Rinnovabili • legumi

Gli italiani riscoprono i legumi, alimento sano e sostenibile

I legumi stanno tornando in auge e i consumi sono in costante crescita. Un’ottima notizia, sia perché sono un elemento irrinunciabile in una dieta sana e bilanciata per il loro apporto proteico sia perché difendono la fertilità dei suoli e quindi sono amici dell’ambiente. Ma il mercato è invaso da prodotti di bassa qualità che arrivano dall’estero, quindi attenzione all’etichetta anche se ci vorrebbe maggiore chiarezza sull’indicazione di origine

legumi
via Pixabay

Il 10 febbraio si celebra la Giornata mondiale dei legumi

(Rinnovabili.it) – I legumi, alimento sano e sostenibile per eccellenza, stanno ritrovando il giusto consenso dei consumatori. Negli ultimi dieci anni il consumo dei legumi è aumentato complessivamente del 47%.

Preziosi elementi di una dieta bilanciata

I più noti e più comunemente consumati sono piselli, fagioli, lenticchie, ceci e fave. Ci sono però molti altri legumi legati alle piccole produzioni legate a particolari territori come fagioli zolfini, risina, cicerchie, roveja. Alcune produzioni tipiche di qualità sono riconosciute dall’Unione Europea: ne ricordiamo una per tutte, quella delle lenticchie di Castelluccio.

Le proprietà nutrizionali ne fanno un alimento indicato in una dieta bilanciata, tanto che i nutrizionisti ne raccomandano il consumo 2-3 volte a settimana (tra l’altro sono uno dei pilastri della Dieta Mediterranea).

I legumi contengono vitamine (del gruppo B e vitamina C quando sono freschi), ferro, calcio, potassio, fosforo, magnesio, aiutano a controllare il colesterolo, sono un antiossidante naturale, favoriscono il senso di sazietà, sono indicati per i diabetici.

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I legumi amici dell’ambiente

Il 10 febbraio si celebra la Giornata mondiale dei legumi, istituita dalla FAO nel 2016 per far conoscere i benefici dei legumi per la salute e il loro ruolo nella transizione verso sistemi alimentari sostenibili, infatti sono una valida alternativa alle proteine animali specie se opportunamente abbinati ai cereali. Quest’ultima caratteristica li rende particolarmente interessanti per chi è attento alla salute dell’ambiente.

La shelf-life dei legumi è lunga, ragione per cui riducono la perdita e lo spreco di cibo e hanno un altro vantaggio tutt’altro che trascurabile: costano poco. Inserire i legumi nella rotazione delle colture rafforza l’agro-biodiversità e la resilienza ai cambiamenti climatici.

Dal punto di vista ambientale le piante di legumi hanno un importante ruolo nella difesa della fertilità dei suoli grazie alla loro capacità di fissare l’azoto al terreno, riducendo l’uso di concimi chimici e contribuendo alla difesa delle acque e dell’ambiente.

Prodotti esteri di scarsa qualità

La pandemia ha cambiato alcune abitudini alimentari e il carrello degli italiani. Prodotti come i fagioli – una volta erano definiti la “carne dei poveri” per il loro apporto proteico – sono tornati sulle nostre tavole.

Tuttavia i 150 mila ettari di coltivazioni di legumi devono competere con prodotti di scarsa qualità che arrivano dall’estero, favoriti dagli accordi commerciali.

Questo ha fatto sì che la produzione nazionale si sia notevolmente ridotta e il consumo interno dipende in gran parte dalle importazioni.

Sembra assurdo che tre piatti di legumi su quattro oggi provengano dall’estero (Stati Uniti, Canada, Argentina, Messico, Turchia e Paesi del Medio Oriente), dove si usano sostanze chimiche che in Italia sono vietate.

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Serve maggiore chiarezza in etichetta

Tutti i prodotti in vendita sugli scaffali dovrebbero rispettare le medesime norme di qualità per quanto riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. A chi è attento alle condizioni di lavoro degli agricoltori interesserà sapere che nell’ultimo rapporto sullo sfruttamento del lavoro minorile il Ministero del Lavoro degli Stati Uniti ha inserito il Messico nella black list.

L’82% dei consumatori – come risulta un’indagine di Coldiretti/Ixè – preferisce comprare prodotti italiani sia perché sono garanzia di qualità che per sostenere l’occupazione. A maggior ragione sarebbe opportuna una maggiore chiarezza sull’indicazione di origine in etichetta, che per i legumi (sia secchi che in scatola) non è obbligatoria.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
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Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.