Rinnovabili • Mappatura delle microplastiche nell'oceano: più pericolose quelle in profondità Rinnovabili • Mappatura delle microplastiche nell'oceano: più pericolose quelle in profondità

Mappatura delle microplastiche nell’oceano: più pericolose quelle in profondità

L'inquinamento marino provocato dalla plastica rappresenta una crisi globale. Ogni anno dai 9 ai 14 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani.

Mappatura delle microplastiche nell'oceano: più pericolose quelle in profondità
Fonte immagine Unsplash

Come si muovono le particelle di plastica nelle acque degli oceani? Sono partiti da questa domanda i ricercatori della Florida Atlantic University per realizzare una vera e propria mappatura delle microplastiche, quindi dell’inquinamento marino provocato dalla plastica. Una crisi globale con 9-14 milioni di tonnellate di plastica che entrano negli oceani ogni anno. A rappresentare il rischio più grave, sono i minuscoli frammenti, che vanno da 1 micron a 5 millimetri, invisibili all’occhio umano, ma rappresentano la stragrande maggioranza dei pezzi di plastica nelle acque.

Prima mappatura microplastiche

Fino ad oggi la maggior parte delle ricerche si è concentrata sulle acque superficiali, campionando i primi 15-50 centimetri con l’ausilio di reti. Ma questa porzione rappresenta solo una zona molto limitata. Per la prima volta, gli scienziati hanno mappato la distribuzione delle microplastiche dalla superficie alle profondità marine su scala globale. Rivelando non solo dove si accumulano le plastiche, ma anche come si infiltrano nei sistemi oceanici critici.

Per lo studio pubblicato su Nature, sono stati analizzati i dati dei profili di profondità di 1.885 stazioni, raccolti tra il 2014 e il 2024, anche in base alle dimensioni e al tipo di polimero, valutando anche i potenziali meccanismi di trasporto. Ebbene secondo i risultati pubblicati su Nature, le microplastiche sono profondamente radicate nella struttura dell’oceano.

Come si muovono le microplastiche

Le loro dimensioni determinano il modo in cui si muovono. Le microplastiche più piccole – da 1 a 100 micrometri – si diffondono in modo più uniforme e penetrano in profondità, mentre quelle più grandi – da 100 a 5.000 micrometri – si concentrano vicino alla superficie, soprattutto nei primi 100 metri dei gyres. I gyres sono degli enormi vortici oceanici in lento movimento, che intrappolano e concentrano i detriti galleggianti, soprattutto la plastica.

Gli scienziati evidenziano che i minuscoli frammenti di plastica non sono solo presenti come inquinanti fisici nell’acqua, ma stanno iniziando a influenzare uno dei processi biogeochimici fondamentali del nostro pianeta: il ciclo del carbonio.

Il carbonio è un elemento essenziale per la vita e il suo ciclo attraverso l’atmosfera, gli oceani, la terra e gli organismi viventi regola il clima terrestre. Lo studio ha messo in luce che la concentrazione relativa di microplastiche rispetto ad altre particelle contenenti carbonio aumenta notevolmente con la profondità. In superficie a circa 30 metri, le microplastiche rappresentano una frazione minima del carbonio presente (lo 0,1%).

Nelle profondità oceaniche intorno ai 2.000 metri diventano una componente molto più consistente, raggiungendo il 5%. Questo suggerisce che le microplastiche stanno affondando e accumulandosi nelle profondità marine, potrebbero interferire con i processi naturali che regolano il ciclo del carbonio in quell’ambiente.

Mappatura microplastiche: cosa potrebbe accadere?

La presenza massiccia di microplastiche nelle profondità marine potrebbe alterare una serie di processi in diversi modi. A cominciare dalla modifica della sedimentazione del carbonio organico. Le microplastiche potrebbero legarsi a particelle di carbonio organico (resti di organismi morti) e influenzarne la velocità di affondamento e la decomposizione sul fondo marino.

Possono inoltre interferire con l’attività dei microrganismi. I microrganismi marini svolgono un ruolo cruciale nel ciclo del carbonio, decomponendo la materia organica e rilasciando anidride carbonica. La presenza di microplastiche potrebbe influenzare la loro attività o la loro composizione.

Non solo. Le microplastiche in grandi quantità potrebbe alterare i bilanci di carbonio locali e i processi chimici.

I nostri risultati suggeriscono che le microplastiche stanno diventando una parte misurabile del ciclo del carbonio dell’oceano, con potenziali conseguenze sulla regolazione del clima e sulle reti alimentari marine”, ha dichiarato uno degli autori.

Quante plastiche nell’oceano

I ricercatori hanno identificato più di 56 tipi di polimeri plastici nell’insieme di microplastiche sintetizzate. I frammenti più densi sono più diffusi in mare aperto, perché si rompono più facilmente. I polimeri densi diventano fragili e si rompono più velocemente, soprattutto dopo un’esposizione prolungata agli agenti atmosferici. Queste particelle piccole e persistenti, spesso provenienti da attrezzi da pesca e bottiglie, possono rimanere nell’oceano per decenni.

Il polipropilene, comunemente usato per contenitori di yogurt, si degrada più rapidamente del polietilene, utilizzato per bottiglie d’acqua. Questo potrebbe spiegare la sua minore abbondanza nelle acque offshore. Tuttavia, permangono significative incertezze nei dati sulla microplastica sottosuperficiale. Soprattutto a causa di tecniche di campionamento incoerenti e di una copertura limitata, che evidenziano la necessità di attrezzature specializzate e di una maggiore collaborazione per migliorare l’affidabilità dei dati.

Rinnovabili •

About Author / Paolo Travisi

Ancora prima che giornalista, curioso per natura. Ha iniziato a scrivere per mestiere nel 2004, dapprima in tv, poi su giornali nazionali e web. Appassionato di scienza e tecnologia (ma non solo), ama scoprire nuovi argomenti di cui poter scrivere ed imparare. In questa avventura per Rinnovabili si occupa in particolare di economia circolare e mobilità sostenibile, e realizza i contenuti video per i social.