La prima edizione del rapporto ONU sullo Stato della Finanza per le Foreste: triplicare gli investimenti entro il 2030.

Pubblicato il report ONU “High-risk forests, high-value returns”
La prima edizione del rapporto delle Nazioni Unite Stato della Finanza per le Foreste (SFF) offre una panoramica dei flussi finanziari pubblici e privati globali destinati alle foreste nel 2023. Il rapporto confronta l’ammontare di queste risorse con gli investimenti necessari ad affrontare in maniera adeguata i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e il degrado del suolo. Il quadro complessivo indica che il mondo non le sta sostenendo abbastanza.
Perché è importante conoscere lo stato della finanza delle foreste
Le foreste coprono il 30% della superficie terrestre e forniscono l’habitat a più dell’80% degli animali, delle piante e degli insetti presenti sul nostro pianeta. Mentenerle in buona salute aiuta a regolare i modelli meteorologici e il clima globale. Alberi e altre piante assorbono l’anidride carbonica, compensando i questo modo parte dei gas serra emessi dalla combustione delle font fossili responsabili del riscaldamento del pianeta.
Finanza per le foreste: triplicare gli investimenti entro il 2030
La conclusione più rilevante dell’SFF è che le foreste sono nettamente sottofinanziate. Per poter raggiungere gli obiettivi della Convenzione di Rio relativi al cambiamento climatico, alla biodiversità e al degrado del suolo, gli investimenti annuali nelle foreste dovrebbero più che triplicare entro il 20230 rispetto ai livelli del 2023, passando da 84 a 300 miliardi di dollari all’anno. Entro il 2050 dovrebbero invece aumentare di 6 volte e arrivare a 498 miliardi di dollari all’anno. Il divario da colmare attraverso capitali sia pubblici che privati di qui al 2030 sarebbe quindi 216 miliardi di dollari all’anno di finanziamenti.
Finanza per le foreste: principali punti emersi dal rapporto ONU
- La finanza pubblica rappresenta il 91% (77 miliardi di dollari) dei finanziamenti forestali globali;
- La spesa pubblica nazionale ammonta a 75 miliardi di dollari;
- Principali paesi investitori: India, Brasile, Indonesia e Thailandia;
- I finanziamenti pubblici internazionali, principalmente attraverso accordi bilaterali, ammontano a 2,9 miliardi di dollari all’anno;
- Maggiori paesi donatori: Germania, Regno Unito e Norvegia;
- Principali beneficiari (nell’ordine di volume di finanziamenti ricevuti): Repubblica Democratica del Congo, Perù, Brasile e Indonesia;
- 22 Stati con foreste tropicali spendono in media 36 volte di più per le foreste di quanto ricevono in aiuti internazionali;
- Solo lo 0,4% dei finanziamenti forestali totali – 362 milioni di dollari – è stato destinato a progetti che coinvolgono popolazioni indigene e comunità locali;
- I finanziamenti privati rappresentano il 9% (7,5 miliardi di dollari) dei finanziamenti forestali globali;
- Gli investimenti effettivi nelle filiere di approvvigionamento certificate rimangono minimi nonostante gli obiettivi di deforestazione zero annunciati da centinaia di imprese, tra cui produttori agroalimentari, aziende di beni di consumo, banche e investitori:
- Nel 2024, il mercato di carne bovina, soia, olio di palma e legname (importanti materie prime collegate alla deforestazione ma che rappresentano solo un sottoinsieme del più ampio settore agroalimentare) ammontava a quasi 701 miliardi di dollari (Grand View Research, 2024);
- I finanziamenti privati alle foreste attraverso filiere certificate rappresentano solo lo 0,4% del volume di mercato di tali materie prime.
A cosa serve la finanza per le foreste: i benefici oltre alla stabilità climatica
- Filtraggio delle sostanze inquinanti: le foreste intrappolano le sostanze nocive provenienti dall’agricoltura, salvaguardando l’acqua potabile di milioni di persone nelle regioni tropicali e prevenendo la proliferazione di alghe nocive. Questo processo riguarda 9 milioni di tonnellate di concimi azotati trattenuti dalle foreste pluviali tropicali, un volume paragonabile all’intero consumo annuo degli Stati Uniti. Di questi 2,3 milioni di tonnellate si trovano nelle foreste ad alto rischio, un volume paragonabile al consumo totale annuo del Canada.
