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Più di 40 nomine dell’Amministrazione Trump sono direttamente legate alle fonti fossili

Un’inchiesta pubblicata da Public Citizen e Revolving Door Project denuncia l’intreccio tra lobby fossili e Amministrazione Trump. Il report “Trump’s Polluter Playground” documenta come, nel secondo mandato del Presidente, le principali agenzie federali siano guidate da figure legate all’industria dei combustibili fossili, delineando un piano sistematico per smantellare le politiche climatiche statunitensi.

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Immagine generata da IA

Un nuovo rapporto svela i legami tra l’industria dei combustibili fossili e Trump. Almeno 96 milioni di dollari sarebbero stati versati da donatori dell’industria fossile a sostegno della campagna elettorale e dei gruppi politici affiliati a Donald Trump. Gli stessi donatori avrebbero contribuito con altri 11,8 milioni di dollari alle spese della seconda cerimonia di insediamento.

In cambio, il Presidente ha affidato la guida delle agenzie energetiche e ambientali a esponenti provenienti da aziende petrolifere e del gas e think tank conservatori. Trump ha sistemato tali figure in agenzie chiave sulla base dei legami con le aziende delle fonti fossili e spesso senza nessuna esperienza nei ruoli da ricoprire. Da quando è entrato in carica, ha anche predisposto agevolazioni fiscali e dazi doganali a favore dello stesso settore.

I legami tra l’industria dei combustibili fossili e Trump

Secondo l’analisi, su 111 alti funzionari nominati in nove agenzie chiave, 43 sono ex dipendenti dell’industria dei combustibili fossili. Tra questi ci sono alti funzionari come il Segretario all’Energia Chris Wright, ex CEO della società di fracking Liberty Energy. L’elenco comprende ex dirigenti di aziende petrolifere, avvocati d’impresa, lobbisti e personalità politiche repubblicane allineate all’agenda MAGA anti-climatica.

Tra i profili analizzati, 29 funzionari risultano ex dirigenti di aziende attive in settori inquinanti i cui interessi coincidono con quelli dell’industria dei combustibili fossili, come il settore chimico, automobilistico e minerario. Altri 14 sono ex avvocati aziendali, 12 sono persone legate a think tank di destra finanziati dai combustibili fossili, 7 sono persone legate principalmente alla politica repubblicana, come funzionari eletti o promotori degli interessi dei combustibili fossili, e 6 provengono da aziende di servizi pubblici o dall’industria dell’energia nucleare. Il rapporto dimostra appunto che queste figure adesso lavorano nelle agenzie federali deputate alle politiche energetiche e ambientali.

Il piano strategico Project 2025

Molte delle nomine e delle azioni dell’Amministrazione sono guidate da Project 2025, piano strategico elaborato da Heritage Foundation e altri gruppi dell’estrema destra, una sorta di “canale di personale” sfruttato per consolidare il potere delle aziende dei combustibili fossili nel lungo termine. La narrazione ufficiale dell’Amministrazione Trump si fonda su un’emergenza energetica dichiarata a inizio mandato. La presunta emergenza giustificherebbe gli attacchi normativi contro le rinnovabili e l’espansione dei combustibili fossili.

Deregolamentazione, propaganda e attacchi alla scienza

Trump ha avviato il più ampio programma di deregolamentazione ambientale della storia degli Stati Uniti. Le agenzie federali sono state svuotate di personale tecnico e scientifico, i fondi per ricerca e innovazione sono stati tagliati, alcune norme sulla tutela ambientale sono state revocate, altre sulle emissioni inquinanti sono state prorogate. L’Amministrazione ha persino annunciato la cancellazione della “Endangerment Finding”, la base scientifica e legale che consente all’EPA di regolare i gas serra.

Le terre pubbliche offerte all’industria estrattiva

L’attacco non riguarda solo il clima, ma anche il patrimonio pubblico, come le foreste nazionali e le riserve naturali. La legge fiscale, “One Big Beautiful Act“, ad esempio, ha aperto ampie zone di territorio federale a trivellazioni e attività minerarie e ha deciso l’eliminazione degli incentivi alle energie rinnovabili.

Al centro di questo processo c’è Doug Burgum, attuale Segretario degli Interni. Ex governatore del North Dakota, Burgum è stato a lungo il tramite tra i donatori dell’industria petrolifera e del gas e la campagna di Trump. Il Segretario sembra aver confuso la gestione dei terreni pubblici con la contabilità aziendale. “Questo è il bilancio dell’America e, se fossimo un’azienda, ci guarderebbero e direbbero: ‘Wow, state davvero limitando il vostro bilancio’“, ha dichiarato lui stesso a gennaio. Burgum ha lavorato su diversi fronti per sopprimere le energie rinnovabili, ha promosso esplicitamente il carbone come “risorsa fondamentale” e ha persino chiesto al Governo di ripagare le aziende di combustibili fossili per i progetti annullati.

Le conseguenze dei legami tra la lobby dei combustibili fossili e Trump

La strategia di Trump non è moto diversa da quella del primo mandato, quando il Presidente si affidò a figure come il CEO di Exxon Mobil, Rex Tillerson, e ai lobbisti Andrew Wheeler e David Bernhardt, interessati ad abrogare le normative ambientali e ad espandere massicciamente la produzione di petrolio e gas.

I funzionari che guidano la seconda Amministrazione Trump, così come lui stesso, si sono dimostrati per anche più aggressivi nel favorire gli alleati nei settori dei combustibili fossili e in quello minerario. Nel complesso, queste politiche favoriscono lo sfruttamento della sfera pubblica da parte dell’industria a tutto vantaggio del profitto privato e soffocando la concorrenza.

La riconfigurazione dell’apparato federale in favore dell’industria fossile rappresenta una minaccia sistemica per la transizione climatica globale. La combinazione tra deregolamentazione, attacco alla scienza e smantellamento delle tutele ambientali rischia di bloccare l’innovazione energetica, aumentare l’inquinamento e compromettere gli impegni assunti dagli Stati Uniti a livello internazionale.

QUI il rapporto Trump’s Polluter Playground: Fossil Fuel Insiders & Ideologues Prop Up Dirty Energy & Derail Clean Power

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