Tra risparmio energetico, impatti sulla salute e proposte politiche, torna in Europa la discussione sull’abolizione del cambio stagionale dell’ora.

Si torna all’ora solare. Sànchez: il cambio ormai non ha più senso
Nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre l’Italia è tornata all’ora solare, chiudendo i sette mesi di ora legale. Ma con il ritorno all’orario invernale si riaccende il dibattito, in Italia e in Europa, sull’opportunità di mantenere il doppio cambio stagionale. Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha recentemente riaperto il confronto in sede europea, sostenendo in un video su X che il passaggio fra i due orari “non ha più senso” e che “non genera risparmi apprezzabili di energia”, e sollevando anche il tema degli effetti negativi sulla salute.
L’intervento di Sánchez, arrivato mentre è in scadenza il calendario europeo che regola il cambio orario (2022-2026), ha rilanciato una questione che sembrava accantonata. La Spagna, tramite il Segretario di Stato per l’Energia Joan Groizardha, ha chiesto che la questione venisse messa all’ordine del giorno nel vertice dei ministri dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia dell’Unione di oggi, in Lussemburgo. L’obiettivo è quello di abolire il cambio stagionale, forti anche dei dati di un sondaggio del 2018 secondo cui l’84% dei cittadini europei sarebbe favorevole a una modifica permanente.
I dati di Terna: 90 milioni di euro di risparmio nei sette mesi di ora legale
Secondo i dati diffusi da Terna, nei sette mesi di ora legale il sistema elettrico italiano ha risparmiato 310 milioni di kWh, pari al fabbisogno medio annuo di circa 120 mila famiglie. Il risparmio economico è stimato in oltre 90 milioni di euro, mentre le emissioni evitate di CO₂ ammontano a 145 mila tonnellate.
Dal 2004 al 2025 il beneficio cumulato per l’Italia supera 12 miliardi di kWh e 2,3 miliardi di euro. Ma secondo gli analisti il vantaggio reale in termini di consumi di elettricità resta marginale: i sette mesi di orario estivo comportano un taglio di circa lo 0,13% dell’energia consumata annualmente. Una percentuale ridotta, ma comunque significativa in termini ambientali.
Tra risparmio energetico e salute: gli studi a confronto
Le posizioni divergono sul reale impatto dell’ora legale. La Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) e Consumerismo No Profit chiedono l’adozione permanente dell’orario estivo, evocando lo strumento referendario. Secondo i due enti, si può stimare per per l’Italia un risparmio energetico di 720 milioni di kWh e 180 milioni di euro annui in bolletta, con un taglio di 200 mila tonnellate di CO₂.
Ma la stessa SIMA avverte anche dei rischi sulla salute dovuti al cambio: l’alterazione del ritmo circadiano provocherebbe variazioni nella pressione arteriosa e nella frequenza cardiaca. Uno studio dell’Università di Stoccolma ha segnalato un incremento del 4% di attacchi cardiaci nella settimana successiva allo spostamento delle lancette. Altri studi citano un lieve aumento di incidenti stradali e sul lavoro nelle prime settimane dopo il passaggio da un orario all’altro.
L’origine e le ragioni storiche del cambio d’orario
L’idea dell’ora legale risale alla Prima guerra mondiale, quando fu introdotta per risparmiare carbone. Durante la Seconda guerra mondiale e la crisi petrolifera degli anni Settanta, la misura tornò in auge come strumento per contenere i consumi. In Europa, un primo coordinamento tra Stati membri venne stabilito nel 1980, e l’attuale direttiva europea è in vigore dal 2001.
La logica è semplice: spostando l’orologio in avanti si sfrutta meglio la luce solare, riducendo la necessità di illuminazione artificiale nelle ore serali. Tuttavia, come dimostrano le analisi più recenti, l’effetto varia notevolmente in base alla latitudine: nei paesi nordici, dove la differenza di ore di luce tra estate e inverno è più marcata, il beneficio si riduce.
Quando l’ora solare prevale: differenze geografiche e politiche
Non tutti i paesi adottano il cambio stagionale. Negli Stati Uniti, ad esempio, Hawaii e Arizona lo hanno abolito, così come gran parte dell’Africa e dell’Asia. In Europa, invece, vige ancora un sistema comune: l’ora legale inizia l’ultima domenica di marzo e termina l’ultima domenica di ottobre.
Nel 2019 il Parlamento europeo aveva votato per porre fine al doppio cambio orario, ma la pandemia e la Brexit ne hanno bloccato l’attuazione. Ogni Stato membro avrebbe dovuto scegliere se mantenere l’orario estivo o invernale. La proposta è poi caduta nel 2025, per mancanza di consenso.
Oggi, con la nuova iniziativa spagnola, il tema torna sul tavolo di Bruxelles. Ma per modificare la normativa occorrerebbe il voto favorevole di 15 paesi su 27 o del 65% della popolazione europea. Un traguardo lontano, ma politicamente rilevante.
Risparmio energetico e ora legale: i numeri e i limiti
Nel tempo, i dati hanno mostrato che il risparmio energetico generato dall’ora legale, pur reale, tende a ridursi con l’efficienza crescente degli impianti e l’uso diffuso di fonti rinnovabili. Secondo uno studio del Dipartimento dell’Energia statunitense, il prolungamento di quattro settimane dell’ora legale ha comportato un taglio dello 0,5% dei consumi giornalieri, un valore considerato modesto.
Al contrario, alcune ricerche hanno evidenziato un aumento dei consumi in determinate aree, a causa del maggiore uso dei condizionatori nelle ore serali. In Italia, i settori più favorevoli restano commercio e tempo libero, che beneficiano delle ore di luce aggiuntive; più critici invece agricoltura e logistica.
Il futuro dell’ora legale in Europa
Oggi il tema si lega alla più ampia transizione energetica. Con la crescita del fotovoltaico e la diffusione di sistemi di gestione intelligente dei carichi, il vantaggio di spostare le lancette potrebbe ridursi ulteriormente. Tuttavia, la questione resta anche culturale e sociale: il cambio d’orario continua a essere percepito da milioni di cittadini come un’abitudine consolidata.
Il commissario europeo all’Energia Dan Jørgensen ha annunciato un nuovo studio per valutare costi e benefici, riconoscendo che “si tratta di un tema sentito da milioni di europei”. Intanto, Terna ribadisce che il bilancio 2025 resta positivo: 90 milioni di euro risparmiati e 145 mila tonnellate di CO₂ evitate. Numeri che confermano come, almeno per ora, il sole resti ancora un alleato dell’efficienza energetica.












