L’edilizia verde sceglie le strutture adattive per tagliare la CO2

Dal politecnico di Losanna un nuovo metodo per progettare e controllare le strutture civili in grado di adattarsi automaticamente al carico. L’obiettivo? Ridurre l’impatto ambientale del settore delle costruzioni

strutture adattive
Credits: © 2020 EPFL / Alain Herzog CC BY-SA 4.0

Strutture adattive, come funzionano?

(Rinnovabili.it) – L’edilizia ha peso climatico non indifferente. Oggi è il maggior consumatore di materie prime e uno dei comparti più affamati di energia. Non sorprende sapere dunque che, da solo, il settore è responsabile di circa 40% delle emissioni di CO2 nel mondo. Queste cifre, spiega l’École polytechnique fédérale de Lausanne (EPFL) possono essere parzialmente spiegate dalle pratiche di progettazione tradizionali applicate alla maggior parte delle strutture di ingegneria civile. 

Questi elementi sono realizzati per resistere ai carichi più estremi: forti venti, terremoti, tempeste di neve e grandi folle. Fenomeni, tuttavia, che nella pratica si verificano molto raramente. Una delle soluzioni applicabili a questo livello è rappresentata dalle strutture adattive, ossia capaci di adeguarsi automaticamente a carichi diversi, garantendo però alta resistenza e prestazioni.

Leggi anche Il riciclo in edilizia diventa più facile

A livello pratico forniscono un mezzo per superare i limiti associati alla rigidità delle strutture civili, risparmiando una notevole quantità di materiali. Risultano vantaggiose, ad esempio, nei casi in cui si costruisca un edificio progettato per resistere a carichi rari ma importanti. “Le strutture adattive possono essere più efficienti e durevoli rispetto alle strutture passive convenzionali“, spiega Gennaro Senatore, scienziato del laboratorio IMAC del politecnico svizzero. Senatore ha guidato un team di ricercatori nella realizzazione di un nuovo metodo di progettazione e controllo di questi sistemi, finalizzato a minimizzare il fabbisogno energetico sia a livello operativo che a quello dei materiali usati (energia intrinseca).

Per dimostrare la fattibilità della loro tecnica, hanno realizzato e testato un prototipo a forma di passerella. La struttura adattiva si è rivelato in grado di sopportare passivamente un carico ordinario e, grazie al suo sistema di controllo integrato, di attivarsi se esposto a un carico maggiore. Per fare ciò, è dotato di sensori, centraline e attuatori. 

Leggi anche Certificazione energetica, l’edilizia italiana è ancora un colabrodo

“Ogni elemento strutturale è dotato di un sensore di deformazione mentre un sistema di tracciamento ottico monitora il movimento della struttura”, spiegano i ricercatori. Inoltre grazie all’apprendimento automatico è stata migliorata l’accuratezza del rilevamento della posizione e dell’intensità del carico applicato. “Le unità di controllo elaborano le informazioni ottenute dai sensori per fornire comandi di controllo appropriati agli attuatori, che si contraggono e si espandono per consentire alla struttura di cambiare forma”, specifica lo scienziato Arka Prabhata Reksowardojo. E in caso di interruzione di corrente? “La struttura non crollerebbe perché progettata per avere una capacità di carico sufficiente anche senza il contributo del sistema attivo”.

“Studi hanno dimostrato che le strutture prodotte con questo metodo consentono fino al 70% di risparmio energetico intrinseco“, specifica Senatore. “Anche se la quota di energia operativa è maggiore rispetto a una struttura passiva, questa tecnologia contribuisce a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, e ancora di più in una prospettiva a lungo termine con i futuri progressi tecnologici in campo energetico”.

Articolo precedenteNon solo CO2: NOx e fuliggine sono le emissioni degli aerei più inquinanti
Articolo successivoKeystone XL: così il Canada vuole salvare l’oleodotto da Biden e Kerry

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!