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Schneider Electric: digitalizzazione ed elettrificazione, unica certezza per ridurre i costi, abbattere le emissioni ed aumentare il valore dell’edificio

Un sistema di automazione permette di migliorare l'efficienza dell'edificio più del 50%, ma per velocizzare il rinnovamento del settore dobbiamo passare ad un sistema incentivante legato al livello prestazionale e digitale raggiunto

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credits: Schneider Electric

In un futuro net zero gli edifici dovranno essere smart e totalmente elettrici. Ce ne parla Saul Fava, VP Digital Energy di Schneider Electric

(Rinnovabili.it) – Come ben sappiamo gli edifici sono responsabili del 37% delle emissioni di carbonio nel mondo e di quasi il 30% dei consumi energetici. La recente crisi ha ulteriormente accentuato le esigenze di rinnovamento del settore che ha identificato il 2050 quale data ultima per passare ad un parco immobiliare Net Zero. Ma come accelerare questo processo? La soluzione concreta e attuabile sin da ora si chiama Building and Energy Management Systems (BEMS). Da sempre in prima linea nel campo dell’innovazione per gli Smart Building, Schneider Electric si è trovata oggi a veder raddoppiate in meno di un anno le richieste da parte degli utenti a favore di sistemi per l’analisi ed il monitoraggio energetico degli immobili.

Per capire meglio quale ruolo ricopre la digitalizzazione nel mondo del building ed a quali benefici potrebbe condurci in un lasso di tempo incredibilmente breve, ne abbiamo parlato con Saul Fava, Vice Presidente, Digital Energy di Schneider Electric Italia.

Sostenibilità ed efficienza sono i pilastri su cui stiamo cercando di costruire il futuro del settore immobiliare. Che ruolo ha l’automazione in questo contesto di continua evoluzione?

Saul Fava, VP Digital Energy – L’automazione ha un ruolo fondamentale, per integrare sistemi che consentono di consumare l’energia dove serve, quando serve e soprattutto nella giusta quantità, che oggi sono sempre più performanti e potenti grazie alla digitalizzazione. È inoltre uno strumento essenziale per poter realizzare percorsi di sostenibilità, connessi a una elettrificazione progressiva basata su fonti pulite, con cui coprire anche in autoproduzione una quota energetica significativa del proprio fabbisogno.

Come sta reagendo il mercato a questo cambiamento? Avete percepito un cambio di sensibilità da parte degli utenti e dei professionisti del settore verso gli smart building?

S.F. – Decisamente sì. Abbiamo visto un cambio di passo, testimoniato anche da una recente analisi del Politecnico di Milano che ha fotografato le crescite di investimenti su diversi perimetri. Cambiano anche le richieste che ci arrivano dai professionisti di mercato: se fino a pochi anni fa veniva data più importanza alla parte architetturale, relegando la parte tecnologica a un ruolo accessorio, funzionale al comfort, oggi si parla sempre più di aspetti prestazionali degli edifici soprattutto in un’ottica di riduzione dei consumi.

Questa sensibilità aumentata fa sì che ci sia una maggior fame di conoscenza nella filiera, di cui ci siamo occupando attivamente con delle Academy formative sia per i nostri collaboratori interni che per quelli esterni, compresi i rivenditori, che sentono la necessità di approfondire. 

La spinta viene anche dalla normativa. Ad esempio il Dl 199/2021, operativo dallo scorso giugno, prevede che i nuovi edifici o quelli oggetto di ristrutturazioni importanti, siano alimentati in buona parte da fonti energetiche rinnovabili: questo porta a incrementare l’installazione di impianti rinnovabili, ma dove non ci sono superfici sufficienti diventa indispensabile dotarsi di un sistema tecnologico capace di monitorare i consumi e, soprattutto, in grado di ridurli ed ottimizzarli per coprire la maggior parte della richiesta energetica.

Quale ritiene possa essere il contributo delle tecnologie digitali ad un maggiore integrazione delle rinnovabili a livello di edificio? Come possono nella pratica facilitare lo smarcamento dai combustibili fossili?

