Dall'Agenzia delle Entrate un'interessante risposta sul problema dei crediti edilizi “in attesa di accettazione” da parte della Banca. E’ possibile riprenderlo e recuperarlo invece in detrazione dei redditi? E’ utilizzabile lo spalmacredito in 10 anni?

Il Blocco delle cessioni dei crediti edilizi ha completamente rivoluzionato le modalità di accesso alle detrazioni fiscali. Da quel momento, i bonus edilizi sono diventati accessibili solo ai contribuenti che dispongono di una “capienza fiscale”, ovvero con la possibilità di detrarre le spese sostenute per gli interventi direttamente nella propria dichiarazione dei redditi.
Tuttavia anche per coloro che hanno avuto la possibilità di optare per le alternative, quali cessione del credito o sconto in fattura, potrebbero verificarsi non pochi problemi nel recuperare quel tanto desiderato “credito edilizio”.
Se il credito è in “attesa” non può essere ripreso
Con la risposta n.130 del 13 maggio 2025, l’Agenzia delle Entrate punta i riflettori proprio sulla cessione dei crediti edilizi. Il caso esaminato riguarda una società che, avendo maturato un credito d’imposta grazie al Superbonus nel 2022, ha scelto di cederlo a una banca.
Se la prima parte del credito relativa alle spese del primo semestre del 2022 è stato regolarmente bonificato dalla banca, la seconda trance imputabile invece al secondo semestre è fermo nel “limbo”.
Il credito infatti risulta ancora in “attesa di accettazione” da parte dell’istituto finanziario.
Visto il tempo trascorso dalla cessione, sarebbe possibile per il contribuente, riprendersi il credito e recuperarlo in altra maniera, come ad esempio portandolo in detrazione diretta?
Purtroppo la risposta dell’Agenzia è negativa.
Come ha stabilito la circolare n.33/2022 “i crediti ricevuti, (ossia i crediti che altri soggetti hanno ceduto all’utente, oppure che sono maturati direttamente in capo allo stesso utente), sono distinti tra crediti ”in attesa di accettazione”, ”accettati” e ”rifiutati” da parte dell’utente medesimo. I crediti maturati in capo allo stesso utente (prima cessione) sono già impostati come ”accettati”. Se tali crediti sono rifiutati dal cessionario rimangono indicati nel prospetto ma non sono utilizzabili in compensazione tramite modello F24 dal titolare della detrazione; questi può cedere nuovamente i crediti rifiutati (inviando una nuova comunicazione di cessione) o usufruire della detrazione nella propria dichiarazione dei redditi”.
In altre parole, se il credito è ‘‘in attesa di accettazione” da parte del cessionario, il titolare originario del bonus non può utilizzarlo. Per poterlo fare dovrà invece attendere il rifiuto del cessionario.
Come recuperare un credito edilizio
Chiarito questo primo punto, vediamo in che altro modo è possibile recuperare un credito edilizio non accettato dalla Banca.
Solo nel caso in cui la Banca (o il cessionario) rifiuti il credito, il titolare originario potrà utilizzarlo nella propria dichiarazione, ripartito in quattro quote annuali.
In questo caso, per utilizzare le prime due rate, la società dovrà integrare le dichiarazioni trasmesse con riferimento ai periodi d’imposta 2022 e 2023, dato che, alla data di invio dell’istanza, sono già scaduti i termini ordinari di presentazione della dichiarazione dei redditi per gli anni indicati.
Niente spalmacrediti in 10 anni
Sempre nel caso del rifiuto della Banca sul credito ceduto, sarebbe possibile per il contribuente optare per la detrazione in 10 anni, anzichè per le 4 classiche rate?
Anche in questo caso la risposta è No.Il cedente non potrà ripartire la detrazione in 10 quote annuali di pari importo, in quanto la stessa normativa prevede che questa opzione possa essere esercitata solo nella dichiarazione dei redditi relativa al 2023, a condizione che la rata di detrazione relativa al periodo d’imposta 2022 non sia stata indicata in dichiarazione. Come sottolinea il Fisco, “l’istituto della dichiarazione integrativa è finalizzato a sanare errori ed omissioni del contribuente e non può essere utilizzato a seguito di un ripensamento di scelte già effettuate in sede dichiarativa”.