Le Comunità Energetiche Italiane sotto la lente dell’RSE

Le comunità energetiche forniscono finalmente ai cittadini la possibilità di essere parte attiva della transizione. Ma quanta strada hanno compiuto e quanta ne devono ancora fare? Ne abbiamo discusso con Maurizio Delfanti, amministratore delegato di RSE, in vista dell’evento “Energy Community Map”, in programma il 15 dicembre a Roma

comunità energetiche
Via depositphotos.com

(Rinnovabili.it) – Dalla fase sperimentale lanciata con il Milleproroghe, al nuovo panorama delineato con il recepimento delle direttive europee. In quasi due anni le comunità energetiche italiane si sono andate ritagliando uno spazio sempre maggiore nella transizione energetica nazionale. Fin dai primi momenti la ricerca di sistema ne ha accompagnato lo sviluppo affiancando i progetti pilota, studiandone le potenzialità e individuando gli ostacoli da superare. E oggi è pronta a presentare il proprio lavoro e il proprio punto di vista privilegiato in un appuntamento ad hoc. Il 15 dicembre a Roma RSE – la società di ricerca del Gruppo GSE –  assieme alla Luiss Business School organizza “Energy Community Map”. L’evento sarà l’occasione per presentare i risultati dell’attività di mappatura delle comunità energetiche italiane, avviando un confronto gli esponenti delle principali istituzioni italiane: il Ministero della Transizione Ecologica, ARERA, GSE, la X Commissione e la XIII del Senato.

In vista dell’appuntamento abbiamo rivolto a Maurizio Delfanti, amministratore delegato di RSE, alcune domande sugli ultimi sviluppi riguardanti le CER e sul ruolo della ricerca.

Professor Delfanti, il Milleproroghe del 2019 ha permesso all’Italia di anticipare l’attuazione dell’ultima direttiva europea sulle rinnovabili (RED II), sperimentando i primi progetti di autoconsumo collettivo e comunità energetiche. Può spiegarci qual è stato il ruolo di RSE in questa prima e complessa fase? Su quali direttrici si è mossa l’attività di ricerca?

Possiamo a tutti gli effetti affermare che il 2020 sarà ricordato come l’anno in cui l’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche sono entrate per la prima volta nel sistema energetico italiano. In questo contesto si inserisce l’attività di RSE che, all’interno del Piano triennale di realizzazione 2019-2021 della Ricerca di Sistema elettrico nazionale (PTR 19-21), anche al fine di contribuire al processo di recepimento della sopra citata direttiva, ha avviato un percorso di sperimentazione e di analisi dei benefici di alcuni progetti pilota di Comunità Energetiche e schemi di Autoconsumo Collettivo.

Sono stati valutati gli impatti dal punto di vista energetico, economico e ambientale, sia per i soggetti direttamente coinvolti nelle comunità, sia per il sistema elettro-energetico nel suo complesso, considerandone anche la potenziale replicabilità e scalabilità. RSE ha studiato la fattibilità, i benefici energetici, economici ambientali e sociali legati all’introduzione delle Comunità di Energia Rinnovabile e degli schemi di Autoconsumo Collettivo; abbiamo anche analizzato le barriere tecnologiche, territoriali, legislative e regolatorie da superare al fine di garantirne una adeguata diffusione.

In questi giorni è finalmente approdato in Gazzetta il decreto legislativo d’attuazione della RED II, provvedimento che, assieme al Dlgs di recepimento della Direttiva Mercato Elettrico, dovrebbe far decollare le nuove configurazioni dell’autoconsumo. Cosa può fare la ricerca di sistema per questa nuova fase che si sta aprendo?

La sfida lanciata con il recepimento complessivo delle direttive è che le competenze e le capacità delle comunità energetiche possano crescere in modo coerente con l’allargamento del perimetro d’intervento e con l’aumento della potenza degli impianti detenuti dalle comunità stesse. Affinché questo avvenga, serviranno opportuni percorsi di capacity building per i soggetti promotori (amministrazioni pubbliche in primis), per offrire loro quelle competenze volte a generare e mantenere il valore nei territori d’elezione: l’efficacia di queste iniziative non può certo prescindere dal dialogo e dalla collaborazione fattiva con tutti gli attori della filiera energetica del Paese, compresi i soggetti industriali.

