Rinnovabili • Rischio siccità 2025: Italia ha deficit di neve del 37% Rinnovabili • Rischio siccità 2025: Italia ha deficit di neve del 37%

Rischio siccità nel 2025? Neve quasi nella norma (al Nord), tutto dipenderà dal caldo

Al 6 aprile, in Italia erano presenti 4,79 miliardi di m3 di acqua stoccata sotto forma nevosa. La media degli ultimi 15 anni è di 7,23 mld m3. E la situazione nel 2024 alla stessa data si presentava ben migliore con 8,38 mld m3

Rischio siccità 2025: Italia ha deficit di neve del 37%
Il bilancio idrico nivale italiano al termine dell’inverno. Crediti: Fondazione CIMA

L’ultima coda dell’inverno ha rimpolpato un po’ il bilancio idrico dell’Italia. Ma non basta per scongiurare un nuovo rischio siccità 2025. Lo Stivale è spaccato in due. Al Nord, le precipitazioni nevose di fine stagione hanno riportato la quantità di risorsa idrica stoccata sulle Alpi su valori di poco inferiori alla media degli ultimi 15 anni. Al Centro e al Sud, invece, restano deficit pesantissimi.

Rischio siccità 2025, la “rimonta” di marzo non lo elimina

Vediamo più da vicino queste 2 Italie e il probabile rischio siccità 2025 nelle macro aree geografiche. Secondo i dati della Fondazione CIMA, che monitora la situazione della risorsa idrica nivale nel Belpaese con aggiornamenti mensili, il deficit nazionale di Snow Water Equivalent (SWE) ai primi di aprile è del –34% rispetto alla media del periodo 2011-2023.

L’Equivalente Idrico della Neve, lo SWE, è una misura che indica quanta acqua si otterrebbe se tutta la neve presente in un’area si sciogliesse. In pratica, serve a capire quanta acqua “nasconde” la neve. Per calcolarlo, si considera quanto è spesso lo strato di neve e quanto è compatta (cioè, la sua densità). Il risultato si esprime in millimetri d’acqua o in chilogrammi per metro quadrato.

Il -34% colloca la stagione 2025 al limite basso della variabilità degli ultimi 15 anni. Un risultato che è migliorato solo nel corso delle ultime settimane. Il bilancio idrico nazionale, infatti, era rimasto costantemente a livelli più bassi da fine ottobre a metà marzo.

Il deficit comunque resta importante. Al 6 aprile, in Italia erano presenti 4,79 miliardi di m3 di acqua stoccata sotto forma nevosa. La media degli ultimi 15 anni è di 7,23 mld m3. E la situazione nel 2024 alla stessa data si presentava ben migliore con 8,38 mld m3.

La rimonta? Solo al Nord

Nelle ultime settimane c’è stato un “cambio di rotta atmosferico”, spiega la Fondazione CIMA. Con un impatto importante. Ma solo al Nord. A partire dalla seconda metà di marzo, gran parte dell’Italia – tranne Sicilia e Calabria – ha visto piogge abbondanti e temperature più basse del normale. Questo è stato particolarmente evidente nelle Alpi occidentali. In queste zone, la neve ha reagito in modo positivo: grazie alle condizioni meteo favorevoli, si è accumulata nuova neve, aiutando così a ridurre – almeno in parte – la carenza che si era creata nei mesi precedenti.

Il dato migliore riguarda il Po, il cui bacino è centrale per il rischio siccità in Italia visto che custodisce metà della risorsa idrica nivale nazionale. Il deficit del Po ad aprile è sceso al -15% e rientra nella variabilità naturale osservata negli ultimi anni, sottolinea Fondazione CIMA.

L’altro grande bacino del Nord, quello dell’Adige, si ferma invece a -37%. La rimonta c’era stata ma le alte temperature stanno accelerando la fusione e allargando il deficit. “È l’innalzamento termico, più che l’assenza di precipitazioni, il protagonista di questa stagione fino ad oggi. Negli ultimi anni stiamo assistendo a un accorciamento del ciclo nivale: la neve arriva tardi, si fonde presto, e rimane meno tempo disponibile a contribuire al bilancio idrico”, spiega Francesco Avanzi, ricercatore di Fondazione CIMA.

Se i prossimi mesi primaverili porteranno temperature più alte della media, il caldo modificherà i tempi di fusione del manto nevoso. La risorsa idrica nivale verrà dispersa più velocemente, erodendo le scorte in anticipo. Anche una stagione invernale quasi nella norma per le nevicate, insomma, non basta a scongiurare il rischio siccità 2025 visto l’andamento del riscaldamento globale nella penisola.

Situazione grave al Centro-Sud

Il resto d’Italia ha vissuto invece una stagione fotocopia rispetto a quella del 2024: neve poca o assente per tutti i mesi invernali, e i pochi episodi non riescono a costituire un manto abbastanza solido da reggere più di poche settimane. “Sugli Appennini, la neve è quasi assente a tutte le quote”, nota Fondazione CIMA.

Osservato speciale è il Tevere, che ha chiuso l’inverno con un deficit dell’89%, anche peggio dell’anno scorso. L’Aterno-Pescara è a -43%, unica eccezione parzialmente positiva. Per il resto: Volturno -93%, Sangro -63%, Sele -97%, Crati -87%, Arno -83%. In sintesi: “una delle stagioni invernali peggiori dell’ultimo decennio”, chiosano gli autori.

About Author / La Redazione