Rinnovabili • L'abbandono dei pascoli naturali

Il degrado dei pascoli mette a rischio la sicurezza alimentare

I pascoli coprono il 54% della superficie terrestre, rappresentano un sesto della produzione alimentare globale e quasi un terzo delle riserve di carbonio del Pianeta. Eppure la metà dei pascoli è in condizioni di abbandono e di degrado, con gravi ripercussioni sociali e ambientali

L'abbandono dei pascoli naturali
Foto di Bernd Dittrich su Unsplash

I pascoli occupano più della metà della superficie terrestre

Lo stato di salute dei pascoli è al centro del rapporto Global Land Outlook – Thematic Report in Rangelands and Pastoralists dell’UNCCD (United Nations Convention to Combat Desertification). Affrontare e invertire il degrado del suolo è una priorità chiave per lo sviluppo sostenibile per molti paesi, soprattutto per quelli in via di sviluppo.

I pascoli muoiono nel silenzio generale

La perdita dei pascoli avviene nel silenzio generale e suscita poca attenzione anche nell’opinione pubblica. Nonostante il loro valore, anche dal punto di vista ambientale, raramente sono al centro delle discussioni politiche globali e non rientrano nelle priorità di sviluppo nazionale.

La narrazione comune fa l’equazione pascoli = allevamenti = inquinamento. Ma la questione non è così semplice, e le comunità dei pastori non sono in grado di influenzare politiche che hanno un impatto diretto sull’identità culturale, sui mezzi di sussistenza e quindi sulla sicurezza alimentare.

Convertire i pascoli alla produzione agricola è un errore

I pastori sono allevatori estensivi che dipendono dalla salute e dalla produttività dei pascoli: nel mondo, sostengono circa 2 miliardi di pastori, allevatori e agricoltori su piccola scala.

Ad esempio, in Africa occidentale l’80% della popolazione vive grazie alla pastorizia; in Asia centrale e in Mongolia il 60% del territorio è utilizzato come pascolo e l’allevamento del bestiame è la fonte di sostentamento di quasi un terzo della popolazione.

Il rapporto, tuttavia, sottolinea che aver convertito i pascoli alla produzione agricola in zone aride pensando di aumentare la sicurezza alimentare ha ottenuto esattamente l’effetto contrario: diminuzione delle rese e degrado dei terreni.

Nel documento si sottolinea che lo squilibrio tra l’offerta e la domanda di terreni foraggieri per gli animali porta al pascolo eccessivo, alle specie invasive e all’aumento del rischio di siccità e incendi. Tutti fattori che accelerano le tendenze alla desertificazione e al degrado del territorio in tutto il mondo.

Governance deboli e politiche inefficaci

Anche in Europa i pascoli hanno lasciato il posto all’urbanizzazione, al rimboschimento e alla produzione di energia rinnovabile. Le grandi praterie degli Stati Uniti sono state convertite in colture, quelle canadesi sono state eliminate a favore di progetti minerari e infrastrutturali. Queste scelte evidenziano l’inadeguatezza di governance deboli e inefficaci, la mancanza di investimenti, politiche e regolamenti non attuati.

I pascoli, costituiti da erbe, piante erbacee e arbusti, servono al bestiame e agli animali selvatici per pascolare e procurarsi cibo. Coprono il 54% della superficie terrestre, rappresentano un sesto della produzione alimentare globale e quasi un terzo delle riserve di carbonio del Pianeta.

Con la loro biodiversità, sono alla base di servizi ecosistemici come il ciclo dei nutrienti e dell’acqua, il sequestro del carbonio, la salute animale e umana. Forniscono benefici ambientali, sociali ed economici che sono spesso dati per scontati.

L’allevamento estensivo

L’allevamento estensivo è uno dei mezzi più efficaci per proteggere, gestire in modo sostenibile e ripristinare i pascoli.

Inoltre, le pratiche di pascolo tradizionali e rigenerative “imitano” i processi naturali che costruiscono la materia organica del suolo, aumentano la ritenzione idrica, sequestrano il carbonio, conservano la biodiversità e riducono la diffusione di specie invasive.

Il Global Land Outlook ritiene che il 50% dei pascoli sia degradato. I sintomi sono evidenti: diminuzione della fertilità del suolo e dei nutrienti, erosione, salinizzazione, alcalinizzazione e compattazione del suolo che inibiscono la crescita delle piante. L’insieme di questi fattori contribuisce alla siccità, all’irregolarità delle precipitazioni e alla perdita di biodiversità.

I perché del declino

Le cause del declino dei pascoli sono da ricercare nella loro conversione in terreni coltivati e nella crescita della popolazione. Questa provoca espansione urbana, maggiore richiesta di cibo e carburante, pascolo intensivo.

Si arriva così all’inesorabile abbandono del territorio anche grazie a politiche miopi che incoraggiano il sovrasfruttamento dei terreni.

«Per il bene delle generazioni future e della stabilità economica dobbiamo migliorare la consapevolezza e salvaguardare l’immenso valore dei pascoli e la loro importanza sociale. A causa della loro natura dinamica, prevedere le conseguenze del degrado dei pascoli sull’economia, sull’ambiente e sulle società è una sfida», ha affermato Carlos Manuel Rodríguez, CEO e presidente di Global Environment Facility (il Fondo che gestisce i finanziamenti a progetti per la protezione ambientale). Accettiamo questa sfida e impegniamoci per vincerla.

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About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.