L’accusa arriva da 8 ong, che il 18 aprile hanno presentato una denuncia formale al Mediatore Europeo contro la Commissione UE

Valutazioni d’impatto ambientale e sociale saltate a pié pari. Incontri riservati con l’industria oil&gas mentre la società civile è stata lasciata fuori. Nessuna verifica di coerenza con l’obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050. Sono questi i vizi di fondo dell’iter seguito dalla Commissione Europea per il Pacchetto Omnibus, la lenzuolata di semplificazioni per le imprese sugli obblighi di reporting di sostenibilità presentato il 26 febbraio scorso.
L’accusa arriva da 8 ong, che il 18 aprile hanno presentato una denuncia formale al Mediatore Europeo contro la Commissione UE. L’accusa è di aver gestito in modo antidemocratico e opaco l’elaborazione del pacchetto normativo Omnibus.
Secondo le ONG, la proposta indebolisce significativamente 3 pilastri fondamentali del Green Deal europeo: la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) e il Regolamento sulla Tassonomia UE.
Pacchetto Omnibus, le accuse delle ong
Un processo viziato e sbilanciato, quello dell’iter seguito da Bruxelles secondo le ong (ClientEarth, Anti-Slavery International, Clean Clothes Campaign, European Coalition for Corporate Justice, Friends of the Earth Europe, Global Witness, Notre Affaire À Tous e Transport & Environment).
Nel dettaglio, l’esecutivo comunitario avrebbe:
- omesso di condurre valutazioni adeguate sugli impatti ambientali e sociali delle modifiche proposte alle leggi aziendali destinate a proteggere i cittadini, europei e non;
- favorito incontri a porte chiuse con rappresentanti dell’industria, in particolare dei settori petrolifero e del gas, escludendo la società civile e trascurando la consultazione pubblica;
- ignorato l’obbligo, previsto dalla Legge Europea sul Clima, di verificare la coerenza delle proposte con l’obiettivo di neutralità climatica dell’UE entro il 2050.
Secondo la Commissione, le semplificazioni del Pacchetto Omnibus sgraverebbero le imprese europee di buona parte degli oneri amministrativi legati al reporting di sostenibilità, senza però intaccare la solidità dell’impianto delle 3 normative di riferimento.
In particolare:
- Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD): la soglia di applicazione verrebbe elevata, escludendo circa l’80% delle aziende precedentemente coperte, limitando l’obbligo di rendicontazione alle imprese con oltre 1.000 dipendenti.
- Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD): le responsabilità delle aziende sarebbero limitate ai soli fornitori diretti, con valutazioni da effettuare ogni cinque anni anziché annualmente, e l’obbligo di sospendere (anziché rescindere) i contratti con fornitori non conformi.
- Regolamento sulla Tassonomia UE: l’obbligo di conformità verrebbe applicato solo alle grandi imprese, escludendo le piccole e medie imprese e riducendo la trasparenza sugli investimenti sostenibili.
Queste proposte devono ancora essere approvate dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’UE.
Un passo indietro per la sostenibilità e la trasparenza?
Le ong avvertono che l’adozione del pacchetto Omnibus potrebbe compromettere gli obiettivi ambientali e sociali dell’UE, indebolire la responsabilità aziendale e ridurre la trasparenza. La mancanza di un processo decisionale trasparente e inclusivo potrebbe poi erodere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee.
“Questa cosiddetta semplificazione non fa nulla per migliorare la competitività, la Commissione europea ignora sia i dati che la scienza”, attaccano le ong.