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Kabul rischia di diventare la prima città moderna a ritrovarsi senza acqua

L'Afghanistan è il sesto Paese più vulnerabile al cambiamento climatico ed è anche uno dei meno preparati ad affrontarlo.

Kabul senza acqua entro il 2030, a rischio 6 milioni di persone
Immagine creata con IA

di Erminia Voccia

Presto Kabul resterà senza acqua. La capitale dell’Afghanistan potrebbe diventare la prima città dell’era moderna a ritrovarsi completamente a secco. I livelli d’acqua delle falde acquifere si sono ridotti di più di 30 metri negli ultimi 10 anni a causa della rapida urbanizzazione e degli effetti del surriscaldamento globale.

Kabul senza acqua entro il 2030

Un report dell’ONG Mercy Crops disegna un quadro complessivo scoraggiante. Un insieme di fattori ha aggravato la crisi idrica e su Kabul sembra essersi abbattuta una tempesta perfetta. I sistemi idrici e di irrigazione non sono stati modernizzati, nonostante gli aiuti internazionali. La pessima gestione delle risorse, l’urbanizzazione e la perforazione incontrollata di pozzi ha esacerbato il problema. Prima di tutto, però, ha influito il cambiamento climatico, certamente non una novità per la città, abituata al fenomeno della siccità. I conflitti sulla gestione delle risorse idriche condivise, in particolare con l’Iran per il fiume Helmand, hanno evidenziato l’urgenza di interventi mirati.

L’Afghanistan è il sesto Paese più vulnerabile al cambiamento climatico secondo il Notre Dame Global Adaptation ed è anche uno dei meno preparati ad affrontarlo. Inoltre, la popolazione di Kabul è esplosa, i residenti sono passati da 1 milione nel 2001 a quasi 6 milioni nel 2025, esercitando altre pressioni sulle risorse idriche già scarse. In assenza di interventi, come avverte lo studio di Mercy Crops, Kabul potrebbe ritrovarsi completamente senz’acqua entro il 2030.

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Gli effetti del cambiamento climatico sull’Afghanistan

La posizione geografica rende l’Afghanistan particolarmente esposto alla siccità e la contrazione delle precipitazioni ha ridotto notevolmente l’acqua di disgelo in arrivo dalle montagne. Kabul dipende moltissimo dall’acqua di disgelo proveniente dai ghiacci delle montagne dell’Hindu Kush per il ricambio delle acque di falda. Tra il 2014 e il 2020, le nevicate sono diminuite del 20%. Inverni più brevi comportano una minore quantità di neve e di ghiaccio e dunque meno acqua che si soglie e viene giù dalle montagne in primavera. Tra ottobre 2023 e gennaio 2024, il Paese ha ricevuto solo il 45-60% di precipitazioni rispetto alle medie del picco della stagione invernale degli anni precedenti.

Di conseguenza, quasi il 40% delle abitazioni lamenta la mancanza di accesso all’acqua pulita. Le condizioni delle case della capitale non molto diverse da quelle delle zone più remote del Paese.

Non solo, quasi l’80% delle acque di falda è inquinato a causa dei liquami, tossine e livelli pericolosamente elevati di sostanze chimiche come arsenico e nitrati. Per chi non ha accesso all’acqua di pozzo, il prezzo dell’acqua è aumentato vertiginosamente perché alcuni privati hanno iniziato a rivendere l’acqua estratta, nonostante sia un bene pubblico. La crisi idrica rappresenta un fallimento di governance, gestione umanitaria e pianificazione.

Tuttavia, non solo Kabul resterà senza acqua. Altre città sembrano seguire la stessa traiettoria, stando a un altro report del think tank statunitense Rand. Anche Città del Capo, Melbourne, San Paolo, Las Vegas e New Orleans affrontano rischi gravi catastrofici per l’approvvigionamento idrico.

QUI il report dell’ONG Mercy Crops.

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