La Corte dei Conti europea stima che gli investimenti dei gestori delle reti elettriche non riusciranno a investire risorse sufficienti nell’adeguamento infrastrutturale necessario per arrivare al 2050 sostenendo la piena decarbonizzazione

Stiamo investendo ancora troppo poco nel rafforzamento della rete elettrica UE. Con il rischio di arrivare impreparati al traguardo della completa decarbonizzazione nel 2050. Dovremmo mobilitare il triplo delle risorse attuali. Tra 2015 e 2023, in media, ogni anno i gestori di rete europei hanno investito 30 miliardi di euro. Il fabbisogno stimato oscilla tra i 65 mld l’anno da qui al 2030 fino ai 96 mld annui del prossimo decennio. Lo afferma una relazione della Corte dei Conti europea.
“Gran parte della rete elettrica dell’UE è stata costruita nel secolo scorso: quasi metà delle linee di distribuzione ha più di 40 anni. Per garantire la competitività e l’autonomia dell’UE, occorrono infrastrutture moderne che possano sostenere la nostra industria e mantenere i prezzi accessibili”, ha affermato Keit Pentus-Rosimannus, il Membro della Corte dei Conti europea responsabile dell’analisi pubblicata il 1° aprile.
“Si prevede che la domanda di energia elettrica nell’UE sarà più che raddoppiata entro il 2050; sono dunque inevitabili notevoli investimenti nella rete. Bisogna però utilizzare ogni strumento disponibile per ridurre al minimo il fabbisogno d’investimenti: nuove tecnologie, soluzioni di stoccaggio e reti più flessibili possono tutte contribuire a tenere bassi i costi”, sottolinea la relazione.
Investimenti nella rete elettrica UE: stato attuale e gap da colmare
Secondo la relazione, la rete elettrica UE necessita di investimenti tra i 1.994 e i 2.294 miliardi di euro entro il 2050 per soddisfare le esigenze della transizione energetica. Tuttavia, il ritmo degli investimenti pianificati dai gestori di rete è insufficiente rispetto alle stime della Commissione UE.
I numeri parlano chiaro. Lo storico degli investimenti nella rete si ferma a 30 mld euro l’anno come media del periodo 2015-2023. Dal 2024 in poi, e soprattutto dopo il 2030, i gestori di rete hanno pianificato interventi insufficienti:
- il 2024-2030 è l’unica finestra temporale in cui le risorse programmate (72 mld) superano quelle considerate necessarie per la transizione energetica (65 mld).
- nel 2031-2040, le risorse già programmate sono appena 30 mld. La Corte dei Conti ipotizza che i gestori, seguendo lo storico, possano aggiungere altri 38 mld. Ma si resterebbe comunque sotto la soglia minima suggerita dall’esecutivo UE: 68 mld contro i 79 necessari (che potrebbero anche arrivare a 96 mld);
- nel 2041-2050 l’andamento è analogo. Ai 13 mld di risorse pianificate se ne potrebbero aggiungere 55 mld, ma si resta sotto il minimo sindacale di 75 mld, e ben al di sotto del fabbisogno massimo previsto a 88 mld.
La Corte sottolinea che, sebbene siano stati compiuti progressi significativi, è urgente accelerare gli sforzi per colmare questo gap. Le difficoltà principali? La complessità delle procedure di autorizzazione, la carenza di attrezzature e manodopera qualificata, oltre alla necessità di un coordinamento efficace nella pianificazione delle reti a livello europeo.
Miglioramento della rete elettrica: ostacoli e soluzioni
La preparazione della rete elettrica incontra diversi ostacoli strutturali e normativi. Tra i principali problemi identificati nella relazione spiccano:
- Procedure di autorizzazione lente e complesse: questi processi rallentano lo sviluppo infrastrutturale. La Corte suggerisce una razionalizzazione delle procedure per accelerare gli investimenti.
- Carenze di manodopera qualificata e attrezzature: la formazione di personale specializzato e l’accesso a tecnologie avanzate sono essenziali.
- Coordinamento insufficiente nella pianificazione: una maggiore integrazione tra Stati membri potrebbe migliorare l’efficienza.
Per superare questi ostacoli, l’UE ha già avviato iniziative come il piano REPowerEU e misure per promuovere la flessibilità delle reti. Soluzioni innovative quali lo stoccaggio dell’energia, la gestione della domanda e il coinvolgimento dei prosumer (consumatori che producono energia, ad esempio attraverso la diffusione delle Comunità Energetiche Rinnovabili) possono ridurre la necessità di espansioni infrastrutturali su larga scala.