Il portafoglio di Schneider Electric dedicato agli edifici rientra sotto il nome di EcoStruxure for Building, una sorta di rete neurale che, sia dal punto di vista termico che elettrico, raccoglie informazioni per trasformare gli edifici in sistemi iper-efficienti, resilienti, sostenibili ed incentrati sulle persone.
Questa rete si compone da un lato di sistemi di building automation che hanno l’obiettivo di raccogliere i dati ed attuare logiche di controllo, mentre dall’altro troviamo i sistemi di distribuzione elettrica, quelli idraulici, quelli di regolazione e controllo. Chiude il cerchio il sistema di Energy Management che ci permette di avere una gestione complessiva. Offriamo anche servizi di advisory,  con cui tenere traccia dei risultati raggiunti rispetto al modello iniziale, segnalare scostamenti significativi, proporre soluzioni ottimali di efficientamento o regolazione che possano riallineare il sistema edificio alle condizioni d’uso per cui era stato progettato.

In tutto questo si inseriscono poi la variabile dell’autoproduzione e, sempre più di frequente, i sistemi di ricarica dei veicoli elettrici.

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credits: Schneider Electric

In questo contesto di assoluta innovazione la normativa è d’aiuto o rappresenta un fattore di complessità?

Per rispondere il tema va diviso in due. Dal punto di vista della disciplina tecnica la risposta è positiva, il sistema legislativo è d’aiuto. La norma ISO 52120 ad esempio, ben definisce i benefici che ci si può aspettare implementando i sistemi di automazione, classificandoli in 4 fasce. Per passare da una classe all’altra il normatore ha effettuato dei test campione su ospedali, retail, scuole, uffici arrivando a definire le percentuali di utilizzazione dell’automazione che è ragionevole aspettarsi. Dal punto di vista legislativo la nuova EPBD impone l’obbligo di dotare gli edifici non residenziali di sistemi di automazione intelligente. a partire dal 2024, per potenze utili nominali superiori a 290 kW termici e poi da 2023 per potenze da 70 kW. È un riferimento pragmatico da seguire, ma manca l’aspetto dell’incentivazione.

Oggi il tasso di rinnovo degli edifici è ancora molto basso: il 100% ha fatto salire allo 0,8% annuo dallo 0,2 annuo le riqualificazioni profonde nel residenziale, ma ancora siamo lontano dall’obiettivo; se guardiamo agli edifici non residenziali, la strategia nazionale ipotizza un tasso di rinnovo del 3.4% con un salto di ben 10 punti percentuali per il quale serve una forte accelerazione, che andrebbe supportata da un programma di incentivazione. 

In che modo potrebbe essere migliorato l’apparato normativo a favore del settore terziario?

Come Schneider Electric abbiamo fatto delle proposte che riteniamo utili per il settore, utilizzando per il terziario un meccanismo simile a quello del residenziale, nel quale i fondi siano veicolati legandoli effettivamente al risultato. L’obiettivo è quello di arrivare ad avere una classificazione del livello di intelligenza dell’edificio, e quindi di efficienza, da tenere in conto al momento di ogni transazione immobiliare. A questo punto il livello di incentivazione può essere legato alla classe che si vuole raggiungere. Se ho un edificio in classe D che al momento della transazione si pone come obiettivo la classe A, il livello di incentivazione può essere legato al livello di efficienza e di automazione effettivamente raggiunto.

Il mercato del real estate, ad esempio, sta già andando in parte in questa direzione su base volontaristica. Secondo un’analisi sui rating ESG che abbiamo commissionato alla Bocconi è in corso un’evoluzione da un meccanismo di green premium a un meccanismo di mercato di Brown discount: si passa dalla logica odierna per cui gli edifici green rappresentano una nicchia, alla prospettiva di domani quando le strutture certificate saranno invece la norma. Di conseguenza non si parlerà più di premialità per quegli edifici che hanno un’ottima certificazione, ma piuttosto di un deprezzamento degli edifici che non hanno determinate caratteristiche.

Così come sta avvenendo su base volontaristica ritengo che ci siano tutti gli schemi normativi e regolatori per poterlo fare anche su base obbligatoria.

In che modo l’applicazione delle strategie di automazione smart building e digitalizzazione di gestione dei processi energetici potrebbe aiutare il settore del Retail? Di quanto si potrebbero ridurre i consumi degli edifici del Terziario con le soluzioni Schneider Electric?

Le percentuali di riduzione sono decisamente molto alte. Le rispondo facendo riferimento alla normativa nazionale ISO 52120 sulle prestazioni degli edifici grazie al contributo dell’automazione, del controllo e della gestione tecnica: passando dalla Classe C alla Classe A, nel caso di un edificio del terziario, si parla di benefici intorno al 40% di riduzione dei consumi. Addirittura, passando dalla Classe D alla Classe A come livello di automazione dello smart building, la percentuale sale al 60%.