- Eliminazione dei sedimenti: quando le foreste vengono disboscate, la pioggia trasporta grandi quantità di terreno nei fiumi e ostruisce i corsi d’acqua. Ciò comporta costi sostanziali per la depurazione, la manutenzione delle infrastrutture e la produttività agricola. Proteggere le foreste tropicali ad alto rischio può impedire che 527 milioni di tonnellate di sedimenti finiscano nei fiumi ogni anno, sufficienti a riempire quasi 150mila piscine olimpioniche.
- Garanzia di un livello appropriato di precipitazioni: gli studi suggeriscono che una deforestazione del 20-40% dell’ecosistema amazzonico potrebbe ridurre le precipitazioni regionali rischiando che gran parte di esso si trasformi in savana. Le foreste africane ad alto rischio hanno il più alto tasso di riciclo dell’umidità.
- Aumento della resa delle colture: quasi tre quarti delle colture del mondo beneficiano dell’impollinazione forestale da api, uccelli, pipistrelli, insetti e impollinatori che disperdono i semi, supportando così la produzione di alimenti di base ricchi di vitamine. In tutte le foreste pluviali tropicali le colture aiutate dall’impollinazione forniscono il fabbisogno nutrizionale a 18 milioni di persone all’anno. Tra queste, le foreste ad alto rischio forniscono cibo a quasi 10 milioni di persone – una cifra simile alla popolazione del Portogallo – in particolare nelle aree rurali e a basso reddito.
- Legna da ardere e prodotti forestali non legnosi: le foreste pluviali tropicali garantiscono 423 milioni di tonnellate di legna da ardere per il fabbisogno giornaliero di cottura e riscaldamento di una parte delle persone più povere del mondo. Quasi 111 milioni di tonnellate vanno a 25 milioni di persone residenti nelle zone circostanti alle foreste ad alto rischio. Prodotti alimentari non trasformati ricavati dalle foreste come frutta, noci, piante medicinali, fibre e carne di animali selvatici forniscono un reddito stagionale a 91 milioni di persone povere nelle zone tropicali, di cui 25 milioni si trovano in prossimità di foreste ad alto rischio. L’Africa ha la più alta produzione di legna da ardere e il più alto utilizzo di prodotti non legnosi ricavati dalle foreste.
- Assicurazione naturale contro i danni derivanti dalla natura: Le foreste pluviali tropicali sono fonte di protezione per un totale di 187 miliardi di dollari di PIL annuo perché sono in grado di evitare danni causati da fattori naturali a infrastrutture, abitazioni e agricoltura. Di questa somma, 81 miliardi di dollari sono assicurati dalle foreste ad alto rischio.
Sussidi all’agricoltura potenzialmente dannosi
I sussidi all’agricoltura potenzialmente dannosi per l’ambiente ammontano a quasi 406 miliardi di dollari. L’espressione si riferisce a tutte quelle misure di sostegno pubblico implementate per incentivare direttamente o indirettamente le pratiche di uso del suolo associate alla deforestazione, al degrado forestale e ad altri impatti ambientali negativi.
Nel 2023, tali sussidi hanno provocato la perdita di 2,2 milioni di ettari di foresta, diventando la causa del 14% della deforestazione totale. L’aspetto forse più allarmante è che l’ammontare di questi sussidi è quasi cinque volte superiore al volume dei finanziamenti forestali globali. Ecco perché appare fondamentale reindirizzare questi incentivi verso un uso sostenibile del suolo tale da favorire benefici ambientali ed economici.
Proteggere le foreste è più conveniente
Le risorse impiegate a protezione delle foreste rappresentano appena il 15% degli investimenti globali necessari eppure risultano molto più efficaci nella conservazione degli ecosistemi forestali rispetto ad altri tipi di investimenti sempre a favore delle foreste perché coprono l’80% delle aree. Per esempio, il ripristino del carbonio negli ecosistemi degradati rappresenta il 45% (96 miliardi di dollari) dei finanziamenti forestali necessari entro il 2030 ma riguarda solo il 10% della superficie terrestre da preservare.
Vai al Rapporto High-risk forests, high-value returns and the State of Finance for Forests













