L’agroalimentare resiliente

L’agroalimentare italiano ha dimostrato un’insospettabile resilienza che gli ha permesso di affrontare le difficoltà causate da pandemia, guerra, impennata dei prezzi dell’energia e siccità. Un sistema vivo e vivace, che può fare molto per la transizione verde e che ha bisogno di una visione unitaria che colleghi cibo, turismo, arte e cultura

Image by -Rita-👩‍🍳 und 📷 mit ❤ from Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Prima la pandemia, poi la guerra, e ancora l’impennata dei prezzi dell’energia e la siccità. Di fronte a questi enormi scossoni del sistema, l’agroalimentare italiano ha dimostrato una impensabile resilienza, come evidenzia il Centro Studi Divulga nel paper Fuori dalla pandemia e dentro la guerra – Lo stato di salute del Made in Italy agroalimentare.

Il gap digitale rallenta l’innovazione

Non sono mancati momenti in cui sembrava che i produttori agricoli fossero in ginocchio, invece il sistema è vivo e vivace e continua la sua corsa alla conquista dei mercati internazionali.

L’innovazione nell’agroalimentare procede a passo spedito (le imprese agricole digitalizzate sono quadruplicate nell’ultimo anno), ma il gap digitale ancora alto crea disparità tra le diverse aree del Paese e in alcuni casi risulta fortemente penalizzante.

Il nostro immenso patrimonio di tradizioni e di cultura alimentare nel 2022 ha portato il Made in Italy agroalimentare alla cifra record di 60 miliardi di export che dimostra l’enorme crescita di valore di un settore che nel 2013 esportava prodotti per 33,5 miliardi di euro.

A guidare l’export agroalimentare sono vino (8 miliardi di euro), ortaggi (5,4), frutta (5,2), formaggi (4,4), carni (4), pasta (4). Questa capacità di penetrazione dei mercati è anche frutto di un’agilità che deriva dalle piccole e medie realtà delle filiere.

Leggi anche Innovazione, l’agricoltura italiana è sempre più smart

Il decollo dell’e-commerce

L’isolamento forzato imposto dalla pandemia ha portato la maggioranza della popolazione a un’accelerazione tecnologica che diversamente avrebbe richiesto dieci anni. Ha coinvolto i privati cittadini ma soprattutto ha spalancato le porte dell’e-commerce, cresciuto del 50%, alle molte piccole imprese agroalimentari che popolano lo scenario italiano.

Per le piccole imprese non è stato un percorso facile: come rimarca il paper, sono state necessarie trasformazioni organizzative e amministrative, competenze fiscali, tecniche di vetrina virtuale dei prodotti, nuove modalità di pagamento, problematiche di magazzino e logistica.

Eppure, nonostante connessioni e reti infrastrutturali che ancora non raggiungono molte aree del Paese, nel 2022 il 48,2% delle persone ha fatto acquisti online per un valore stimato di circa 45 miliardi di euro.

Il cibo è cresciuto del 17% rispetto al 2021, ma è ancora lontano dai grandi numeri: infatti solo il 6,1% ha acquistato prodotti agroalimentari dalle piattaforme online, anche se si tratta di una tendenza stabile che è andata oltre l’emergenza Covid, tanto da aver superato la necessità temporanea o la moda.

Superato il confine del punto vendita

La nota positiva è che i produttori hanno portato le aziende a superare il confine del punto vendita per raggiungere clienti lontani, a volte anche al di fuori dei confini nazionali, grazie a tecniche di marketing evolute e ad investimenti tecnici e organizzativi.

Lo sviluppo delle infrastrutture è un nodo cruciale per la crescita e la competitività di un Paese come l’Italia che gode del favore dei mercati globali. Invece l’indice di competitività globale mette l’Italia al 30° posto.

Un ritardo che si traduce in 77 miliardi di euro di export perduto, pari al 15% delle esportazioni nazionali; le eccellenze agroalimentari, in particolare, perdono 8 miliardi di euro.

Di fronte ai danni prodotti da questo gap logistico, si sollecita uno sviluppo intermodale dei sistemi di trasporto, che in Italia è stradale per l’88% (media UE 77%).

Intervenire sulle infrastrutture idriche

Ma per l’agroalimentare ancora più necessari sono gli interventi sulle infrastrutture idriche. La siccità sempre più frequente e prolungata richiede risposte immediate ed efficaci.

Tra queste, il paper cita il progetto di realizzazione di bacini di accumulo dell’acqua piovana, sollecitato da tempo dalle principali associazioni di agricoltori.

È veramente inaccettabile che si raccolga solo l’11% delle precipitazioni. Investire nella creazione di invasi o nelle infrastrutture di distribuzione idrica (che perdono dal 50 all’80% dell’acqua, a seconda delle zone) è investire nella competitività e nello sviluppo dell’Italia.