Sono percentuali decisamente molto importanti che anche a noi sembravano molto alte, ma abbiamo fatto delle verifiche con dei software di simulazione dinamica degli edifici, gli stessi che poi vengono impiegati nella progettazione, e devo ammettere che i risultati ci hanno confermato mediamente quanto prospettato dalla norma. L’intera documentazione può essere scaricata dal nostro sito per avere un’idea ben precisa ed oggettiva dei benefici che è ragionevole attendersi, indipendentemente dal produttore prescelto.

Quali sono i sistemi più richiesti a Schneider Electric ed i più utili per il raggiungimento di tali obiettivi?

Sulle nuove realizzazioni il trend principale è sicuramente legato alle pompe di calore che hanno avuto un balzo in avanti decisamente notevole. Le applicazioni idroniche sono cresciute del 100% nell’ultimo anno, un dato che chiaramente comporta una revisione progettuale della generazione dei vettori termici e di conseguenza anche una revisione dell’unità di gestione del sistema edifico a livello di comfort e prestazioni. All’incremento a favore delle pompe di calore si aggiunge poi una maggiore integrazione tra l’utilizzo degli ambienti e la generazione dei vettori termici per l’energia.

Sono queste le due maggiori richieste che riceviamo.

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Entrando nel mondo del Retail con un focus particolare sul settore alimentare e la gestione del ‘freddo’, l’attenzione si è spostata a favore di tecnologie capaci di gestire in modo integrato i sistemi di alimentazione, i sistemi di controllo luci, i sistemi di gestione della climatizzazione, i sistemi di monitoraggio energetico. L’obiettivo è accentrare la governance di controllo dell’effettivo utilizzo degli impianti e dei consumi in un settore che ha grande complessità gestionale.

E parlando di Real Estate?

Parlando di Real Estate si passa invece a tematiche di tipo ESG volte a favorire il raggiungimento di determinate certificazioni (LEED, BREEAM, WELL, ecc.). In questo caso i più richiesti sono i sistemi che consentono di massimizzare lo score dell’edificio. Grazie ai sistemi di automazione attivati da Schneider Electric, riusciamo a contribuire fino a 46 punti nel sistema LEED. Se pensiamo che un LEED Platinum è definito tale quando ha più di 80 punti, capiamo bene che un sistema di smart building ed automazione, oltre a rispondere a requisiti di Classe A delle ISO52120, abilita anche ad ottenere più del 50% dei punti necessari per raggiungere la massima certificazione di sostenibilità oggi utilizzata nel settore.

La revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia, oggi in mano ai legislatori europei, chiede di ridurre i consumi energetici del parco edilizio, privato e pubblico, in uno sforzo che soprattutto per l’Italia alcuni considerano troppo impegnativo. In che modo i progressi nella tecnologia digitale possono aiutarci a centrare il target?

La tecnologia che potrebbe aiutarci esiste e ha tempi di ritorno veloci, applicandola in modo estensivo avremmo ragionevolmente la possibilità di avvicinarci alle traiettorie di consumo previste. Esistono soluzioni uniche, sistemi wireless che permettono di effettuare dei retrofit in modo efficaci anche in edifici storici in cui non si possono effettuare interventi infrastrutturali significativi. Abbiamo vinto da poco un progetto europeo che ci permetterà di accelerare l’implementazione di questi sistemi di automazione in contesti storici senza interventi troppo invasivi. Il quadro normativo è perfettibile, ma inizia ad essere delineato. Per raggiungere gli obiettivi sfidanti che ci propone la Commissione Europea occorre implementare in modo efficace un sistema incentivante che premi le performance, come dicevo prima.

I prossimi obiettivi di Schneider Electric in tema di Smart Building?

L’obiettivo che abbiamo è quello di diffondere le competenze sulle tematiche di gestione e regolazione dell’edificio. Se vogliamo che il mercato cresca velocemente abbiamo bisogno che più attori lungo la filiera affrontino la tematica con una forte consapevolezza. Il nostro obiettivo è aiutarli ad affrontare al meglio le sfide che ci aspettano da qui ai prossimi anni. Noi ci siamo!

In collaborazione con Schneider Electric

Rinnovabili •
About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili.it scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.


Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

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Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

About Author / La Redazione

Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.