Il Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Coldiretti ha dedicato la seconda giornata all’Europa. Mentre si discute se tagliare i fondi agli agricoltori, dal settore emergono proposte e richieste ma il no ai tagli è unanime. L’agricoltura è un settore strategico, e come tale va sostenuta e potenziata

Dov’è l’Europa?
La seconda giornata del Forum di Coldiretti si è aperta con domande cruciali. Qual è il futuro dell’Europa? Risponde ai bisogni reali degli agricoltori? Riesce a valorizzare le eccellenze e il capitale femminile?
«L’Europa è importantissima e tutti ne abbiamo bisogno, ma abbiamo bisogno di un’Europa diversa da quella che abbiamo di fronte oggi». Così Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti, ha introdotto la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola nel XXIII Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione.
Metsola, la prossima PAC sosterrà il reddito degli agricoltori
Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo, ha portato una ventata di speranza per gli agricoltori: «Basta parole vuote, abbiamo capito che volete azioni, risultati, un’Europa che vi sostenga e non vi ostacoli.
Il compito per cui avete eletto i rappresentanti del Parlamento Europeo è far funzionare le cose semplificando la vita alle famiglie, agli agricoltori e alle imprese. Quindi ridurre la burocrazia e semplificare le regole per permettervi di pianificare, investire e crescere.
Gli agricoltori devono essere al centro del dibattito. Difenderemo il bilancio e modernizzeremo gli strumenti, mantenendo lo sguardo su ciò che conta davvero: le persone e i produttori.
La prossima PAC dovrà sostenere il reddito degli agricoltori, garantire condizioni eque, sostenere la produzione alimentare e promuovere l’innovazione. Le comunità rurali non devono sopravvivere ma prosperare.
Il Parlamento si opporrà al taglio dei fondi per l’agricoltura
La politica commerciale deve difendere i nostri standard, la nostra qualità e il nostro modello agricolo.
Sosterremo il commercio aperto e i partenariati, ma la nostra prima responsabilità è verso chi produce in Europa. Quando altri non rispettano le regole e vi mettono in posizione di svantaggio, l’Europa saprà intervenire per difendere i vostri interessi».
Tuttavia, il temuto taglio ai fondi per l’agricoltura è un problema reale. La risposta di Metsola è stata netta: «È in corso un dibattito su come rivedere la misura. Fino al 2026 possiamo lavorare per trovare un accordo tra Parlamento e Consiglio. Il Parlamento è pronto a dire no se la proposta non sarà adeguata, ma continueremo a lavorare sulle proposte e sulla mediazione fino al 2026».
L’agricoltura europea penalizza le donne
«Le donne sono molto penalizzate, eppure rigenerano le zone marginali, innovano i sistemi produttivi, creano valore economico.
In Europa sono considerate un indicatore sociale non una variabile economica. Nelle aree marginali le donne tengono vivi i confini, creano economia e coesione sociale», ha affermato Maria Francesca Serra, responsabile nazionale Donne di Coldiretti.
Cosa serve alle donne che vogliono fare impresa in agricoltura? «L’accesso al credito e alla terra, una formazione digitale, delle reti.
Chiediamo all’Europa un “fondo di continuità” per il periodo di maternità con tutele previdenziali come ogni altra categoria. Vogliamo essere parte di un disegno economico».

Ridurre i fondi all’agricoltura è un errore politico
Dominga Cotarella, presidente di Fondazione Campagna Amica e dii Terranostra, ho sottolineato la miopia di ridurre i fondi all’agricoltura, come vorrebbe fare la Commissione Europea: «Il 20% di riduzione è un errore politico che mette in discussione 30 anni di percorso di innovazione, di diversificazione e di modernizzazione che ha portato l’agricoltura italiana ad essere un sistema imprenditoriale avanzato, competitivo e sostenibile.
La Fondazione Campagna Amica ha salvato e rafforzato 50mila aziende che altrimenti avrebbero chiuso.
Nel 2024 la multifunzionalità ha raggiunto un valore di circa 15 miliardi di euro, il 20% del Pil agricolo».
Una scelta perdente non solo dal punto di vista economico, ma anche di custodia e gestione del territorio che oggi è nelle mani degli agricoltori.
Se poi parliamo di sicurezza alimentare, tagliando i fondi diminuirebbe anche la produzione di cibo legato al territorio che non solo è sano e sostenibile, ma anche rappresentativo di quelle tradizioni secolari che caratterizzano le aree rurali.
Senza agricoltura non c’è Europa
Non si può puntare solo sulla sostenibilità a discapito dell’agricoltura, perché «senza agricoltura non c’è l’Europa», ha detto Cotarella al Forum di Coldiretti. Quindi bisogna cambiare visione e riconoscere il ruolo e il valore delle aziende agricole.
Il futuro non è solo agricoltura, ma mercati, trasformazione. Servono regole trasparenti e condivise basate sul principio di reciprocità.
«Difendere la PAC è difendere quell’anima europea che nasce dal cibo, dal lavoro, dalle imprese. Se vogliamo cambiare quello che non funziona dobbiamo partire dall’inizio, ovvero da come l’Europa guarda se stessa.
Non un insieme di regole nelle mani di tecnocrati, ma come una comunità di popoli distinti che condividono valori come il cibo, la sicurezza, il lavoro, la salute e la cultura».

