Le nuove linee guida internazionali aiutano le imprese a continuare l’azione climatica anche quando ridurre le emissioni indirette diventa troppo difficile. Ma solo con crediti di carbonio di alta qualità

Le emissioni Scope 3 sono il tallone d’Achille delle politiche climatiche aziendali: rappresentano in media il 70% dell’impronta di carbonio di un’impresa, ma sono anche le più difficili da abbattere. Per questo, molte aziende vogliono fare ricorso in modo massiccio ai crediti di carbonio. Un modo – molto discusso – per “esternalizzare” le riduzioni.
Secondo stime aggiornate, il gap tra le emissioni Scope 3 realmente ridotte e quelle previste dai piani aziendali è già oggi pari a 1,4 mld t CO2 equivalente (GtCO2eq), più delle emissioni annuali combinate di Germania, Regno Unito e Italia. E rischia di crescere di 5 volte entro il 2030, arrivando a 7 GtCO2eq.
Per evitare che questo divario continui ad allargarsi, la Voluntary Carbon Markets Integrity Initiative (VCMI) ha pubblicato il nuovo Scope 3 Action Code of Practice, un quadro operativo che consente alle aziende di usare crediti di carbonio per colmare il gap climatico in modo credibile, trasparente e temporaneo, mentre lavorano per rimuovere le barriere alla decarbonizzazione. Gli obiettivi? Continuare a finanziare azioni per il clima ogni anno, anche quando si rallenta nella riduzione diretta delle emissioni, e rafforzare la fiducia nei mercati volontari del carbonio.
Emissioni Scope 3: un gap in crescita che le aziende da sole non riescono a colmare
Le emissioni Scope 3 includono tutte le emissioni indirette della catena del valore: dalle materie prime alla distribuzione, fino all’uso dei prodotti. Sono pervasive, difficili da misurare e ancora più complesse da ridurre. Non sorprende quindi che il 60% delle aziende sia oggi in ritardo rispetto ai propri target Scope 3 e che quasi la metà (47%) sia “molto indietro”, come calcola Carbon Disclosure Project.
Le cause principali? Secondo VCMI, vanno dalla mancanza di dati affidabili e limiti di governance interna, fino alla difficoltà di coinvolgere fornitori, specialmente nelle piccole imprese della supply chain. Ma restare fermi non è un’opzione: la crescita del gap mette a rischio la traiettoria globale verso la neutralità climatica.
È proprio in questo contesto che il ricorso ai crediti di carbonio di alta qualità diventa uno strumento importante. Ma a condizioni precise, rimarca VCMI: non per sostituire le riduzioni dirette, ma per integrare e accelerare l’azione climatica, mentre si lavora a soluzioni strutturali.
Il nuovo Codice VCMI: come funzionano le linee guida per usare i crediti di carbonio
Il nuovo Scope 3 Action Code of Practice stabilisce un quadro di riferimento per aiutare le aziende a:
- calcolare il proprio Scope 3 emissions gap;
- dichiarare pubblicamente le barriere incontrate;
- adottare misure per superarle entro il 2040;
- e, nel frattempo, compensare il gap residuo con crediti di carbonio di alta qualità.
Come si usa il credito di carbonio secondo VCMI
Il nuovo Codice VCMI stabilisce criteri stringenti per l’uso dei crediti di carbonio come strumento di compensazione delle emissioni Scope 3. Solo i crediti riconosciuti come di alta qualità – cioè quelli etichettati secondo i Core Carbon Principles dell’ICVCM o, in futuro, quelli generati tramite il meccanismo dell’Articolo 6.4 dell’Accordo di Parigi – possono essere utilizzati. In via transitoria, fino al 1° gennaio 2026, sono ammessi anche i crediti CORSIA o quelli selezionati con un processo di due diligence conforme ai criteri ICVCM.
Per essere in linea con il Codice, le aziende devono limitare la quota di emissioni Scope 3 compensata tramite crediti a un massimo del 25% del proprio percorso di decarbonizzazione e rendere pubblici tutti i dati relativi: entità del gap, ostacoli incontrati, misure adottate e tipologia di crediti ritirati. L’utilizzo di questo strumento è consentito fino al 2040, anno entro il quale il gap dovrà essere completamente colmato attraverso interventi strutturali. Inoltre, è raccomandata (anche se non obbligatoria) la verifica indipendente delle informazioni dichiarate.
Questa tabella riassume le principali linee guida di VCMI sull’uso dei crediti di carbonio:
Criterio | Requisito |
Tipo di crediti | CCP-labelled (ICVCM) o Art. 6.4 (Accordo di Parigi); transitoriamente CORSIA |
Limite massimo di copertura | Fino al 25% delle emissioni Scope 3 previste dal percorso di decarbonizzazione |
Limite temporale | Fino al 2040, anno entro cui l’azienda deve chiudere il gap |
Obbligo di trasparenza | Pubblicazione del gap, barriere, misure adottate, crediti usati |
Verifica | Possibile verifica indipendente e pubblicazione nei report aziendali |
Il Codice richiede anche il rispetto di criteri fondativi comuni al Claims Code VCMI: inventario dei gas serra aggiornato, obiettivi scientifici pubblici, governance interna coerente e policy advocacy allineata con l’Accordo di Parigi.
Sono previste due modalità di calcolo del gap:
- anno per anno, verificando annualmente il superamento del 25%;
- carbon budget complessivo, con un limite cumulato entro il periodo tra anno base e target.
In entrambi i casi, le aziende devono ritirare un numero di crediti pari almeno al gap di CO2 equivalente generato. Questo consente loro di finanziare progetti di riduzione e rimozione delle emissioni, contribuendo anche agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e sostenendo la transizione nei Paesi in via di sviluppo.