Leggi anche Conferenza Onu sull’acqua, Guterres: 4 priorità per gestire meglio la “linfa vitale dell’umanità”

Agroalimentare e cambiamento climatico

Il settore agroalimentare è forse il più colpito dagli eventi estremi legati al cambiamento climatico, che negli ultimi hanno subito un’accelerazione: sono sempre più ravvicinati e più violenti.

Le produzioni agricole hanno intrapreso già da tempo il cammino verso la transizione ecologica: risparmio idrico, minore utilizzo di fitofarmaci, diserbanti e fertilizzanti sono ormai pratiche diffuse.

Le coltivazioni biologiche si stanno diffondendo, anche per merito dei giovani imprenditori agricoli che sono particolarmente motivati. È un fatto che l’Italia detiene il primato mondiale di incidenza, con il 18% delle superfici.

Anche la pratica del disboscamento finalizzata ad accrescere le zone di pascolo in Italia è del tutto irrilevante.

Agricoltura e transizione ecologica

È quindi evidente il ruolo dell’agricoltura nella transizione ecologica, nella tutela dell’ambiente e del territorio e nella capacità di assorbimento del carbonio. Se l’Italia è la “prima della classe”, le strategie europee costituiscono un punto di non ritorno sulla strada verso la transizione verde.

Il paper sottolinea che oggi produrre carne o grano duro in Europa è decisamente più sostenibile che altrove: in molte aree del mondo l’impatto delle fonti di inquinamento dell’agricoltura aumenta, mente in Europa continua a diminuire.

Il dato è confermato dal decremento delle emissioni di gas serra. I dati elaborati dal Centro Studi Divulga su dati Faostat sono molto chiari: in Europa i valori sono diminuiti in media del 20% mentre sono cresciuti nelle altre aree prese in esame (Stati Uniti, Cina, India, Brasile, Africa e globali generali. Dalla tabella si nota che il Brasile è il Paese di gran lunga più inquinante).

Leggi anche Con il cambiamento climatico cambiano le coltivazioni

Visione circolare dei sistemi agroalimentari

I dati devono incoraggiare a proseguire il cammino verso la transizione verde e ad assumere una visione circolare dei sistemi agroalimentari, ad esempio incrementando la diffusione della chimica verde e delle bioenergie senza ridurre il suolo coltivabile.

La biomassa è una fonte di bioenergia molto versatile, l’Italia è il quarto produttore mondiale e il secondo europeo di biogas, ma i volumi sono ancora modesti. La produzione di biometano ha invece raggiunto livelli importanti.

I dati del paper confermano che l’agricoltura è determinante anche per la sostituzione dei combustibili fossili. Con il fotovoltaico l’Italia dovrebbe raggiungere i 250 GW installati nel 2050: il PNRR ha finanziato 1 GW di agri-voltaico e 0,5 GW di fotovoltaico per i tetti degli edifici strumentali del settore agricolo, zootecnico e agroindustriale.

Un percorso ostacolato dalla burocrazia

Sembra quindi che il percorso sia tracciato, ma è irto di difficoltà a cominciare dalla velocizzazione e semplificazione delle autorizzazioni. Prima di tutto, sarebbe auspicabile raccordare le pubbliche amministrazioni, affinché ogni imprenditore agricolo abbia un unico interlocutore pubblico.

Vanno finanziate macchine e impianti di accumulazione delle energie sovra-prodotte per consentire incrementi di efficienza e autonomia energetica per le aziende e per il territorio.

Infine, è necessario sviluppare mercati delle rinnovabili e delle bioenergie autonomi da quelli delle fonti fossili per evitare variazioni dei prezzi e speculazioni finanziarie.

Turismo e cibo, un unico patrimonio nazionale

Nei primi nove mesi del 2022 le strutture ricettività hanno registrato 340 milioni di presenze (164 milioni dall’estero). Il 2023 sembra essere tornato ai livelli pre-pandemia, se non li ha addirittura superati.

Leggi anche L’Italia è sempre più un paese per il turismo in bicicletta

Le più gettonate sono ovviamente le città d’arte, ma la programmazione di iniziative culturali sta aumentando l’attrattività generale dell’Italia. Ovviamente, il richiamo artistico e culturale è legato all’offerta agroalimentare, da considerare come una forma di esportazione in quanto rivolta a non residenti.

Il legame fra turismo e cibo è molto forte, bisogna esserne consapevoli, proporre itinerari condivisi e adottare strategie che considerino turismo e agroalimentare come parte di un unico patrimonio nazionale: quindi bisogna investire di più nelle filiere agroalimentari per creare un percorso in grado di connettere cibo, turismo, arte e cultura.

Articolo precedenteCosì la crescita delle auto a batteria aiuterà la rete elettrica italiana: lo studio
Articolo successivoVivere in Classe A: Legambiente presenta la road-map per arrivare preparati al 2030

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!