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Per l’UE il vino è pericoloso come le sigarette?

Trascorsi sei mesi di silenzio assenso, l’UE ha concesso all’Irlanda l’autorizzazione ad adottare etichette per vino, birra e liquori dai toni terrorizzanti che, di fatto, equiparano il consumo di vino a quello delle sigarette. Un sistema che non giova alla salute dei consumatori né combatte l’alcolismo, ma crea uno scenario estremamente confuso. La strada da percorrere è l’informazione per il consumo responsabile

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – L’UE ha concesso all’Irlanda l’autorizzazione ad adottare etichette per vino, birra e liquori dai toni un po’ terrorizzanti del tipo “l’alcool uccide”, “il consumo di alcool provoca malattie del fegato” oppure “alcool e tumori sono direttamente collegati”. Parole che, di fatto, equiparano il consumo di vino a quello delle sigarette.

Silenzio assenso

Il progetto di regolamento europeo, infatti, introduce l’obbligo di riportare in etichetta avvertenze di tipo sanitario che fanno riferimento al cancro, alle malattie del fegato e alle donne in gravidanza. Tuttavia, il nocciolo della questione è che in queste avvertenze non si fa nessun riferimento alla quantità che si assume.

Italia, Francia, Spagna e altri sei Paesi UE si sono opposti alla decisione, ritenuta una barriera al mercato interno.

Lo scorso giugno l’Irlanda aveva notificato a Bruxelles di voler introdurre l’obbligo di health warnings sulle etichette degli alcolici, ovvero le avvertenze sui danni alla salute. Il 22 dicembre sono passati i sei mesi di moratoria previsti dalla normativa. Il via libera europeo è quindi una forma di silenzio assenso, e anche questo ha suscitato molto sconcerto.

Non si fa differenza tra abuso e consumo

I produttori sono in allarme. Ritengono che l’Irlanda costituisca un precedente pericoloso (altri potrebbero seguirne l’esempio) che rafforzerà la posizione della Commissione Europea, già molto severa per quanto riguarda vino e alcolici in generale.

«È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol.

Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate», afferma il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.

Educare al consumo consapevole

«Siamo particolarmente preoccupati per la deriva proibizionistica che il settore vitivinicolo europeo sta affrontando. La Commissione non ha ascoltato le riserve che l’Italia, con altri numerosi Stati membri, ha manifestato per opporsi alle misure introdotte dalla normativa irlandese creando un grave precedente e un potenziale ostacolo al commercio interno», ha commentato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura.

Giansanti sottolinea infatti che «occorre contrapporre a queste decisioni l’evidenza che è solo l’abuso di alcol, e non il consumo moderato, a poter determinare effetti nocivi sulla salute. Soltanto con strumenti di prevenzione e di educazione al consumo consapevole è possibile evitare i fenomeni dell’alcolismo».

Un precedente pericoloso

Allarmato anche il presidente dell’Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi: «Il silenzio assenso di Bruxelles a Dublino relativo alle avvertenze sanitarie in etichetta per gli alcolici rappresenta una pericolosa fuga in avanti da parte di un Paese membro.

Secondo UIV, il mancato intervento della Commissione Europea mette a repentaglio il principio di libera circolazione delle merci in ambito comunitario e segna un precedente estremamente pericoloso in tema di etichettatura di messaggi allarmistici sul consumo di vino.

Temiamo che la Direzione generale per la Salute voglia adottare nei prossimi mesi questo approccio a livello europeo lasciando nel frattempo libera iniziativa ai singoli Paesi membri, al fine di sdoganare sistemi adottati senza un previo dibattito pubblico a livello europeo.

I fatti di oggi segnano uno scenario paradossale e ingovernabile, fatto di una babele di etichette all’interno dell’Unione Europea che purtroppo non risolvono il problema dell’alcolismo, che dovrebbe essere basato su un approccio responsabile nei consumi di prodotti molto diversi tra loro».

Una norma che contrasta con il buon senso e la realtà

Duro il commento di Micaela Pallini, presidente di Federvini: «Un sistema unilaterale che spacca il mercato unico europeo, una modalità discriminatoria perché non distingue tra abuso e consumo e criminalizza prodotti della nostra civiltà mediterranea senza apportare misurabili ed effettivi benefici nella lotta contro il consumo irresponsabile.

Chiediamo che il Governo Italiano si attivi quanto prima per studiare ogni azione possibile, nessuna esclusa, per osteggiare una norma che contrasta con il buon senso e la realtà.

Forse è giunta l’ora che il tema venga trattato a livello politico in ambito UE, non da soli ma con i partner europei che hanno già manifestato gravi perplessità su questo tipo di normativa. È necessario una presa di posizione di fronte al mutismo della Commissione Europea».

Leggi anche Salute: dall’UE etichette fuorvianti per vino, carne e salumi

Un ostacolo alla libera circolazione delle merci nell’UE

Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, ritiene gravissima questa decisione e lascia pensare «che dietro questa scelta si miri un’altra volta non a garantire la salute ma condizionare i mercati, perché la spinta è venuta da Paesi in cui non si produce vino ma si abusa di superalcolici».

A tale proposito, Lollobrigida di concerto con il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani ha scritto al commissario europeo per il Mercato interno e i Servizi, Thierry Breton.

Secondo i ministri italiani l’applicazione di questa normativa porterebbe una distorsione del mercato interno comunitario: inciderebbe sulla libertà degli scambi e sulla libera circolazione delle merci all’interno dell’UE, e colpirebbe una delle principali filiere produttive dell’agroalimentare italiano.

Nel testo della lettera a Breton, Tajani e Lollobrigida affermano che «l’Italia sostiene un approccio informativo volto a educare i consumatori a comportamenti responsabili e a scelte consapevoli, senza però l’adozione di misure nazionali di carattere arbitrario. Chiediamo pertanto un suo intervento a tutela del corretto funzionamento del mercato interno, in linea con la giurisprudenza UE che vieta restrizioni quantitative».

De Castro: il via libera non è definitivo

«Sorprende come la Commissione europea non prenda minimamente in considerazione la posizione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento UE che, nella risoluzione sulla lotta contro il cancro del febbraio scorso, ha categoricamente escluso l’introduzione di sistemi di etichettatura sanitari, come quelli presenti sui pacchetti di sigarette», commenta Paolo De Castro, membro della commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo.

Leggi anche Vino, in UE passa la distinzione tra consumo moderato e abuso

«Ancora una volta ci troviamo di fronte al tentativo di alcuni Paesi nord-europei di demonizzare settori che rappresentano un patrimonio della nostra cultura e tradizione eno-gastronomica, con richieste paradossali che peraltro mettono a serio rischio il funzionamento del mercato unico europeo, con i nostri produttori che si troverebbero a dover rispettare norme di etichettatura differenti da un Paese UE all’altro».

Manca l’autorizzazione dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio

De Castro sottolinea che il via libera non è definitivo, perché manca l’autorizzazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio in quanto «questa normativa rappresenta una barriera anche a livello internazionale. Un processo che prevede una durata di circa 60 giorni.

Se da un lato la Commissione pare abbia scelto di voler condizionare le scelte dei consumatori europei, come Parlamento lavoreremo invece per informarli di più e meglio, con sistemi di etichettatura delle bevande alcoliche più trasparenti, che forniscano informazioni sul consumo moderato e responsabile.

Un lavoro già iniziato, con la revisione del regolamento sulle Indicazioni geografiche, che dovrà essere lo strumento per proteggere allo stesso modo tutti i prodotti di qualità europei, a partire dal vino, da questi tentativi di criminalizzazione».

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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