Quale Europa vogliamo?
Sull’identità dell’Europa ha speso parole appassionate anche Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste nel suo intervento al Forum di Coldiretti.
«Vogliamo che quello che era scritto nei Trattati di Roma sia mantenuto come pilastro fondante delle dinamiche dell’UE.
La politica agricola comune, così definita nel 1962 a Stresa, serve per garantire il reddito agli agricoltori a prescindere dal valore delle loro produzioni perché restino a custodire il territorio.
Vogliamo un’Europa più credibile, che torni a fare scelte meno ideologiche e più pragmatiche, come fecero i padri fondatori».
Accordi commerciali con regole chiare basate sulla reciprocità
Gli accordi commerciali come il Mercosur sono temi scottante, su cui in Europa il dibattito è molto teso. Chiusura dei confini? Non avrebbe senso, l’Italia è un paese esportatore. Ma servono regole chiare: «Non accettiamo che si importi il riso a tasso zero da nazioni in cui vengono usati i bambini di 12 anni nelle risaie».
Vogliamo invece che l’Europa imponga «maggiori dazi a chi sfrutta il lavoro, non rispetta l’ambiente, non rispetta le regole che imponiamo ai nostri imprenditori, importa merci a basso costo non dovuti all’efficientamento delle imprese ma allo sfruttamento degli delle persone.
Ci interessa la reciprocità. Se chiediamo degli sforzi ai nostri agricoltori ai nostri trasformatori, ai nostri industriali dobbiamo avere la certezza che anche gli altri rispettino le stesse regole».
L’Europa e la sicurezza energetica
L’Europa si è posta il problema della sicurezza energetica quando le forniture sono venute a mancare, ed è in ritardo rispetto ad altri paesi.
Ha affermato Claudio Descalzi, amministratore delegato di ENI: «La transizione energetica resta un obiettivo fondamentale, soprattutto come strumento di diversificazione, che rappresenta l’unico modo per ridurre le vulnerabilità e aumentare la sicurezza.
Tuttavia, non può essere solo una transizione “sussidiata”: il sistema deve reggersi su basi economiche solide e generare ritorni reali, altrimenti non è sostenibile nel lungo periodo».
Allo stato attuale, le rinnovabili sono una risposta efficace? La prospettiva di Descalzi è molto pragmatica: «La transizione energetica deve essere complementare e non sostitutiva: occorre tenere conto della domanda attuale, che per l’80% è ancora coperta da fonti fossili.
Anche l’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie, che richiedono grandi quantità di energia, non potranno basarsi unicamente sulle rinnovabili. Serve un equilibrio, un mix diversificato che includa tutte le fonti disponibili».

Le importazioni dai paesi extra-UE mettono a rischio la salute
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, chiude il Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione con una riflessione: «Il bilancio comunitario 2025-2030 prevede un aumento degli investimenti, ma la maggior parte delle risorse va al settore bellico.
Riarmare l’Europa mentre si riducono fondi per agricoltura e alimentazione è un rischio che non possiamo permetterci».
La riduzione degli investimenti in agricoltura avrà un impatto anche sulla salute dei cittadini. Ridurre la produzione agricola europea costringerà ad aumentare le importazioni da paesi che non rispettano le stesse regole in fatto di sicurezza alimentare, sostenibilità e rispetto dei diritti dei lavoratori.
Da un’analisi di Coldiretti emerge infatti che nei primi nove mesi del 2025 sono scoppiati nell’Unione Europea oltre duemila allarmi alimentari a causa di cibi importati da paesi extra-UE, con residui di pesticidi oltre i limiti, sostanze cancerogene e batteri.
Il cibo è la vera arma strategica di un Paese
«Il cibo è la vera arma strategica di un Paese: garantisce coesione sociale, sviluppo economico e occupazione». È impensabile ridurre i fondi per l’agricoltura mentre altri paesi rafforzano le produzioni: l’Europa ne uscirebbe depotenziata e marginalizzata.
Il no di Prandini al taglio della PAC è deciso: «Non accetteremo mai il taglio delle risorse, è una scelta miope e sbagliata. Non possiamo permettere che Cina, India, Stati Uniti e Brasile vadano avanti e investano nell’agricoltura come strumento geopolitico mentre l’Europa resta indietro. È una scelta strategica oltre che economica».
Si deve invece rafforzare l’agricoltura, ma senza fondi adeguati è impossibile. Precisa Prandini: «Nel 1980 la Politica Agricola Comune rappresentava il 73% del bilancio comunitario, oggi oscilla tra il 14 e il 15%: così si mette a rischio un settore vitale per l’intera collettività».
Investiamo sui giovani rendendo l’agricoltura più competitiva: «Il cibo deve rimanere un bene distintivo, legato a biodiversità, territorio e cultura, seguendo modelli millenari come la dieta mediterranea».













