Rinnovabili ha intervistato Federico Fea, Ceo di Powy realtà italiana della ricarica elettrica, nata a Torino nel 2018

In Italia sono oltre 65mila le colonnine di ricarica. In media sono una ogni 10 veicoli elettrici, ma la loro presenza regionale e territoriale è discontinua. Serve investire molto di più per rendere la ricarica di un’auto elettrica, un’esperienza semplice, di routine. Tra le aziende italiane impegnata su questa strada c’è Powy, azienda che possiede, sviluppa e gestisce una rete indipendente di infrastrutture di
ricarica pubblica per veicoli elettrici, dotate di energia 100% rinnovabile. Sono oltre mille quelle presenti sul territorio: da soluzioni di ricarica quick a quelle ultra-fast. Rinnovabili ha intervistato Federico Fea, Ceo di Powy, presente in azienda sin dalla sua fondazione, il 2018.
Il mercato della mobilità elettrica in Italia stenta a decollare, è rallentato rispetto alle aspettative europee. Come lo vede?
Non credo che nessuno ormai pensi a un ritorno indietro, ma è vero che lo sviluppo degli ultimi anni non sia stato così rapido come si poteva immaginare. Chi fa questo mestiere sa che anche le rinnovabili sono cresciute con gradualità, senza mai fermarsi. Così sarà per l’auto elettrica: il percorso è inesorabile. L’incertezza riguarda piuttosto il “quando” e il “come”, cioè la velocità e le modalità di diffusione. Eppure, il 2025 è partito molto bene: in Italia le immatricolazioni di auto elettriche nei primi cinque mesi, da gennaio a maggio, sono cresciute quasi del 73% rispetto al 2024, pur senza incentivi e con il mercato complessivo auto in calo dello 0,5%. Chi aveva scommesso su una crescita esponenziale delle infrastrutture ora deve adeguare i piani, ma per noi che abbiamo solide basi finanziarie e gestionali, questa è un’opportunità. Ci sarà un consolidamento selettivo, e gli operatori solidi come noi, potranno creare valore.

Come è stato il percorso di crescita di Powy, dalla fondazione a oggi?
Powy è nata nel 2018, ma è diventata realmente operativa dal 2021, quindi parliamo di meno di 5 anni di attività piena. In pochi anni abbiamo attratto oltre 100 milioni di dollari di investimenti esteri, soprattutto grazie a un socio prestigioso come Swiss Life Asset Managers, che gestisce oltre 300 miliardi di investimenti, è un colosso dei fondi di investimento e quindi è un motivo di orgoglio. Abbiamo creato un team di 50 persone da 10 nazionalità, tutte con competenze rilevanti in energia, automotive, digitale e mobilità elettrica. Oggi gestiamo oltre 1.000 punti di ricarica funzionanti e lavoriamo con clienti B2B di altissimo profilo: dalle Ferrovie dello Stato a grandi catene alberghiere e aziende del fast food, oltre a più di 80 Comuni tra cui Vicenza, Trento e Bolzano.
Quali sono le principali sfide logistiche e infrastrutturali che avete affrontato nel vostro sviluppo?
In questo settore nulla è facile, sia dal punto di vista logistico-infrastrutturale che nell’analisi preliminare. Bisogna prima di tutto capire dove investire, e ci siamo affidati a una profonda analisi dei dati, anche con intelligenza artificiale. Poi viene lo stack tecnologico: serve una selezione attenta dei fornitori e la capacità di adattare l’infrastruttura alle esigenze specifiche di ogni location.
La gestione e il permitting sull’installazione delle colonnine elettriche sono ancora molto complessi in Italia, per via di pratiche e tempistiche eterogenee a livello locale. Alcuni Comuni vedono ancora le colonnine come un problema, non come un’opportunità. E poi c’è la sfida più grande è quella della gestione, la fase pionieristica è finita e siamo in quella industriale, ma c’è molto da lavorare.
Le vostre colonnine sono alimentate al 100% da fonti rinnovabili. In che modo gestite l’approvvigionamento energetico?
Per il momento estremamente semplice, noi facciamo dei beauty contest, identifichiamo un partner che fornisce energia elettrica rinnovabile 100%, certificata da GSE. Per il futuro stiamo studiando come rendere più sofisticata, questa politica di sourcing, attraverso quelli che possono essere modelli di autoconsumo, piuttosto che di PPA, batterie reali e virtuali. Io non guarderei solo al tema delle fonti rinnovabili, è anche più importante considerare che quando creiamo un’infrastruttura di ricarica, prima di tutto spostiamo quello che è il punto di inquinamento rispetto al punto di consumo, perché un’auto termica purtroppo inquina laddove fa più male, cioè immediatamente nelle città dove si concentra la popolazione, quindi questo è un altro fattore che va sempre tenuto in considerazione.
