Microplastiche dovunque, anche nei chewing gum, che le rilascerebbero nella saliva. Questa notizia, apparentemente allarmante, al momento è da ridimensionare. La ricerca che ne parla non è ancora pubblicata né sottoposta a peer review. Quindi è necessaria una ulteriore revisione scientifica più accurata per capire la reale portata del problema

I chewing gum contengono microplastiche?
Ha suscitato grande preoccupazione la notizia che nei chewing gum siano presenti microplastiche che, ovviamente finiamo per ingerire. È un allarme motivato? In California un gruppo di ricercatori ha voluto vederci chiaro.
Le microplastiche (frammenti di polimeri che vanno da 1 micrometro a 5 millimetri, le nanoplastiche hanno dimensioni inferiori) non sono solo nel mare, sono veramente dappertutto anche se non ne siamo consapevoli. Sono presenti nei cosmetici, nei vestiti, nei prodotti per l’igiene della casa, negli imballaggi ed entrano nel corpo umano attraverso l’ingestione e l’inalazione.
Gli scienziati ne hanno trovato traccia perfino nel cuore, nei polmoni, nel sangue, nei testicoli, nel cervello e nella placenta.
Partendo da questa considerazione, un gruppo di ricercatori della UCLA (University of California Los Angeles) ha voluto analizzare il livello quotidiano di esposizione alle microplastiche. Non lanciare un allarme, quindi, ma capire se bisogna allarmarsi.
Polimeri della plastica tra gli ingredienti dei chewing gum
Perché scegliere i chewing gum? Perché sono l’unico alimento che ha come ingrediente i polimeri della plastica. In altri alimenti, infatti, la contaminazione da microplastiche dipende dalla lavorazione o dal confezionamento.
I chewing gum sono fatti con una base gommosa a cui si aggiungono dolcificanti e aromi.
L’etichetta delle confezioni, tuttavia, non è abbastanza trasparente: i consumatori non sanno bene cosa stanno acquistando (ma diciamo la verità, quanti leggono l’etichetta del chewing gum?).
Uno studio ancora da verificare
I ricercatori hanno presentato il loro studio alla conferenza dell’American Chemical Society (ACS), ma Chewing gums: unintended sources of ingested microplastics in humans non è stato ancora pubblicato né sottoposto a peer review (ovvero la revisione critica da parte di esperti).
Lo studio ha testato dieci tipi di chewing gum, cinque derivati da gomme naturali e cinque derivati da polimeri sintetici.
Quelli di origine naturale usano un polimero vegetale (come il chicle, una sostanza ricavata dal lattice di Manicara chicle, una pianta tropicale originaria del Centro America), gli altri usano una gomma sintetica che deriva dai polimeri a base di petrolio.
Pertanto, i chewing gum di derivazione sintetica possono essere una fonte potenziale di microplastiche che si ingeriscono attraverso la saliva.
Cosa dimostra la rilevazione
Gli scienziati hanno effettuato il test su una sola persona, che ha masticato chewing gum per un periodo variabile da due a venti minuti, sciacquando ripetutamente la bocca tra una masticazione e l’altra.
Hanno poi analizzato la saliva con un microscopio FTIR, che permette di individuare la presenza di microplastiche.
La rilevazione dimostra che ogni grammo di chewing gum può rilasciare fino a 637 particelle di microplastica, il 94% viene rilasciato entro i primi 8 minuti dalla masticazione.
I ricercatori hanno precisato anche di aver rilevato la presenza di microplastiche sia nei chewing gum sintetici sia in quelli a base naturale. Resta da chiarire come ci siano finite: nel processo produttivo? O i reagenti hanno dato falsi positivi?
Inoltre, entrambi i gruppi analizzati contenevano gli stessi polimeri: poliolefine (un gruppo di materie plastiche che comprende polietilene e polipropilene), polietilene tereftalati, poliacrilammidi e polistireni.
In conclusione, lo studio rileva il rilascio di microplastiche nei chewing gum – che sicuramente non fanno bene alla salute – ma è necessaria una ulteriore revisione scientifica più accurata per capire la reale portata del problema.