Il contributo della ricerca potrebbe inoltre portare all’identificazione di una serie di benefici aggiuntivi rispetto a quelli identificati a livello nazionale. La sfida sarà quella di provare a guardare a come le comunità energetiche potrebbero evolversi nei prossimi anni, restituendo agli abitanti la capacità di riproduzione dei propri ambienti di vita e di autogoverno socio-economico e garantendo a queste nuove forme di aggregazione la possibilità di partecipare a tutti i mercati necessari a soddisfare le esigenze individuate dai membri delle comunità stesse.

Il 15 dicembre in collaborazione con la Luiss, RSE organizzerà un evento dedicato alle comunità energetiche nazionali, un momento di confronto con le principali istituzioni sul tema e non solo. Di cosa si parlerà?

L’attività, alla quale RSE ha contribuito con convinzione, realizza una mappatura ragionata delle iniziative attive (o in fase di sviluppo) in Italia, con lo scopo di studiare le esperienze, i modelli organizzativi che sembrano meglio rispondere agli obiettivi di coinvolgimento degli utenti finali promossi dalle direttive europee; ma con l’ambizione di traguardarli e applicarli al quadro legislativo e regolatorio e di renderli coerenti anche con i contributi che provengono da piani e programmi specifici, come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e altre politiche di sviluppo locale promosse a livello europeo (e declinate a livello nazionale e regionale). 

Obiettivi, modelli di governance, ruolo delle pubbliche amministrazioni, relazioni con gli attori della filiera industriale: la ricerca offre molti spunti di riflessione che ci hanno portato alla convinzione di promuovere un momento di confronto tra alcune delle esperienze mappate e i soggetti istituzionali che, con le loro azioni legislative e regolatorie, definiranno il quadro di riferimento in cui i pratictioner delle comunità energetiche si muoveranno nei prossimi anni. 

Le CER così come l’autoconsumo collettivo danno ai cittadini la possibilità di essere parte attiva della transizione energetica. Ma accanto allo sviluppo normativo, questa evoluzione chiede anche una certa maturità tecnologica e culturale. Quanto crede siano preparati gli italiani a vestire i panni degli “energy citizens”? E cosa ci manca da un punto di vista strettamente tecnologico?

Il cambiamento atteso nella vita delle persone si basa prima di tutto su una maggiore consapevolezza delle conseguenze dei propri comportamenti energetici sull’ambiente, sul clima: in generale sul pianeta in cui viviamo. La necessità di avere filiere più corte diventa elemento strategico a livello di sistema paese: ogni consumatore può, con il suo apporto a una Comunità Energetica, favorire ciò che l’Unione europea ha intrapreso da tempo nelle sue direzioni di sviluppo energetico. 

Tutto questo ovviamente sarà possibile solo a partire da un progressivo processo di responsabilizzazione dei consumatori finali e, di conseguenza, da un loro maggiore protagonismo in diversi mercati e settori. Penso che queste informazioni vadano veicolate opportunamente agli utenti finali, in modo da accrescere la coscienza del singolo cittadino: questa coscienza, oltre all’obiettivo assolutamente logico e razionale (e attualissimo) di ridurre la bolletta energetica, ci ricorda che c’è una responsabilità propria degli attuali consumatori nel preservare le risorse del pianeta a favore di chi verrà in futuro.

Dal punto di vista tecnologico sarà invece necessario introdurre nuovi meccanismi di coordinamento tra le unità di generazione/consumo e sistemi di previsione della generazione, capaci di stimare il potenziale di flessibilità da rendere disponibile alla comunità e al mercato. Inoltre, sarà necessario promuovere l’adozione di sistemi di accumulo, per consentire l’impiego di una quota sempre maggiore di fonti rinnovabili non programmabili. Anche l’infrastruttura di comunicazione riveste un ruolo fondamentale: disporre in tempo reale dei dati di consumo e produzione permette infatti di stimare la quota di autoconsumo istantaneo e di fornire indicazioni per il corretto utilizzo della flessibilità residua; ma anche per determinare le partite economiche tra i vari soggetti coinvolti e per quantificare gli indicatori di performance di interesse.

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