Powy offre diverse soluzioni di ricarica. Come scegliete il mix di tecnologie da installare nelle varie regioni e contesti?
Scegliamo sempre in base all’analisi dei comportamenti dei clienti e all’utilizzo delle location. Nei supermercati, dove il cliente resta 30-45 minuti, installiamo ricariche adatte a quel tempo. Nei grandi centri commerciali alterniamo colonnine più lente a 22 kilowatt per chi vi trascorre la giornata, e rapide per chi fa shopping mordi e fuggi.
Le ultra-rapide solo dove c’è potenziale per attrarre nuova clientela, ad esempio vicino a svincoli autostradali. Il vero valore aggiunto è sfruttare i tempi morti dell’auto parcheggiata, sia per i clienti esperti che per i nuovi EV driver: spesso una ricarica lenta, ma ben programmata è più pratica ed economica di una fast. Conviene caricare velocemente fino all’80% e poi lasciare la percentuale residua magari in albergo dove riposo per il viaggio o la sera a casa, insomma dipende molto dalle abitudini, anche perché la ricarica in AC è sicuramente più economica che una ricarica in corrente continua.
L’esperienza d’uso delle colonnine di ricarica non è sempre positiva. Come lavorate per migliorarla e ridurre disagi da ansia da ricarica?
Siamo consapevoli che l’esperienza di ricarica in Italia può non essere sempre facile, in parte per la poca sensibilità in merito all’uso improprio degli stalli di ricarica, sicuramente alla manutenzione delle infrastrutture e, purtroppo, per i furti dei cavi. Sull’occupazione impropria delle colonnine stiamo testando sensori e telecamere per identificare un uso improprio per poi sanzionare chi non rispetta le regole.
Sulla manutenzione delle infrastrutture stiamo investendo, è un lavoro continuo di controllo, monitoraggio, logistica e rapidità degli interventi. Per esempio, se una SIM di una colonnina va offline per il blackout di un operatore telefonico, passiamo in automatico a un’altra rete. Il terzo problema è il furto di cavi che resta una piaga: servono più risorse e collaborazione con le forze dell’ordine, ma anche soluzioni tecnologiche a cui stiamo lavorando.
La sua azienda ha avviato una partnership con Stellantis già dal 2021. In che modo questa collaborazione supporta le vostre strategie di sviluppo e vi aiuta ad approcciare nuovi mercati, anche all’estero?
La partnership con Stellantis ha diversi ambiti e si è rivelata molto importante, non solo a livello commerciale, ma anche tecnologico e di innovazione. Da un lato, ci permette di proporre offerte riservate ai clienti Stellantis e di presentarci insieme per progetti in ambito B2B; dall’altro, ci confrontiamo sui trend di mercato e sulle migliori soluzioni per migliorare l’esperienza d’uso dei clienti.
Tutto questo ci aiuta a rendere le nostre soluzioni di ricarica compatibili con ogni tipo di vettura, non solo quelle del Gruppo Stellantis. Inoltre, la collaborazione ci dà solidità e credibilità, anche in ottica di espansione in Spagna e altri mercati europei; il confronto con un grande costruttore automobilistico ci permette di essere sempre allineati con le esigenze del settore e di anticipare le innovazioni più rilevanti.
Guardando ai prossimi dieci anni, quali saranno secondo lei, le principali innovazioni tecnologiche e di business che cambieranno il settore delle colonnine di ricarica?
Le innovazioni non mancheranno. Sul piano tecnologico, la ricarica ultraveloce è sicuramente un ambito di sviluppo, ma il vero collo di bottiglia oggi non è l’infrastruttura, bensì le batterie delle auto che non sono ancora in grado di assorbire stabilmente potenze così elevate. Per questo crediamo in un mix tecnologico: non vediamo il futuro solo nella ricarica ultraveloce, che rimarrà più costosa e destinata a certe aree, ma in una rete equilibrata che risponda alle diverse esigenze di utilizzo e di prezzo.
Stiamo seguendo con molta attenzione anche soluzioni innovative come i droni per la ricarica autonoma dei veicoli in aree protette. Ma il vero game changer, a nostro avviso, sarà l’integrazione tra veicoli elettrici e rete elettrica: il “vehicle-to-grid”. È un tema su cui lavoriamo da oltre dieci anni, anche grazie a esperienze maturate in gruppi come Enel, Endesa e FCA/Stellantis. Le auto elettriche sono parcheggiate oltre il 90% del tempo: le loro batterie possono diventare una risorsa preziosa per la rete, immagazzinando e restituendo energia quando serve, generando valore sia per il cliente finale sia per la stabilità del sistema elettrico nazionale e l’aumento delle rinnovabili. Quando questa integrazione diventerà realtà su larga scala, permetterà di abbattere il costo totale di possesso di un’auto elettrica e di accelerare ulteriormente la transizione.