiente.

La popolazione aumenta e con essa la domanda globale di carne (+50% nei prossimi decenni), trainata dalla crescita demografica e del reddito nei paesi in via di sviluppo. La necessità di destinare più aree agli allevamenti accelera la deforestazione, la perdita di biodiversità e lo stress idrico.

Evidenziato il problema, a differenza del settore energetico – che ha una tabella di marcia e strategie di finanziamento – quello degli allevamenti è sottofinanziato e trascurato nei piani climatici internazionali.

Ma si può finanziare qualcosa che non ha contorni definiti? Per mobilitare investimenti significativi, il settore zootecnico ha bisogno di percorsi di trasformazione chiari che devono coinvolgere politica, tecnologia e finanza.

Inoltre si deve evidenziare il meccanismo di finanziamento più appropriato per il settore: quali sarebbero i benefici sociali e ambientali? E quali sarebbero i profili di rischio?

Vincoli biologici e culturali

Gli interventi di mitigazione devono riconoscere i vincoli biologici ma anche quelli culturali, come le preferenze alimentari. Fondamentale è lo sviluppo di pratiche innovative: nuove fonti proteiche, additivi per i mangimi, miglioramento della gestione del letame e attuazione di pratiche di allevamento efficienti.

Perché un cambiamento sia realmente trasformativo occorre rimodellare i consumi, anche attraverso un sistema di sussidi alle produzioni a basse e missioni.

Allo stesso tempo, le politiche commerciali, alimentari e climatiche devono essere allineate per promuovere la resilienza ecologica e nutrizionale anche attraverso soluzioni politiche e finanziarie su misura.

Il monitoraggio delle emissioni, inoltre, deve avere metriche multidimensionali. Gli indicatori potranno poi orientare politiche e investimenti più efficaci mettendo in relazione clima, alimentazione e uso del suolo.

Una transizione giusta è possibile

Perché la transizione sia essere giusta, le strategie globali devono rapportarsi alle realtà regionali.

Ad esempio, in molti paesi in via di sviluppo l’allevamento è parte integrante della sicurezza alimentare, della sussistenza e dell’identità culturale.

L’obiettivo, quindi, non deve essere quello di eliminare la carne bensì promuovere sistemi di allevamento sostenibili e rispettosi delle diverse culture.

Non è pensabile imporre modelli concepiti per il Nord del mondo, i percorsi di transizione devono adattarsi ai contesti locali.

Agire sulla domanda, non solo sull’offerta

Il sistema agroalimentare riceve solo il 2,4% dei finanziamenti per la mitigazione del clima; il bestiame, in particolare, ne riceve una piccola frazione.

Non bisogna concentrarsi solo sull’offerta (ad esempio miglioramento della produttività) ma agire anche sulla domanda, ovvero ridurre il consumo di carne rossa, abbattere gli sprechi alimentari, promuovere proteine alternative a cominciare dai legumi.

Pertanto, serve investire nell’educazione dei consumatori e in campagne di sensibilizzazione per scelte alimentari informate. La politica deve invece appoggiare una transizione equa sia per i produttori sia per i consumatori.

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About Author / Isabella Ceccarini

Europeista sostenitrice dell’Italia, non ama i confini mentali e geografici. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Giornalista da più di trent’anni, ha lavorato a lungo come caporedattore per un trimestrale di politica universitaria e ricerca. Ha scritto a quattro mani il libro Perché l’università. Riflessioni sull’etica del sapere che raccoglie pensieri e interviste a esponenti di spicco del mondo dell’istruzione superiore e di organizzazioni internazionali. Ha collaborato con diverse case editrici alla stesura di libri e cataloghi per mostre ed eventi occupandosi di progettazione e coordinamento editoriale. È attenta ai temi etici di cui ha scritto per il mensile della Società San Vincenzo de’ Paoli e ha fatto parte della giuria del Premio letterario Città di Castello nella sezione riservata ai giovani. Organizza e modera tavole rotonde su temi che spaziano dalla salute all’agricoltura, nonché corsi di formazione per i giornalisti. Ha ideato e condotto due eventi per il format #leparolevalgono di Treccani. Dal 2017 è entrata a far parte del team di Rinnovabili dove si dedica in particolare all’agrifood ma ama anche allungare lo sguardo ai temi ambientali. Per Rinnovabili progetta e conduce Agrifood Forum, evento annuale sulla sostenibilità alimentare.