Rinnovabili • Professione olio d’oliva: l’eccellenza del saper fare italiano Rinnovabili • Professione olio d’oliva: l’eccellenza del saper fare italiano

Professione olio d’oliva: l’eccellenza del saper fare italiano

Creare un olio d’oliva di qualità è una professione a tutti gli effetti, che richiede competenze specifiche e quindi ha bisogno di formazione. Come dietro ogni buon vino c’è un enologo, pochi sanno chi c’è dietro all’olio d’oliva. Proviamo a conoscere questi professionisti altamente specializzati

Professione olio d’oliva: l’eccellenza del saper fare italiano
Foto Beniamin Ciripan/ASSITOL

Professione olio d’oliva, la qualità non si improvvisa

Creare un olio d’oliva di qualità è una professione a tutti gli effetti, che richiede competenze specifiche. Questo pilastro della dieta mediterranea, riconosciuta come sana e salutare, è un simbolo del cibo italiano di eccellenza, un protagonista di quel grande patrimonio di creatività che è il Made in Italy.

Dietro ogni buon vino c’è un enologo, ma chi c’è dietro all’olio d’oliva?

Proprio in occasione della Giornata Nazionale del Made in Italy 2025, che ricorre il 15 aprile, ASSITOL (Associazione Italiana dell’Industria Olearia) ha voluto accendere i riflettori sui diversi professionisti che stanno dietro alla produzione dell’olio d’oliva nella tavola rotonda “Professione olio d’oliva: l’eccellenza del saper fare italiano”.

«I professionisti dell’industria olearia, altamente specializzati e spesso sconosciuti al grande pubblico, sono il cuore pulsante di questo settore», ha dichiarato Anna Cane, presidente del Gruppo Olio d’oliva di ASSITOL.

Chi conosce l’esperto della materia prima, il maestro del blend, l’esperto dei nuovi mercati? Queste figure sono fondamentali per lo sviluppo del settore, eppure sono poche decine in Italia. Si sono sviluppate all’interno delle imprese olearie, che ancora oggi si occupano della loro formazione.

Si tratta di professionisti con una «formazione specifica e continua, che si adatta alle evoluzioni del mercato e dei consumi. Valorizzarli significa rafforzare la filiera e lavorare per il suo futuro».

I numeri

Il cambiamento climatico incide in modo significativo sulla produzione, come si è visto negli ultimi due anni segnati da una forte siccità. L’ultima campagna di raccolta, in particolare, ha registrato un calo del 30%. La minore disponibilità ha provocato un rialzo dei prezzi e una riduzione dei consumi (-10%).

L’olio d’oliva ha un importante valore economico e commerciale. Vediamo qualche numero in sintesi:

  • 15mila occupati, tra dipendenti e indotto
  • circa 4 miliardi di fatturato
  • la produzione industriale è pari a un milione di tonnellate (tra mercato italiano ed esportazioni)
  • l’Europa è il primo mercato di sbocco (75%) dell’olio italiano, seguito da Nord America e Asia orientale e centrale
  • il 50% dei consumi è nell’UE (in testa Spagna e Italia). Gli USA sono forti consumatori, potrebbero diventare i primi al mondo entro il 2030.

L’esperto di nuovi mercati

Emanuele Siena è direttore marketing internazionale di Salov (Società Anonima Lucchese Olii e Vini), fondata nel 1919.

In realtà le radici dell’azienda risalgono al 1867 e ha sempre mantenuto saldo il principio di una produzione sostenibile secondo i principi dell’agricoltura integrata.

Salov rappresenta due brand, Filippo Berio e Sagra, ed è un portavoce dell’olio d’oliva nel mondo: è presente in oltre 70 paesi.

«La giusta lettura di un nuovo mercato si basa su un approccio di lavoro flessibile e curioso. L’esperto di nuovi mercati deve possedere apertura internazionale e mentalità multiculturale», ha detto Siena portando due esempi di successo molto diversi tra loro: il Brasile e le Filippine, due grandi mercati che non collegano l’olio d’oliva all’Italia, bensì al Portogallo e alla Spagna.

Per acquisire una posizione è stato necessario «capire le abitudini delle persone e proporre quello che era più adatto ai loro gusti». Ad esempio, il pesto ha aperto la strada all’olio italiano nelle Filippine.

«Alcuni considerano l’olio d’oliva un ingrediente per piatti etnici. Quindi bisogna educare il consumatore, spiegare cos’è l’olio d’oliva e come usarlo, magari attraverso la visibilità di chef locali che sono veri e propri influencer», ha spiegato Siena.

La blendmaster

Con una laurea in Chimica nel curriculum, Marzia Migliorini è la blendmaster di Carapelli Firenze. Il blendmaster è un super esperto che unisce la conoscenza delle diverse varietà e delle qualità organolettica degli oli, oltre alla sensibilità nel riconoscere le diverse sfumature di sapore e aroma. Inoltre, servono competenze sulle trasformazioni che avvengono nel frantoio e sulla conservazione dell’olio d’oliva.

Ma non basta. Bisogna allinearsi alle preferenze di consumo per riuscire a produrre il blend più adatto al consumatore finale.

Quindi il blendmaster è concretamente la persona che – dopo un’analisi olfattiva e gustativa – in un’azienda olearia si occupa di «selezionare e accostare oli di diverse cultivar e origine per crearne uno con caratteristiche sue distintive», spiega Migliorini.

Lavoro difficile e delicato, quindi, che richiede «passione e impegno, molte competenze, lavoro di squadra e continuo aggiornamento, e per il quale non esiste un percorso accademico. Molte cose le ho imparate in azienda».

Anna Cane ha definito questa figura “artista dell’assaggio”: come il musicista dalle note crea un’armonia, allo stesso modo il blendmaster crea una miscela armoniosa da cultivar diverse.

L’esperto della materia prima

Un “diplomatico della materia prima”. Così si è definito Emanuele Zampetti, esperto della materia prima e direttore selezioni e acquisti di Costa d’Oro.

L’esperto della materia prima non si limita alla selezione e all’acquisto, deve saper anticipare le tendenze del mercato, raccogliere e analizzare i dati, fare tesoro delle esperienze sul campo.

Ma come si diventa esperti della materia prima? Per Zampetti «la relazione personale con i fornitori è fondamentale: chi produce l’olio diventa un partner con cui di stabilisce un rapporto di fiducia e si costruisce un percorso comune basato sulla condivisione di valori».

La formazione dei professionisti

Gli studenti dell’Istituto Tecnico Agrario “Giuseppe Garibaldi” hanno a disposizione 76 ettari di terreno per mettere in pratica quello che nei laboratori hanno imparato in teoria, spiega il preside Andrea Pontarelli.

Innovazione e sostenibilità, droni, marketing, agricoltura di precisione danno una dimensione pratica alla formazione dei futuri agricoltori.

Così dovrebbe essere, ma la realtà è diversa e troppo spesso negli istituti agrari ci si ferma alla teoria, come sottolinea Pontarelli: «La formazione, persino negli istituti tecnici, è spesso scollata dal mondo reale, mentre il dialogo tra scuola e aziende deve diventare la base delle scelte formative».

Al “Garibaldi”, infatti, l’impresa partecipa attivamente all’offerta formativa anche per indicare le necessità del mercato del lavoro.

Per quanto riguarda il settore oleario, Pontarelli specifica che al “Garibaldi” sono stati «i primi in Italia a creare un percorso ad hoc per il tecnico superiore di filiera olearia, una figura capace di progettare e gestire i processi nel frantoio. Ora stiamo lavorando alla formazione di tecnici e manager per le aziende olearie».

Rinnovabili •

About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.