Servono 4,3 trilioni di dollari l’anno fino al 2060 per contenere il riscaldamento globale entro i 2°C, secondo l’Energy Transition Outlook 2025-2026.

Investimenti insufficienti, servirebbe un incremento del 30% all’anno
La transizione energetica globale procede troppo lentamente: secondo l’ultimo Energy Transition Outlook 2025-2026 pubblicato da Wood Mackenzie, il mondo è oggi su una traiettoria di riscaldamento di 2,6°C, lontana dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi. La società di consulenza internazionale – tra le principali nel settore delle analisi energetiche, minerarie e delle materie prime – avverte che per contenere l’aumento della temperatura media entro i 2°C servirebbe un incremento del 30% degli investimenti annuali, fino a 4,3 trilioni di dollari l’anno tra il 2025 e il 2060.
Attualmente, le spese globali per l’energia ammontano al 2,5% del PIL mondiale: dovrebbero salire almeno al 3,35% nel prossimo decennio per rendere possibile una decarbonizzazione profonda. Tuttavia, a dieci anni dall’Accordo di Parigi, nessun Paese del G7 è sulla buona strada per centrare i target al 2030, e solo pochi Stati minori rispettano i loro impegni climatici.
Cina in testa nella transizione energetica, Occidente in affanno
Il nuovo rapporto evidenzia che la leadership della transizione energetica si sta spostando verso la Cina, oggi in prima linea nello sviluppo di veicoli elettrici e tecnologie solari, mentre Stati Uniti ed Europa mostrano segnali di stallo.
Nel caso base elaborato da Wood Mackenzie, entro il 2040 Cina, Europa e Stati Uniti rappresenteranno il 70% della spesa globale in capitale energetico, ma con profonde differenze: la Cina dovrà aumentare gli investimenti del 29%, l’Europa del 36%, gli Stati Uniti addirittura del 76%. L’Asia guida quindi la corsa, mentre l’Occidente rallenta, stretto tra inflazione, crisi geopolitiche e timori di perdita di competitività industriale.
L’intelligenza artificiale raddoppia la domanda di energia
Uno dei fattori inattesi che stanno mettendo sotto pressione la transizione energetica è l’esplosione dell’intelligenza artificiale. Secondo il rapporto, i data center consumeranno 700 TWh di elettricità già nel 2025, superando la domanda energetica dei veicoli elettrici, e potrebbero arrivare a 3.500 TWh nel 2050.
La costruzione di oltre 250 GW di nuovi data center entro due anni rischia di innescare crisi elettriche e rialzi tariffari. Tuttavia, Wood Mackenzie sottolinea che la stessa IA potrà contribuire a ottimizzare i sistemi energetici grazie a simulazioni avanzate e modelli predittivi per l’efficienza di rete e la progettazione di materiali innovativi.
Elettricità e rinnovabili protagoniste del nuovo mix energetico
L’elettricità è destinata a diventare il vettore energetico dominante, passando da un quinto dei consumi globali attuali a oltre la metà entro il 2050. Le fonti rinnovabili variabili (solare ed eolico) cresceranno dal 20% al 60% della produzione mondiale, con il solo solare che raddoppierà entro il 2030, superando il gas nel 2033 e il carbone nel 2034.
Ma la piena decarbonizzazione rimane difficile: i combustibili fossili continueranno a svolgere un ruolo di bilanciamento per garantire la stabilità delle reti, mentre nucleare e sistemi di accumulo saranno cruciali per la flessibilità. Secondo lo scenario “Net Zero 2050”, le tecnologie rinnovabili e a basse emissioni potrebbero arrivare a coprire fino al 96% della produzione elettrica mondiale entro il 2060.
Le materie prime critiche diventano il nuovo campo di battaglia geopolitico della transizione energetica
Il rapporto dedica ampio spazio al tema delle materie prime critiche – litio, nichel, rame, cobalto e terre rare – su cui si fondano le tecnologie pulite. Un’auto elettrica richiede sei volte più minerali di un veicolo tradizionale, e la concentrazione delle forniture in pochi Paesi (con la Cina dominante nella raffinazione) crea nuove dipendenze geopolitiche.
Wood Mackenzie avverte che la sicurezza delle catene di approvvigionamento sarà determinante per i costi e i tempi della transizione energetica. I Paesi importatori stanno correndo per firmare nuovi accordi di fornitura e creare scorte strategiche, mentre quelli produttori puntano a maggiori royalties e lavorazioni locali. Il “nazionalismo delle risorse”, spiega il report, si sta spostando dai combustibili fossili ai minerali essenziali.
CCUS, idrogeno e bioenergia: tecnologie chiave per i settori hard-to-abate
Accanto alle rinnovabili, tecnologie emergenti come la cattura e stoccaggio della CO₂ (CCUS), l’idrogeno a basse emissioni e la bioenergia avanzata giocano un ruolo cruciale nei comparti difficili da decarbonizzare, come acciaio, cemento e trasporti pesanti.
Wood Mackenzie calcola che, negli scenari di neutralità climatica, queste soluzioni potrebbero coprire dal 20% al 30% delle riduzioni globali di emissioni, colmando i limiti dell’elettrificazione diretta. Ma per raggiungere la scala industriale servono massicci capitali e politiche di sostegno: oggi, la maggior parte dei progetti è ancora in fase pilota.
Un decennio decisivo per il clima e per gli investimenti necessari alla transizione energetica
La sfida non è solo tecnologica ma anche finanziaria. Il rapporto stima che la transizione energetica richiederà tra 130 e 175 trilioni di dollari di investimenti cumulativi entro il 2060, metà dei quali destinati a elettrificazione e infrastrutture. Il ritardo nell’aumento della spesa rischia di bloccare la decarbonizzazione, mentre una corsa accelerata comporterebbe costi elevati nel breve periodo ma minori danni climatici e maggiori economie di scala nel lungo termine.
Come avverte Prakash Sharma, vicepresidente e responsabile scenari di Wood Mackenzie, “il sistema energetico sta diventando più complesso, interconnesso e volatile. Le scelte dei prossimi dieci anni determineranno se una decarbonizzazione significativa sarà ancora realizzabile”.













